Matteo Salvini comincia a mettere sul tavolo le carte in vista delle prossime partite, ma molte sono ancora coperte. Incontrando per la prima volta i 183 nuovi eletti, della Lega, uno dei vincitori delle elezioni, suona la carica ai suoi, rinfresca alcuni slogan della campagna elettorale, anche se con toni meno accesi e già più governativi, e apre la porta ad alcune trattative con il Pd e con il M5s. Ma sono ancora più mosse tattiche che strategiche, del resto questo è il momento in cui i principali partiti sono impegnati a preparare i piani di battaglia e non certo a svelarli agli avversari. Dunque Salvini, in versione camicia e pullover, annuncia per il Documento di economia e finanza, che già ad aprile dovrà indicare la cornice della manovra di ottobre, un pacchetto di misure leghiste. E su quello non sembra intenzionato a trattare: “mai con chi propone il reddito per chi sta a casa”. Ma sul resto nessuna preclusione.
L'apertura al Pd è una trappola?
Il leader leghista manda un messaggio al Pd, ma è un messaggio che mira a dividere i dem, che già sono “divisi in categorie dello spirito”: “Spero che siano a disposizione per dare una via d’uscita al Paese a prescindere da chi vince le primarie”. Ma subito dopo spiega di non volere un accordo “organico” con il Pd e di volere solo un “governo politico”, facendo baluginare l’idea di uno scouting tra i singoli parlamentari. Uno stop and go che ha ancora il sapore della pretattica, cerca di spiazzare un partito già in preda alla crisi post voto ed è anche un messaggio trasversale a Silvio Berlusconi.
Quale dialogo con i Cinque stelle?
Poi Salvini apre anche ai Cinque stelle e non esclude di poter accettare l’idea della presidenza di una delle due Camere al partito più votato. E due sono i motivi. Innanzitutto vuole essere lui a trattare e solo aprendo a un dialogo può essere considerato l’interlocutore nel centrodestra, scavalcando il Cavaliere in una trattativa che potrebbe anche prefigurare una intesa verso la nascita del governo. E poi perché dando una motivazione istituzionale alla scelta dei presidenti delle Camere (“chiameremo tutti per per proporre una gestione rispettosa del voto popolare, qualcuno che rappresenti quel che gli italiani hanno votato”) slega questa partita da quella successiva della nascita del governo. Un modo per tenersi le mani libere e guadagnare centralità nei giochi che contano e guadagnare qualche settimana di tempo.