A poche ore dall’avvio delle votazioni per l’elezione dei presidenti delle Camere, il sentimento più forte che agita i leader della politica è il sospetto. In una sorta di ‘tutti contro tutti’, nessuno è certo della parola ricevuta dall’avversario e pochi sono certi anche della parola dell’alleato. Il risultato è che le candidature sono ancora in alto mare e anche l’accordo raggiunto nel centrodestra per dare la guida di Montecitorio a un esponente M5S, tenendo per Forza Italia la guida di palazzo Madama, rischia di vacillare sotto l’incrocio dei timori reciproci. Sulla carta Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni hanno siglato una intesa per votare un M5s alla Camera e un Fi al Senato.
Per consolidare questa intesa, i leader di centrodestra hanno proposto un incontro con tutti gli altri partiti per giovedì, vigilia della prima seduta delle Camere. Ma il Pd ha rifiutato l’incontro, perché ritiene che il patto tra M5S e centrodestra sia già scritto e che quindi la riunione sia inutile. I grillini da parte loro hanno rispettato un insolito silenzio per tutta la giornata di mercoledì, limitandosi a ribadire che intendono far partire la legislatura ma non hanno la benché minima intenzione di votare un indagato o un condannato, chiudendo così la porta a uno dei nomi proposti dal centrodestra, quello di Paolo Romani.
Il fatto è che nel M5S si teme che il centrodestra, magari con un asse più o meno riservato con il Pd, incassi la presidenza del Senato ma non rispetti poi i patti alla Camera e tagli fuori dalla scelta dei nuovi vertici istituzionali. Il Pd teme di essere ‘usato’ per rompere un accordo senza poi ricevere nessun riconoscimento. E anche nel centrodestra Salvini teme che Berlusconi tratti sotto banco con il Pd, mentre il Cavaliere sospetta che il leader leghista voglia accordarsi in realtà con Luigi Di Maio. In un gioco di specchi classico alla vigilia di votazioni che, va ricordato, si svolgono a scrutinio segreto, tutti sospettano di tutti. E le ore che mancano alla effettiva elezione della seconda e terza carica dello Stato sembrano farsi lunghissime. La partita infatti è ad altissima tensione perché è chiaro che in un clima così complicato, la rottura di un patto potrebbe far saltare, oltre ai nervi dei leader, anche eventuali accordi per la formazione del prossimo governo della Repubblica.