Prima ci ha provato con le buone, senza farsi sentire in pubblico. Ma non lo hanno ascoltato. Ora ha alzato la voce. Sergio Mattarella ha aspettato che le decisioni fossero prese, che il premier e i ministri avessero parlato, confermando la loro intenzione di varare una manovra in deficit, in cui cioè si spende più di quanto entri in cassa, fino a sforare del 2,4% il rapporto deficit-pil. Poi, non avendo visto nessun ripensamento rispetto a una linea che ritiene pericolosa, ha parlato. Ed ha ricordato che la necessità di tenere i conti in ordine innanzitutto è scritta nella Costituzione, e poi è una necessità che garantisce sicurezza sociale e futuro dei giovani. Non un favore a Bruxelles e all’Unione europea, quindi, ma un modo per tutelare la vita quotidiana degli italiani, i loro stipendi, i loro risparmi, le loro pensioni.
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Nei giorni scorsi Mattarella aveva sostenuto il ministro dell’Economia Giovanni Tria, che si era detto disponibile a trattare con Luigi Di Maio e Matteo Salvini per far giungere le cifre del Documento di economia e finanza a una percentuale di spesa che non superasse il 2%. Qualcuno, seppur smentito dal Colle, sostiene che ci sia stato il Presidente della Repubblica dietro alla sofferta scelta di Tria di non dimettersi davanti alla decisione di Lega e M5s di travolgere la sua volontà e alzare il deficit-pil al 2,4%.
Venerdì, all’indomani del Consiglio dei ministri che ha deciso di varare il Def in deficit, mentre la borsa di Milano subiva forti perdite e lo spread saliva, il Presidente ha fatto trapelare tutta la sua preoccupazione per la tenuta dei conti pubblici.
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Sabato, ricevendo i ciclisti dell’iniziativa “Viaggio in bicicletta intorno ai 70 anni della Costituzione”, il Capo dello Stato ha messo i puntini sulle I: “La Costituzione, all’articolo 97, dispone che occorre assicurare l’equilibrio di bilancio e la sostenibilità del debito pubblico”. Dunque non ci si deve certo impiccare allo 0,1% in più o in meno, su questo Mattarella è d’accordo, ed infatti aveva accettato l’idea che si giungesse al 2%. Ma sforare di 13 miliardi, avendo l’Italia un debito pubblico monstre, è un passo che il Presidente non si sente di sostenere, soprattutto per misure che non sembrano favorire investimenti e lavoro.
L’equilibrio dei conti, ha ricordato, non è un favore che si fa a Bruxelles e all’Europa, ma una “tutela” per i risparmi degli italiani, le risorse per le famiglie e le imprese, le pensioni e gli interventi dello Stato per i più deboli. E soprattutto avere i conti in ordine “è una condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e per il loro futuro”. Come un nonno che ne ha viste tante, il Capo dello Stato spiega a chi è più giovane che fare debiti difficilmente rende più ricchi e che la oculatezza nella spesa dei soldi dello Stato è in realtà un investimento sul futuro. Dopo diversi allarmi, dunque, una nuova tirata d’orecchie, da parte del Presidente, che ha diversi strumenti in mano e ha intenzione di dire la sua fino all’ultimo per evitare che le famiglie italiane invece che avere benefici dalla manovra possano essere penalizzate.
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