Si arriverà a uno streaming al rovescio, con Luigi Di Maio che chiede a Pierluigi Bersani di sostenere il suo governo? In questo finale di legislatura più pazzo del mondo, con leadership che parevano granitiche che si stanno sgretolando, vecchi leader alla riscossa e il bipolarismo che si dirama in mille rivoli, uno dei temi caldi è il possibile e futuribile rapporto tra M5s e Mdp. Il primo banco di prova sarà il ballottaggio a Ostia. Mdp non dà indicazioni di voto ma fa presente che nel suo DNA c'è il no alla destra estrema. Quindi i loro elettori che vorranno proprio andare a votare sapranno cosa scegliere.
Il secondo passaggio saranno le alleanze elettorali e qui non c'è dubbio: né Mdp né M5S hanno intenzione o interesse a fidanzarsi prima del voto. La legge elettorale non dà scampo: non ci sono voti disgiunti o ballottaggi e quindi "ognuno corre per sè e non può regalare nulla a nessuno" spiegano da Mdp. E giovedì sera a Otto e mezzo Paola Taverna è stata chiara: "noi andiamo da soli".
Il terzo passaggio sarà la formazione del governo dopo le elezioni e qui si aprono diversi scenari possibili in base al risultato elettorale.
Innanzitutto bisogna spiegare qual è il clima tra i due partiti ora: molti parlamentari tra loro nelle commissioni in questi cinque anni si sono parlati. Gli stessi Di Battista e Bersani a volte si fanno quattro chiacchiere in Transatlantico. Una parte del mondo grillino ha verso l'ex leader del PD un atteggiamento di rispetto perché ha capito che lo streaming del 2013 non era una trappola ma una apertura di dialogo sincera seppure, dal loro punto di vista, non accettabile. In questi ultimi mesi più volte le proteste dei due partiti hanno scelto piazze vicine contro leggi non condivise da entrambi. I flussi di voto in Sicilia fanno capire che il MoVimento 5 Stelle da molti elettori di sinistra e anche del PD sono considerati una alternativa possibile.
Questo il clima oggi. Dopo il voto, in caso di vittoria netta di uno dei tre schieramenti ovviamente il problema non si porrebbe. Ma se il MoVimento 5 Stelle arrivasse primo e avesse bisogno di un po' di voti per raggiungere la maggioranza e formare il governo, pare di capire che Mdp non direbbe pregiudizialmente no. A differenza di Forza Italia e PD, per il partito di Grasso e Bersani i grillini non sono il diavolo. Dunque se il candidato premier Luigi Di Maio chiamasse Mdp per chiedere i loro voti, nessuno gli sbatterebbe la porta in faccia e si potrebbe realizzare un tavolo di programma con streaming rovesciato rispetto al 2013. Mdp valuterebbe quali sono i singoli capitoli del programma, "senza pregiudizi ma valutando le cose nel merito - spiegano - certo se ci propongono le scie chimiche....". Ma se, come ha proposto a Ottoemezzo Paola Taverna, si partisse da reddito di cittadinanza e lavoro, sarebbe più difficile dire di no. Anche perché dalle parti di Articolo 1 una cosa è chiara: il vero rischio sarebbe governo governo Grillo-Salvini, e quello sì sarebbe anche per mdp un rischio da sventare a qualunque costo.