Sergio Mattarella delinea un altro contorno del perimetro entro cui si aspetta che si muova il prossimo governo. Dopo aver disegnato i confini della politica estera italiana tre giorni fa, ieri, celebrando il suo primo predecessore, Luigi Einaudi, ha ricordato alcuni principi, una vera e propria "grammatica" della democrazia italiana. E in particolare, il complesso e delicato rapporto tra presidente della Repubblica, governo, Parlamento, maggioranza e popolo, che si basa su poteri e "freni" per impedire "abusi".
Il Capo dello Stato avverte innanzitutto i partiti, a cominciare da quelli impegnati proprio in queste ore nella trattativa per la formazione del governo, che il suo ruolo non è solo quello del notaio; del resto lui stesso preferisce definirsi arbitro, notoriamente dotato di fischietto. E dunque, come prescrive la Costituzione, è il Capo dello Stato che incarica il Presidente del Consiglio e nomina i ministri dopo aver ascoltato le proposte di quest'ultimo. Mattarella ha ricordato la scelta di Einaudi, che incaricò Giuseppe Pella, primo esempio di governo del Presidente che servì a far ritrovare ai partiti la strada del chiarimento. Forse a qualcuno sono fischiate le orecchie, forse qualcuno ha ricordato le parole del capo dello Stato di lunedì scorso sul governo neutro e di servizio.
Di certo tutti hanno capito quali passi dovranno compiere per non fare errori di grammatica in caso di intesa: il Quirinale ha fatto sapere che non si aspetta il nome del premier insieme alla notizia di un raggiunto accordo tra lega e 5 stelle, per il quale è pronto ad attendere anche ulteriori 24 ore. La scelta della personalità che siederà a Palazzo Chigi sarà fatta al termine delle consultazioni con i partiti della maggioranza dal capo dello Stato, e solo con lui da quel momento in poi discuterà della lista dei ministri.
Ma oggi Mattarella ha ricordato anche un altro passaggio cruciale che attiene alle prerogative del capo dello Stato: "Einaudi rinviò al Parlamento due leggi, perché comportavano aumenti di spesa senza copertura finanziaria, in violazione dell'art.81 della Costituzione". Le forze di maggioranza e i governi possono proporre dunque ogni provvedimento che ritengano opportuno e che hanno promesso in campagna elettorale, ma devono sapere che esistono alcuni principi all'interno dei quali si devono muovere e uno di questi riguarda l'equilibrio dei conti pubblici. Su questo è chiaro quindi che il Presidente sarà inflessibile, incurante anche delle pressioni della maggioranza se necessario; non a caso ha citato un celebre passo del suo predecessore contro la tirannia della maggioranza.
La Repubblica, insomma, ha fatto capire Mattarella, è una complicata costruzione che si basa su un delicato equilibrio di pesi e contrappesi. Dove necessario il capo dello Stato ha usato per decenni e quindi userà la cosiddetta moral suasion verso il governo fatta di "consigli, previsioni, esortazioni", anche a costo di risultare pedante. Perché il presidente della Repubblica, ha spiegato Mattarella citando sempre Einaudi, deve avere a cuore il bene del popolo italiano; quando la "voce unanime, anche se tacita" del popolo chiama, il Presidente deve essere presente per risolvere problemi che la politica non risolve o per far rispettare la legge. Un ripasso di diritto costituzionale, in un passaggio delicato del Paese, per evitare sgrammaticature ed inutili frizioni tra poteri dello Stato.