Tutto dipenderà dai numeri. Sergio Mattarella riflette a meno di 48 ore dall'avvio del terzo e ultimo giro di consultazioni per uscire dallo stallo post elettorale e dare un governo al Paese. E pone come unico discrimine alle scelte che farà il criterio dei numeri. Quando lunedì accoglierà le forze politiche nello studio alla Vetrata chiederà che vengano scoperte le ultime carte, se ci sono, ma le vaglierà calcolatrice alla mano. Preoccupato ma non disfattista il capo dello Stato continua a ricevere dai partiti segnali contrastanti: misura le aperture, registra le chiusure e guarda soprattutto ai numeri di Camera e Senato. Ogni proposta che gli verrà fatta sarà infatti misurata calcolatrice alla mano sulla possibilità di ottenere o meno la fiducia dal Parlamento. Ecco perché il governo tecnico proposto ieri da Salvini, che pure è un passo avanti di realismo rispetto alla proposta di governo politico e di legislatura, non sembra avere molte chance se resterà il no del MoVimento 5 Stelle.
Tra centrodestra e Pd è ancora possibile un'intesa?
Certo ormai sono al lumicino le speranze che la coalizione che partirebbe possa avere il sostegno di più della metà di senatori e deputati. Molto dunque dipenderà dalle astensioni, cioè dalla volontà delle forze politiche di manifestare seppur indirettamente un senso di responsabilità tale da far comunque nascere un governo, magari di breve durata e con obiettivi limitati. L'altro elemento determinante saranno i nomi, del premier e dei ministri, che verranno proposti: più saranno autorevoli e non urticanti per nessuno è più alta sarà la possibilità che un esecutivo parta.
L'ipotesi di un governo sostenuto direttamente o indirettamente da centro-destra e PD non è del tutto tramontata ma per capire come andrà a finire tutti attendono il possibile vertice tra Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni di domani. Molto dipenderà dalla disponibilità del Carroccio ad accettare un'eventuale l'astensione dei democratici. L'attacco di oggi di Salvini a Paolo Gentiloni non fa ben sperare, ma queste settimane ci hanno abituato a cambi repentini di toni dal comizio di piazza alla grisaglia ministeriale e dunque lunedì questa burrasca potrebbe già essere passata.
L'ultima carta: un governo di tregua
Al Colle ci si prepara ad altri giorni di fuoco: lunedì mattina cominceranno le consultazioni e poi, dopo poche ore, il capo dello Stato potrebbe far sapere se sono emerse novità significative o se il gioco di veti e controveti ancora blocca implacabilmente l'avvio della nuova legislatura. Se così fosse, nonostante il rischio di esporre la prima istituzione della Repubblica a una battuta d'arresto, il capo dello Stato tenterebbe la via di un governo di tregua. Proprio ponendo sul piatto della bilancia la salvezza delle istituzioni, potrebbe fare, magari anche pubblicamente, un appello alla responsabilità nell'interesse dei cittadini che hanno bisogno di un governo che rappresenti il paese nei consessi internazionali, vari la manovra ed eviti quell'esercizio provvisorio dei conti pubblici che porterebbe all'aumento dell'IVA nel gennaio 2019. Se Mattarella dovesse giungere a proporre egli stesso un esecutivo sicuramente cercherebbe una personalità super partes ma soprattutto di forte impatto alla quale i partiti farebbero fatica a dire di no.