È già arrivato il momento del braccio di ferro. In anticipo sui tempi classici della politica, con la velocità a cui ci hanno abituato i social e i notiziari all news, a meno di una settimana dalle elezioni, già si minaccia il ritorno alle urne.
Complice un risultato elettorale incerto, per usare un eufemismo, i principali partiti si preparano a una lunga partita e già mettono sul tavolo la fiche più pesante: quella di nuove elezioni nel caso non si giungesse a una maggioranza compatta per sostenere il nuovo governo del Paese.
Matteo Salvini venerdì ha chiarito che il prossimo dovrà essere un governo politico, Luigi Di Maio ha messo in guardia da un accordo che escluda il M5s. Insomma, i due vincitori delle elezioni, che però non hanno da soli i voti per governare, già fanno sapere in modo assolutamente informale che accetteranno solo una maggioranza chiara, cioè con i loro partiti come perno fondamentale, altrimenti sono pronti a tornare al voto.
Il messaggio al Pd, quello al Quirinale
La minaccia, è rivolta innanzitutto al Pd, di cui entrambi cercano il sostegno ma senza dichiararlo apertamente e soprattutto auspicando che sia fatto da un folto drappello di parlamentari e non come forza politica organizzata e organica.
Ma quello di Lega e M5s è anche un messaggio al Quirinale, dove ovviamente il ritorno alle urne è visto come l'ultima spiaggia. Tornare alle urne con lo stesso sistema elettorale, infatti, viene considerato un rischio perché potrebbe risolversi solo in altri mesi senza un governo forte e per di più senza la certezza di avere una maggioranza certa. L'eventuale data possibile, infatti, sarebbe quella di ottobre, perché votare in estate è considerato tecnicamente impossibile per una questione di tempi troppo stretti.
Salvini e Di Maio quindi paventano nuove elezioni ma intanto giocano una doppia partita prima di arrivare a quella fondamentale del governo del paese. Innanzitutto ci sarà il passaggio dell’elezione dei due presidenti delle Camere che fino a pochi giorni fa era visto come un banco di prova per la nascita di una maggioranza che avrebbe potuto poi dar vita al nuovo esecutivo. Ora questo appuntamento viene invece slegato dalla partita del governo.
Nessuno però ha la certezza su chi dovrà governare
Nessuno ha la garanzia di come potrà andare a finire e dunque nessuno vuole legare le sorti nel prossimo governo a quelle del complicato puzzle che porterà all’elezione dei nuovi presidenti di Camera e Senato. Salvini e Di Maio hanno già fatto chiaramente capire che si attendono un incarico a testa per i loro partiti per Montecitorio dovrebbe concorrere il Movimento 5 stelle e per Palazzo Madama il Carroccio.
Ma nessuno ha la certezza di governare ogni singolo voto nel centro-destra e nel Movimento i due leader useranno dunque questa prova come un momento per verificare di quanti voti dispongono veramente.
Nel centro-destra infatti si registrano delle tensioni tra lega e Forza Italia mentre in M5S l’ala governativa si scontra con quella dura e pura. Sullo sfondo si attende che il PD che lunedì riunirà la sua direzione recuperi un minimo di unità e decide la sua linea politica. Mentre già ci si scontra anche sul primo vero passaggio parlamentare della diciottesima legislatura, il Documento di Economia e Finanza, i protagonisti di questo scorcio post-elettorale stanno già piazzando tutte le loro pedine e sabato hanno deciso di usare anche l’artiglieria pesante: quella minaccia di richiamare gli italiani al voto che Salvini e Di Maio vedono come una sorta di secondo turno posticipato e che nelle speranze di alcuni potrebbe muovere Forza Italia Pd e Quirinale nel tentativo di trovare convergenza per far nascere un esecutivo.