C'è chi manda messaggi, chi telefona, chi fa telefonare dai suoi fan e dai parenti. Sono ore cruciali per le candidature e nelle stanze dove si decide si respira un clima da assedio. Archiviate le primarie del Pd, archiviata la scelta della rete senza filtri per il M5s, i partiti sono alla ricerca dei volti più accattivanti per vincere nei collegi uninominali e plurinominali. “Per fortuna in una settimana abbiamo finito”, racconta un parlamentare Pd di lungo corso, che sa per esperienza diretta che questo è uno dei passaggi più duri per chi fa politica. Per coloro che si vogliono candidare perché fino all’ultimo non c’è certezza di avere un posto in lista e poi in Parlamento; per coloro che scelgono le candidature perché le pressioni che ricevono sono tra le più assillanti di tutta la loro vita. E allora il M5s ha dato il via alle parlamentarie, il Pd ha riunito la direzione sulle regole di scelta, il centrodestra è riunito per decidere le quote tra gli alleati e i primi nomi. Ma la tensione è la stessa.
Il ritorno dei collegi uninominali
Il trait d’union di questa campagna elettorale sarà il ritorno dei collegi uninominali. E quindi il ritorno dei signori dei voti, personalità di spicco o con un forte radicamento territoriale che garantiscano la vittoria. E i pochi ‘paracadutati’ saranno invece relegati nelle liste proporzionali. Per metà Parlamento, poi, saranno più le facce nuove che le vecchie. Nei corridoi di Montecitorio e palazzo Madama si calcola che nel Pd il ricambio sarà spietato: più della metà dei parlamentari dem non torneranno in Parlamento. Un po’ perché si calcola il calo dei consensi, un po’ per il limite dei mandati, la percentuale di riconferme previste non supera il 40%. E anche le deroghe per chi ha già occupato per 15 anni i seggi parlamentari saranno pochissime. Matteo Renzi ha chiesto la deroga solo per poter ricandidare il premier Paolo Gentiloni e i ministri, da Marco Minniti a Roberta Pinotti a Dario Franceschini. Ora si aprirà la trattativa interna al partito, con il segretario che non sembra però intenzionato a dar vita a un classico tavolo ma avrebbe deciso di discutere le candidature direttamente con le singole componenti del Pd. E ha già annunciato due volti simbolo della campagna elettorale: Paolo Siani e la Cgil Carla Cantone. Un modo per parlare di legalità e di lavoro.
M5s e Fi, invece, che sperano in risultati elettorali più positivi del 2013, avranno una percentuale di riconferme molto più alta e dunque sulla carta le scelte saranno meno dolorose, ma non per questo più facili. I Cinquestelle sono alle prese con il voto dei militanti sulle autocandidature, ma come spesso accade il voto online è criticato dagli altri partiti e contestato da chi viene escluso. La maggiore accusa è quella di scarsa trasparenza; tra gli esclusi c’è anche il vignettista Marione. E alcuni autocandidati che non si ritrovano nella lista dei votabili hanno ipotizzato di fare ricorso. Alla fine, dopo la scelta dei militanti, interverranno Luigi Di Maio e Davide Casaleggio per un vaglio finale e per riequilibrare le quote di genere. Il centrodestra invece continua le trattative sulle quote che spetteranno alle singole forze e non trova la quadra. Il braccio di ferro tra Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia è ancora accesissimo e non sembra destinato a terminare in poche ore.
Insomma, le modalità sono diverse, dal voto online alla riunione tra delegazioni, ma i prossimi giorni saranno stressanti per tutti i partiti. Solo il 25 gennaio sera si sapranno le liste complete, dal 29 gennaio si consegneranno alle Corti di appello delle diverse circoscrizioni. Ma c’è anche chi ricorda storie che sono l’incubo di ogni aspirante parlamentare: quella volta in cui un candidato già segnato in lista è stato tolto all’ultimo minuto, quando i rappresentanti erano già con un piede dentro la Corte d’appello. “Per fortuna tra una settimana è tutto finito” sussurra un parlamentare. Ma si dimentica che poi comincia la campagna elettorale…