Matteo Salvini e Luigi Di Maio a muso duro l’uno contro l’altro su chi sarà il premier e sull’alleanza con Forza Italia. A una settimana dall’avvio delle consultazioni con le quali Sergio Mattarella cercherà di venire a capo del complicato rebus prodotto dalle elezioni politiche, i leader che, dialogando, hanno eletto i presidenti delle camere, sono come due galli in un pollaio.
I motivi sono diversi. Innanzitutto, a dispetto della ‘narrazione’ che ha accompagnato i commenti elettorali, il 4 marzo non ci sono stati vincitori. Certo, il Pd e Fi sono usciti ammaccati dalle urne, ma né il centrodestra né il M5s hanno vinto nel senso più pieno del termine: nessuno infatti ha il 50% più uno dei voti.
E dunque è obbligatorio trovare una convergenza per dar vita a una maggioranza che sostenga un governo o vari una legge. Ecco che, leggendo i programmi, le affinità più forti si sono trovate più tra Lega e M5s che tra M5s e Pd. La settimana scorsa è quindi partito il dialogo tra i due leader nuovi, che hanno subito trovato un feeling naturale: giovani, pragmatici, dai modi spicci.
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Perché non trasformare voti e sintonia in un governo fino a poche settimane fa considerato impensabile? I due si sono messi all’opera. Ma, limati i due programmi fino a renderli abbastanza compatibili, sono sorti altri nodi: tra due candidati premier, chi andrà a palazzo Chigi? E ancora: se Salvini ha bisogno dell’alleato Silvio Berlusconi per arrivare al 37% e guardare Di Maio, che ha il 33%, dritto negli occhi, per il M5s non è così facile incassare i voti del Cavaliere, uno dei nemici giurati di sempre.
E allora, come in tutte le trattative che si rispettino, per alcuni giorni vedremo i due leader mostrare i muscoli. Nessuno può cedere ora, è troppo presto, bisogna ancora tirare la corda nella speranza che a cedere sia l’altro. Ecco perché, a meno di miracoli, per qualche giorno ancora assisteremo a un posizionamento delle truppe.
Che altro non è che mettere in modo chiaro sul tavolo richieste e paletti. Ed ecco perché al Quirinale Sergio Mattarella ha lasciato tempo per chiarirsi le idee e si prepara a fare più di un giro di consultazioni. Da politico saggio e paziente sa che quasi sicuramente non basterà un solo giro di consultazioni, perché il primo servirà ai partiti per dichiarare le posizioni di partenza. Solo dal secondo giro, auspicabilmente, si comincerà a fare sul serio, avviando una mediazione, piallando gli angoli e limando le asperità.
Nei palazzi della politica molti attendono di vedere se spunterà un terzo uomo che potrebbe mettere d’accordo tutti e ricoprire il ruolo di premier e se da Forza Italia verrà un passo indietro di Berlusconi per mandare alla trattativa, al suo posto, Antonio Tajani. Piccoli e grandi passi che potrebbero aiutare a raggiungere una intesa. Per ora Salvini appare assolutamente convinto a tenere salda l’alleanza con il Cavaliere e, specularmente, Di Maio sembra convinto a non cedere sul suo ruolo di premier e sul no a Forza Italia (chiesto dalla base).
Al momento pochi credono alla possibilità di ricreare un canale di comunicazione tra Pd e M5s, ma è ovvio che questo spettro agita la Lega. Per qualche giorno, comunque, assisteremo a una esposizione delle richieste di partenza, solo dopo, quando cominceranno le consultazioni, si comincerà a giocare sul serio. Il rischio è alto, un passo falso può far saltare tutto il castello di carte messo in piedi finora e cominciato con l'elezione dei due presidenti delle Camere. Ma i primi passi di Salvini e Di Maio hanno mostrato due leader tattici ma determinati. Ora comincerà la pausa pasquale, poi da martedì la scena si sposterà al Quirinale.