“Sto Rosatellum è una schifezza”. A taccuini chiusi è difficile trovare un parlamentare o un politico di qualunque schieramento che tessa le lodi della neonata legge elettorale Un po’ per questo, un po’ per i possibili risultati elettorali, cresce la consapevolezza che il Rosatellum potrebbe ballare una sola estate. Nella drammatica notte della scelta delle candidature lo stesso Matteo Renzi ha sbottato: "Che meccanismo complicato!". Passata quindi malamente per la prova del fuoco della formazione delle liste dei candidati, la legge elettorale attende ancora il test più significativo, quello del voto del 4 marzo. Ogni legge infatti, alla prova dei fatti, riserva sorprese e produce piccoli o grandi effetti diversi da quelli ipotizzati. Ma se il voto non darà un vincitore netto, le possibilità che si tenti di riformare la riforma sono alte. Più difficile è che la revisione giunga in porto, ma questo è un discorso che guarda forse troppo lontano.
Se il centrodestra dovesse prevalere, difficilmente metterebbe mano alla legge elettorale. Ma se il Parlamento si trovasse in una situazione di stallo come indicano i sondaggi, il discorso cambierebbe. Tutti ora dicono di non volere un governo di larghe intese, ma un ritorno al voto in tempi rapidi con la stessa legge che ha permesso e facilitato l’ingovernabilità sarebbe un azzardo.
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I dirigenti di Leu, Pietro Grasso in testa, ammettono senza mezzi termini che direbbero sì a un governo del presidente se dovesse avere come programma principale la riforma del Rosatellum. Ma anche il M5s non apprezza la legge e potrebbe accogliere delle proposte di modifica. Se è difficile infatti che si possa andare a un cambiamento radicale, è invece più facile trovare sponde per qualche aggiustamento.
Sponde che si intravedono anche nel Pd, che pure è stato tra i padri della legge. I dem, infatti, hanno provato sulla loro pelle alcune incongruenze del nuovo sistema elettorale e più d’uno non nasconde la speranza di modificarlo nella prossima legislatura. Due i punti su cui tutti concentrano le loro ire: i partiti piccoli e il M5s vorrebbero introdurre il voto disgiunto, i partiti grandi un premio di governabilità anche se più basso di quello dell’Italicum.
In caso di governo di larghe intese, dunque, la legge elettorale potrebbe essere uno dei capitoli del programma, anche se la certezza di avere una nuova riforma non la sottoscrive nessuno. Sono troppe le differenze di richieste, in partenza, tra i vari partiti. Ma l’unanimità delle critiche è sotto gli occhi di tutti e una maggioranza favorevole al cambiamento, magari trasversale, alla fine si potrebbe trovare nella prossima legislatura.