"Se dipende da me e dalla Lega il governo va avanti, gli italiani mi pagano lo stipendio per lavorare non per litigare". "Dopo le europee avremo più serenità per lavorare meglio come governo", "non credo che ci sarà un rimpasto".
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Matteo Salvini e Luigi Di Maio rassicurano sulla durata dell'esecutivo dopo le elezioni europee, ma le punzecchiature sono ormai all'ordine del giorno e la vicenda Siri sembra non essere ancora finita, con M5s che tiene duro sulla sua revoca e la Lega che continua a difendere il suo sottosegretario. La tensione dunque è sempre molto alta, come dimostrano le parole di Alessandro Di Battista, che afferma di valutare la sua ricandidatura in caso di elezioni dopo il 26 maggio.
Dunque tutti attendono il 27 maggio per capire quali saranno le sorti del governo e anche della legislatura. Se infatti il governo cadesse, il Capo dello Stato svolgerebbe le sue consultazioni per verificare se esiste ancora una possibilità per l'attuale maggioranza, magari con un rimpasto, o se esiste una maggioranza alternativa. Ma su quest'ultima ipotesi il Pd sembra aver detto parole chiare: meglio il voto.
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Certo in Parlamento prosegue un lavorio sottotraccia per vedere se è possibile ampliare le forze di centrodestra, in modo da rendere autosufficienti i seggi che potrebbero portare a un esecutivo solo con Lega, FI e FdI, ma anche questa è un'ipotesi che viene considerata ancora difficile. Al di là delle smentite, resta poi in piedi l'ipotesi di un rimpasto per dar vita a un Conte bis che superi l'estate, vari la manovra e la faccia approvare dalle Camere, restando poi in carica anche per i primi mesi del prossimo anno.
Per il Quirinale il voto è l'extrema ratio
Ma la strada delle elezioni non viene esclusa da nessuno, anche se il Presidente, come ogni suo predecessore, le considera solo l'extrema ratio. Certo chiudere la legislatura dopo solo un anno, con molte decisioni ancora da prendere, per i conti pubblici e per il futuro dell'Europa non è una strada consigliata, ma il Quirinale non ha la bacchetta magica.
Molti di quelli che hanno avuto contatti con il Colle hanno raccontato che, oltre alla naturale preoccupazione per i conti pubblici, è chiara la consapevolezza che serve un governo saldo in sella per sedersi alla trattativa che si aprirà a Bruxelles per il rinnovo di tutte le cariche, dal Parlamento al Consiglio, dalla Commissione alla Bce. Le finestre per un possibile voto, dunque si riducono a una manciata di date.
Quando si potrebbe votare?
Se infatti la situazione precipitasse subito dopo le elezioni europee, considerati necessari sessanta giorni di campagna elettorale, si voterebbe ai primi di agosto, cosa finora sconsigliata. Andare invece troppo avanti, votando a fine settembre, metterebbe a rischio l'approvazione della manovra che deve essere varata dal governo entro il 15 ottobre.
Le date cerchiate quindi in rosso in tutti i palazzi della politica sono quelle dell'1 e dell'8 settembre. Solo votando in una di quelle due domeniche, infatti, ci sarebbe tempo, seppure a tappe forzate, per formare un governo che come primo atto potrebbe approvare la legge di bilancio per il 2020 e magari, se come non viene escluso si potesse andare a una proroga del mandato di Juncker, anche andare a Bruxelles per trattare i nuovi vertici comunitari.
Certo, si tratterebbe di fare la campagna elettorale d'estate, ma grandi alternative non ci sarebbero e del resto è chiaro che dovrebbero essere i partiti ad assumersi la responsabilità di staccare la spina alla legislatura e di precipitare il Paese al voto. Ma questi sono scenari ancora prematuri, per ora le ipotesi sono solo allo studio e tutto viene rimandato a dopo il voto europeo.