Le vicende connesse alla negazione dell’ingresso della nave Aquarius nei porti italiani hanno messo in luce come il Governo Italiano abbia agito con una buona dose di calcolo e spregiudicatezza politica. I ministri dell’Interno e delle Infrastrutture non potevano infatti non sapere che l’Italia, coordinando le operazioni collegate alla nave Aquarius, aveva anche la responsabilità della sua conclusione, e che qualora nessun altro avesse dimostrato una disponibilità ad autorizzare lo sbarco della nave nel suo territorio, il nostro Governo si sarebbe reso responsabile quantomeno della violazione di una serie di Convenzioni sul diritto e sul soccorso in mare, nonché di una serie di articoli della Convenzione europea dei Diritti dell’uomo e la Convenzione di Ginevra, mettendo, come aggravante, la nave in condizione di pericolo.
Grazie a questa spregiudicatezza, giocata sulla pelle dei 629 migranti recuperati dall’Aquarius, oggi il Ministro dell’Interno proclama una vittoria politica.
Qualcuno ponga fine a questa tragedia europea. Qualcuno convinca i Ministri Salvini e Toninelli a far attraccare le navi, ora.
Tuttavia non è in mare ma a terra che la soluzione va trovata. Il sospetto è, invece, che alla prossima occasione il governo italiano ci riprovi. Sicuramente ha inaugurato una nuova, ultima, tappa nel cammino che queste persone intraprendono: diventare oggetto di ricatto tra Stati dell’Unione europea. Le recenti evoluzioni che vedono la nave obbligata a un cambio di rotta verso le acque più tranquille della Sardegna orientale, rappresentano un incomprensibile prolungamento di dolore e di agonia nei confronti di persone già abbondantemente provate da giorni e giorni di navigazione e in condizioni al limite della civiltà.
Nel suo discorso al Senato il Presidente del Consiglio Conte ha detto che porrà “fine al business dell’immigrazione cresciuto sotto il mantello della finta solidarietà”. Crediamo che questo intento non possa che partire dal riequilibrio del sistema dell’accoglienza oggi diviso tra CAS (Centri di Accoglienza Straordinari) - che vedono un ’80% di persone ospitate - e SPRAR, (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), che dovrebbero essere lo strumento principale per accogliere e integrare queste persone e che ospitano solo il 20% delle persone arrivate nel nostro paese. Superare la dicotomia CAS/SPRAR e inserire standard comuni e alti, che coniughino accoglienza (anche di breve/medio periodo) e integrazione è esattamente quello che i soggetti attivi nell’accoglienza in modo etico e professionale stanno aspettando, perché eliminare il business dell’immigrazione è un interesse comune e in primo luogo dei beneficiari stessi.
Questo passa anche per l’istituzione di un albo dei soggetti gestori, al quale si accede con una domanda di accreditamento basata su criteri trasparenti di competenze; la promozione di una tracciabilità dei fondi anche attraverso una chiara rendicontazione dei medesimi; e, a livello di coordinamento regionale e nazionale, lo stimolo dell’ingaggio di più Enti Locali nell’accoglienza ordinaria.
Poco dopo il Presidente Conte ha detto che si batterà per “il superamento di Dublino e per una equa ripartizione attraverso meccanismi automatici di ricollocamento tra gli Stati membri, per avere finalmente procedure certe e veloci circa le richieste di protezione internazionale e per contrastare lo sfruttamento degli scafisti”; mettendo la questione degli sbarchi alla fine di un corposo elenco.
Tuttavia, quantomeno nel nostro paese, non si può affrontare il tema dell’accoglienza senza inserirlo in una strategia più generale di gestione dei flussi migratori. Partendo dalla legge che tuttora regola il fenomeno migratorio, ovvero la legge Bossi –Fini. Una legge responsabile della (mancata) gestione dei flussi e causa della produzione di un numero consistente di persone irregolari, molte delle quali, una volta diventate invisibili, sono condannate ad un futuro senza diritti a diventare manovalanza nella malavita o vittime di abusi e sfruttamento. Una legge che impedisce di poter entrare regolarmente nel nostro paese, e che Oxfam Italia chiede al Governo del Cambiamento e al Parlamento di rivedere.
Proprio nell’interesse di ridurre il fenomeno della clandestinità e dell’illegalità, crediamo che occorra manifestare una maggiore apertura verso lo sviluppo di canali sicuri e legali (in tal senso come Oxfam abbiamo aderito alla Campagna Welcoming Europe - Per un’Europa che accoglie), con conseguente concessione di visti, per l’ingresso per motivi di lavoro, di studio e di richiesta di asilo. Questo è essenziale non solo per ridurre il ricorso dei migranti a ingressi spontanei, spesso molto pericolosi, usando l’unico strumento a loro disposizione, ovvero la richiesta di protezione internazionale, ma sarà fondamentale soprattutto per acquisire una maggiore capacità di programmazione, gestione e controllo delle migrazioni.
Esattamente quanto si era proposto di fare l’anno scorso la campagna Ero Straniero, raggiungendo l’obiettivo della presentazione di una legge di iniziativa popolare in grado di superare la normativa esistente con alcune significative innovazioni: dall'introduzione di permessi di soggiorno temporanei per la ricerca di occupazione, alla regolarizzazione su base individuale degli stranieri già integrati, alla previsione di nuovi standard per il riconoscimento delle qualifiche professionali e di alcune misure per l'inclusione attraverso il lavoro dei richiedenti asilo. Ma soprattutto l'abrogazione del reato di ingresso e soggiorno irregolare.
È già pronta, perché non partire da lì? Già 90.000 cittadini ci hanno messo la loro firma.