Il transito di cittadini che arrivano in Italia dal Darfur è noto a chi ha seguito le vicende dei passaggi tra Ventimiglia e la Francia. Noi di Oxfam lavoriamo su quel confine e abbiamo visto il loro numero aumentare fino a raggiungere una consistenza degna di notizia. In Italia sono stati tra la quinta e settima nazionalità di migranti tra il 2015 ed il 2017. Se il Sudan è esso stesso terra di transito e di origine di migranti, il Darfur (regione ovest del Sudan) merita una considerazione a parte. Qui, il conflitto iniziato circa 15 anni fa ha generato forti ragioni a sostegno della scelta migratoria: violenze, persecuzioni, scarsità di acqua e cibo.
La ricerca
"Darfuri migration. From displacement to despair" è il titolo di una ricerca svolta tra Darfur, Italia, Francia e Inghilterra (Università di Londra/School of Oriental and African Studies, Università del Sussex/Overseas Development Institute e Oxfam Italia) che indaga e analizza le cause profonde della migrazione dal Darfur, la sua strategia e le sue rotte. In questa lunga migrazione, che può durare fino a 2 – 3 anni, l’Italia appare un paese di transito.
La migrazione fa tradizionalmente parte delle strategie di sopravvivenza degli abitanti del Darfur: movimenti stagionali sia dentro il paese, in cerca di pascoli e di acqua, sia verso l’Egitto, la Libia o i paesi del Golfo per cercare lavori temporanei sono parte della vita di ogni famiglia. Dal 2013 però le crescenti difficoltà a raggiungere paesi del Medioriente e del Golfo hanno spinto questi flussi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, quella pericolosissima e spesso mortale che comporta la traversata dalla Libia fino all’Italia.
Traversate drammatiche
Il rapporto rivela che proprio tra il 2013 ed il 2016 la recrudescenza del conflitto in Darfur e la situazione politica nei paesi vicini ha aumentato il flusso trans Mediterraneo. Il conflitto in Libia poi ha trasformato il paese da tradizionale destinazione finale a terra di travagliatissimo transito. Chi non ha le conoscenze e le possibilità economiche per aggirare il racket del traffico raggiunge le coste libiche come forza lavoro venduta e comprata da una fazione all’altra e sfruttata da tutti prima di essere costretta alla traversata in mare.
Le testimonianze raccolte nel rapporto indicano chiaramente che tutti i migranti giunti dalla rotta centrale mediterranea abbiano vissuto esperienze drammatiche che pongono solide basi per l’assistenza umanitaria. La condizioni di origine dei migranti che arrivano dal Darfur, inoltre, fatte di persecuzioni e violenza, inducono a considerare come legittime eventuali richieste di asilo. In altre parole, chi riesce a sbarcare nel nostro paese da quella parte di mondo non può essere considerato ‘migrante economico’.