L’autunno porta via l’estate e tutto ciò che dell’estate amiamo. In compenso però ci libera dai tormentoni, il reggeaton perde, goccia di pioggia dopo goccia di pioggia, senso di esistere, il che è già una una conquista mica da ridere. E poi gli artisti riprendono a sfornare musica. Anche questa settimana abbiamo ascoltato e commentato per voi le ultime uscite.
Tommaso Paradiso – “Non avere paura” – voto 5: Ad una manciata di giorni dalla scissione più fintamente clamorosa della pur breve storia dell’indie italiano, Tommaso Paradiso, come promesso (minacciato?) si presenta finalmente con nome e cognome, proponendo una canzone che, come era facilmente immaginabile, segna un percorso musicale perfettamente contiguo a quello di quei Thegiornalisti, il gruppo che Paradiso ha fondato, cavalcato e poi lasciato. “Non avere paura” presenta quel sound accattivante, funzionale e ruffiano al quale Paradiso ci ha abituati nell’ultima porzione di discografia con la sua vecchia band, il che può starci perché, ricordiamolo, l’unica cosa che veramente importa quando si registra un pezzo, visto che nel nuovo cantautorato i capolavori si fanno attendere come Godot, è che perlomeno abbia un senso logico. “Non avere paura” è un pezzo pop e come pezzo pop è discreto, nonostante ciò non si possono notare alcune evidenti lacune per quanto riguarda il testo che, immaginiamo, è stato recuperato da un diario delle medie di Paradiso. Nulla di sconvolgente, è la poetica vagamente spicciola dell’artista, l’unico rammarico è che è lo stesso che ha scritto roba tipo “Promiscuità”, ma parliamo ormai di anni fa e Paradiso non è più lo stesso.
Tropico – “Non esiste amore a Napoli” – voto 7: “Non esiste amore a Napoli” è il primo singolo di Tropico, alias Davide Petrella, napoletano, classe ’85, per chi non fosse abituato a sbirciare i credits dei pezzi che ascolta, autore molto quotato del pop italiano, il suo nome si cela dietro il lavoro di numerosi artisti ben noti del nostro panorama. In realtà, ascoltando “Non esiste amore a Napoli” si potrebbe essere maliziosi e pensare che il meglio se lo sia tenuto per sé, perché il brano spacca, è quel pop che non stanca, moderno, innovativo, interessante, intrigante. Un pezzo costruito con mestiere, che racconta qualcosa di ben preciso, dietro il quale si scorge la necessità di farsi ascoltare. E poi in mezzo c’è Napoli, città che ha già evocato in pezzi composti con la sua vecchia band, Le Strisce, come “Vieni a vivere a Napoli” (altro brano consigliatissimo); ed è importante sottolinearlo dato che, Liberato a parte, che svolge un percorso discografico totalmente a sè, Napoli è una città che sembra essere rimasta fuori dal carrozzone indie. E invece no, è una città che andrebbe valutata ben oltre il neomelodico. Tropico ne è la prova, ed è lui che ci offre la chicca della settimana.
Willie Peyote – “Mango” – voto 8: Il rapper di Torino non è semplicemente bravo, Willie Peyote sta contribuendo in maniera attiva, da protagonista, insieme ad una manciata di colleghi, a restituire una dignità cantautorale tangibile al rap. “Mango” è uno di quei suoi testi, come tanti altri, come quasi tutti se proprio vogliamo essere schietti, che mescola abilmente satira politica, disagio sociale, una metrica perfetta e uno stile inconfondibile. Insomma, letteratura pura. Attacca tutti con un umorismo sottile, mette da parte la scimitarra rozza tipica del genere, opta per un attacco portato avanti in punta di fioretto. Alterna colpi a destra e a manca con l’unico vero scopo di chiamare alle armi una vagonata di artisti che pensano più alle stories su Instagram e alle ospitate da Fazio piuttosto che imbracciare la propria arte per renderla oltre che bella (quando bella) e funzionale al proprio portafogli, anche meramente utile. Una musica che tocca le coscienze quella di Willie Peyote, un rapper che se non ci fosse bisognerebbe inventarlo.
Colapesce – “Immaginario” – voto 6,5: L’intervento del producer MACE sull‘opera di del cantautore siciliano è notevole e a tratti divertente. MACE, abituato a duellare con i rapper (Fabri Fibra, Gué Pequeno, Marracash, Izi, Noyz Narcos, Salmo, Kaos e Colle Der Fomento), prende stavolta in mano il testo di uno dei più preparati, eterei e talentuosi cantautori in circolazione. L’effetto è leggermente distopico ma ottimo, la produzione del brano riesce a mantenere intatta la potenza delle parole di Colapesce (nonostante, bisogna dirlo, non sia il più evocativo dei suoi testi). Quello che ritroviamo è un Colapesce diverso, certamente più pop (e non sia considerato un passo indietro), un Colapesce che non ci aspettavamo e che non ha certo bisogno di strizzare l’occhio al pubblico, essendo sempre così concettuale, così narrativo. Non così stupido da sacrificare la propria unicità sull’altare del mercato. Ottimo antipasto, ok, ora però aspettiamo il disco.
Gazzelle – “Settembre” – Voto 7: Come già scritto, una canzone prima ancora di spedire nel profondo della nostra anima, o di quel che ne resta, deve essere funzionale. Gazzelle canta settembre, così, minuscolo, senza virgolette, senza alcun riferimento al titolo del pezzo; Gazzelle canta il mese di settembre, che “è un mese di merda per ricominciare”, e come dargli torto? Un mese che si intona alla perfezione con la ormai proverbiale malinconia del cantautore romano, che si riferisce ad un determinato target di pubblico, è evidente, è voluto, è mirato, è anche giusto; un target che, ahinoi, non ci calcola più da un pezzo, che si vive la sua giovinezza mentre noi immagazziniamo birra dietro l’ombelico, ma Gazzelle è, a nostro avviso, anche artefice di una piccola e significativa rivoluzione: questo suo romanticismo vent’anni fa era preso per tristezza, quasi per “sfigataggine” (senza il “quasi”), oggi invece, grazie anche a questo giovane romano, i ragazzi non hanno più paura ad essere tristi, di affrontare la vita con quel loro puro e raro sentimentalismo, che è ciò che dovrebbe fare la differenza tra un adulto e un giovane. “Settembre” è un buon pezzo, arriva al punto in maniera schietta e onesta, senza sbavature, cosa che a Gazzelle riesce sempre meglio, sempre più spesso.
Levante – “Bravi tutti voi” – Voto: 5,5: Levante si dimostra ancora una volta una delle artiste più cool del panorama italiano, o meglio, più attente a ciò che è cool, che è tutt’altra cosa. “Bravi tutti voi” segue pedissequamente i dettami del sound che va di più al momento, un quasi rap che più va avanti più sviscera la propria anima pop, che poi è il campo di gioco dove Levante è un’interprete che non ci vergogniamo a considerare necessaria; anche soltanto per il fatto di essere una delle poche donne riuscite a sopravvivere in un sistema che ha deciso di non investire sul sesso femminile. Ma Levante non sta ottenendo questo successo perché donna, ma perché brava in quello che fa, qualsiasi cosa faccia (e ne fa tante di cose, dai libri ad un’intensa attività social). Così i progetti che porta avanti Levante vanno guardati come i film al cinema, da lontano, dalle ultime file, per capire che dietro c’è un gran lavoro, del tutto particolare e portato avanti con costanza e serietà. Poi bisogna anche essere onesti, la musica piace fino ad un certo punto ma, forse ancora illuminati da genialate come “Alfonso” e “Ciao per sempre”, il quadro che ne viene fuori è piacevole. Di “Bravi tutti voi” la stessa Levante da una spiegazione precisa: “Nella vita il giudizio più difficile da affrontare è certamente il nostro, quando da dentro una vocina ci ripete che non siamo all’altezza. Ma se quel giudizio arrivasse anche dall’esterno? Se qualcuno si ergesse a Maestro del tutto?”, in pratica quello che succede tutti i giorni ad ogni soggetto che si espone alla gogna dei social, la risposta la conosciamo già. Cosa succede quando il giudizio arriva dall’esterno? Semplice: contiamo i like.
Nicolò Carnesi – “Turisti d’appartamento”/”Borotalco” – Voto 6,5: Nicolò Carnesi è un bravissimo cantautore palermitano, autore di assolute perle come “Il colpo”, “Mi sono perso a Zanzibar”, “Levati” e “Ho una galassia nell’armadio”, titoli che ci piace snocciolare per far si, per chi non conosce il soggetto in questione, di essere recuperati. Per il lancio del nuovo disco decide di mettere a segno una doppietta in pochi giorni, piazzando su tutte le piattaforme prima “Turisti d’appartamento” e poi “Borotalco”. In ordine cronologico, “Turisti d’appartamento” è uno di quei brani che ti prende per il collo, che ti toglie molto più di quanto ti da (e solitamente sono i pezzi migliori). Il riferimento musicale sta a metà strada tra l’ultimo Daniele Silvestri e l’ultimo Lucio Battisti, quello post Mogol, quello che piace così tanto a critici musicali radical chic che scrivono per Agi, per intenderci. Si, lo sappiamo, i riferimenti sono altini e Carnesi ancora deve maturare sotto diversi punti di vista, soprattutto valorizzando con produzioni un po' più azzardate testi che hanno un’entità e una poetica da non sottovalutare. Un limite che appare più evidente in “Borotalco”, che vorrebbe strizzare l’occhio alle radio forse, alle vendite, ma anche quello è un mestiere che va fatto sapientemente. L’asticella sicuramente con questo secondo singolo si abbassa ma è facile intuire il motivo per cui è stato scelto tra quelli di lancio del disco che, presumiamo, uscirà a stretto giro. Il giudizio non cambia molto: bravo, indubbiamente bravo, uno di quei ragazzi da seguire, ma c’è ancora tanto lavoro da fare. Oh, noi stiamo qui ad ascoltare.
Postino – “Mi fai venire” – Voto 6: Postino è un cantautore che ha confezionato un ottimo album d’esordio, “Latte di soia”, un cantautore che chiunque segua il circuito “indie” conosce, ma che ancora non è riuscito ad imporsi ad un grande pubblico. L’ultimo vero indie tra gli indie, o meglio tra quelli che dicono di esserlo per identificarsi come si fa con le spillette per il club di Topolino, ma che lavorano gomito a gomito con il mainstream già da tempo (e non si pensi sia scritto come un’accusa, anzi). “Mi fai venire” è il primo singolo di lancio di un nuovo disco che in tanti stanno aspettando con impazienza. Perché poi, specie in questo circuito, è il secondo disco quello che vale, con un buon social media manager ormai si può vendere qualsiasi cosa, ma che non si pensi che il pubblico, anche il più giovane, sia così scarso da vagare nel deserto bevendo bicchieri di sabbia troppo a lungo. Il nostro parere è che di Postino sentiremo parlare moltissimo in futuro, magari “Mi fai venire” non diventerà un evergreen della storia della musica italiana, forse nemmeno della sua produzione (decisamente più notevole “Blu”, non perdetevela), ma è un brano che piacerà, magari buono per allargare il proprio raggio d’azione. Un brano ben scritto, ben strutturato, semplice e incisivo. Niente male.