Metà anni 90. Mtv per molti adolescenti o giù di lì era ancora un rito. Guardare i video musicali che passavano da lì era l’ultima cosa da fissare prima di spegnere gli schermi a colori e andare a scuola. E la prima cosa da fare e al ritorno. Da quello schermo, da quei video, passava un po’ tutto quello che ci avrebbe formato musicalmente.
Certo c’erano i cd, per qualcuno ancora le cassette, ma da lì si vedeva cosa accadeva di nuovo nel mondo della musica. E che questo o quel quel sound sarebbe in qualche modo stato tuo. Lo avresti ascoltato, comprato, scaricato da Napster, ma sceglievi tu da quale parte andare. Erano porte che si aprivano. C’era il Funkitarro degli Articolo 31. C’era anche La solitudine di Laura Pausini. C'era anche molta buona musica, ma tutto era un po' già visto, già sentito. Poi arrivò Firestarter dei Prodigy.
I’m the trouble starter, punking istigator. Non lo ricordo con precisione, ma sembra fosse nel maggio, maggio 1996, l’arrivo in Italia del video di Firestarter. Uno dei singoli più famosi dei Prodigy. Un suono acido e elettrico accendeva un tunnel e dopo 4 secondi, sotto terra, spuntava Keith Flint.
Braccia molli e corpo in avanti. Poi gli scatti. Sapeva muoversi. Glielo permetteva una condizione fisica perfetta, quella di un ballerino. Salti rapidi e precisi come un pugile all’esercizio della corda. Le spalle larghe, i gesti possenti, e il taglio di capelli che ne fecero un'icona. Era pura ribellione.
I’m a firestarter. Twisting firestarter. Per chi è nato dopo l’80 e non ha potuto conoscere il punk, il punk classico, Keith Flint e i Prodigy in qualche modo erano la chiave per accedere al suo messaggio, alla sua estetica. Decenni dopo i Sex Pistols, ma con forza ancora più devastante. Nella loro musica c’era fisicità, potenza, e voglia di essere completamente diversi da quello che c’era intorno.
La percezione che avevo, che molti di noi avevano, è che i Prodigy con Mtv non c’entrassero nulla. Che allo scorrere dei video si aspettassero brani come Firestarter, Smack my bitch up, come un accidente, un pugno allo stomaco forte da togliere il fiato e desideratissimo. Era diverso. Diverso da tutto il resto passasse la tv. Era l’unica forza ostinata e contraria.
I’m the pain you tasted, fell intoxicated. In quel video Keith Flint bucava lo schermo. Lo prendeva a pugni con la consapevolezza di entrarti in casa e prendere a pugni anche te. Era impressionante. Chi lo ha ascoltato (in quegli anni e poi dal vivo) non può non avere da qualche parte il segno di quell’intossicazione anche oggi. Nascosto magari, dietro il tempo che rende un po' tutti uguali.
Il suono dei Prodigy era un mix perfetto del meglio che l’underground avesse prodotto in quegli anni, dai rave parti all’industrial, dal metal al rap del ghetto. Ciò che sottoterra gridava negli anni Novanta e che aveva ancora forza sufficiente per fregare ogni tentativo di omologazione.
Twitter @arcangelo_
Per approfondire: La storica pubblicità che portò i Prodigy in Italia