Sono convinta che non si possa mai smettere di guardare al futuro, sia esso anche remoto, come quel momento in cui, si spera, gli obiettivi prefissati saranno finalmente realizzati. Obiettivi che non devono essere strettamente professionali, e che a volte solo sono sogni, ma che sono così importanti da darci tanta speranza e la forza di andare avanti. Io di questi ne ho tanti.
Sogno per esempio di vedere i giovani tornare a credere in se stessi, senza aver paura di lavorare sodo e di mettersi in gioco, perché i frutti del loro lavoro possano essere riconosciuti come meritano, e i loro punti di vista accettati come una boccata d’aria fresca in un mercato che da troppo tempo non fa loro giustizia.
Sogno che la mia generazione (e le prossime) possano approfittare della facilità d’accesso alla tecnologia ed informazione, di cui per la prima volta nella storia beneficiamo così ampiamente, per filtrare in maniera critica ed analitica i pensieri, i gesti, e le parole che ci influenzano nel quotidiano.
Sogno che dall’Italia i cervelli non fuggano più, perché s’investe nella ricerca e si da spazio alle idee nuove. Sogno, al contrario, un’Italia da cui si parte per voglia di imparare e di fare esperienza, e non per mancanza di opportunità, e in cui si torna per scelta e senza colpa d’essersene andati.
Sogno che il nostro bellissimo Paese sia in grado di riformarsi a pieno. Sogno che la prosperità degli italiani non sia solo in relazione a popoli affetti dalla carestia o dalla guerra, ma che l’economia ritorni a vibrare a beneficio di tutti, non solo dei più fortunati. Sogno che la guida di questo Paese sia veramente inter-generazionale, e che la politica torni a essere una vocazione, non un’istituzione da colonizzare.
Sogno infatti una classe politico-dirigenziale a livello mondiale che sia capace di prendere le proprie responsabilità con serietà, e di servire il cittadino, ovunque esso sia, con integrità e visione d’insieme.
Sogno il ritorno al dialogo tra cittadini, e tra questi e le istituzioni. Il dialogo vero però, in cui il disaccordo è sugli approcci e non sui fatti, e in cui le divergenze di opinione sono espresse e giustificate alla luce dei meriti dei metodi proposti, e non delle caratteristiche intrinseche a colui (o purtroppo non abbastanza spesso ancora colei) che li porta avanti.
Invece di inveire contro le istituzioni di cui è così facile lamentarsi, sogno di vedere ciascuno di noi ritornare a prendere sul serio il dialogo politico, basato sui dati di fatto, e a riflettere su come, insieme, queste istituzioni tutte si possano riformare per migliorarle.
Sogno di vedere le persone, tra cui noi italiani, che hanno la fortuna di vivere in una società giusta e libera, apprezzare una vita in cui carestie e guerre non sono che ricordi di tempi remoti, anziché dare questa fortuna per scontata. Sogno piuttosto di vederci tutti quanti difendere la giustizia a spada tratta e supportare quei popoli che, invece, subiscono guerre e miserie giornalmente.
Qualcuno dirà che questi non sono sogni ma sono illusioni. Io non sono d’accordo.
Nella mia professione credere nell’impossibile, mettere le cose in prospettiva, e non perdere di vista gli obiettivi, anche se spesso questi sembrano irraggiungibili o troppo lontani, sono requisiti fondamentali della capacità di agire e di operare quotidianamente. Una visione ad ampio raggio non è solo una questione di buon sen- so, ma una vera e propria tecnica di sopravvivenza.
Ammiro coloro i quali, per esempio, hanno consapevolezza indiscussa del fatto che il progresso verso ciò cui tutti aspiriamo richieda molto tempo, ma nonostante ciò lottano senza sosta affinché un giorno davvero possiamo vivere una realtà in cui i diritti e la libertà del singolo siano rispettati, in cui la violenza gratuita in ogni sua spregevole forma sia ripudiata, e in cui la dignità umana sia riconosciuta come sacra.
Ammiro coloro i quali non perdono di vista i propri sogni a lungo termine, poiché per loro diventa più comprensibile, o forse più accettabile, il fatto che ogni piccola vittoria e ogni piccola inevitabile sconfitta del presente siano esperienze essenziali da apprezzare e accettare se si sposa una visione incrementale di Successo.
Ammiro chi ha il coraggio dei principi, chi non getta la spugna, chi crede, e chi si batte.
Ammiro soprattutto chi ha consapevolezza del fatto che non si possa perdere di vista il passato, poiché questo orienta le scelte presenti, e immancabilmente influenza quelle future. Questa è una lezione che credo, purtroppo, in molti dobbiamo ancora imparare.
Tendiamo troppo spesso a dimenticare, per esempio, che, in soli 70 anni, l’Europa, dall’essere un continente devastato dalla guerra sia divenuta, seppur con tutte le sue pecche, l’esperimento d’integrazione politico ed economico forse più di successo nella storia dell’umanità. Un esperimento che oggi permette a ciascuno di noi di vivere e lavorare a nostro piacimento in 28 Paesi, che costituisce la terza economia mondiale, e che oltre al 15% delle merci e dei servizi al mondo, esporta anche il 50% di aiuti allo sviluppo e sicurezza internazionale, e costituisce la fetta più grossa di fondi contro il cambiamento climatico.
O tendiamo a dimenticare che le pluralità di organizzazioni internazionali che abbiamo costruito dalla fine della seconda guerra mondiale hanno contribuito in maniera incredibile a sollevare la condizione del genere umano.
Spesso mi pare dimentichiamo che è grazie a queste organizzazioni che possiamo adottare approcci olistici e multilaterali a problemi che sono davvero troppo grandi perché siano affrontati da soli, e che l’Italia, come tutte le nazioni, guadagna enormemente dalla sua partecipazione in Europa e nel mondo.
Certo c’è ancora moltissimo da fare, e la strada non è chiara. Però forse, se questo è il caso, sognare è necessario, come forse lo è sbirciare nel passato. Farlo ci aiuterà a vedere che, nel complesso, stiamo molto meglio oggi di come non siamo mai stati. E se qualcosa non ci va a genio e vogliamo cambiarla, teniamo a mente che la giustizia è l’unica forma di lotta sostenibile, e che sta a tutti noi, nessuno escluso, partecipare attivamente al contratto sociale.