La libertà di informazione non è mai stata sotto minaccia come oggi. Si riassume in questa frase il rapporto 2017 di Reporters sans Frontieres, l’organizzazione internazionale che ogni anno fa il punto sullo stato di salute dell’informazione nel mondo. Se la situazione appare “difficile” o “molto grave” in 72 paesi, la ragione è individuata in vari fattori: gli attacchi contro media e giornalisti da parte di “uomini forti”, come Donald Trump e Recep Erdogan; il sistematico discredito verso i giornalisti che anima le battaglie di movimenti anti-sistema, come il britannico Ukip di Nigel Farage, ma anche il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che preferisce parlare attraverso il suo blog piuttosto che affrontare le domande “fastidiose” dei giornalisti.
Ma a minacciare la libertà di stampa è soprattutto la crisi della “verità”, che ha fatto parlare di era delle fake news e della post-verità. Un tema fondamentale perché la ricerca della verità è la base del giornalismo e del suo rapporto di fiducia con i lettori. E non è solo questione di internet e social media, come alcuni vorrebbero fare credere. Già nel 1920, Walter Lippmann, nel saggio "Liberty and the News", aveva posto in stretta correlazione “verità” e “libertà”, “libertà” e “democrazia”. Ecco perché la verità conta: senza di essa non c’è libertà, non solo per i giornalisti, ma anche per i cittadini. La verità è la base sulla quale si fondano l’informazione e le democrazie.
Dunque, se nel 2016 la libertà di stampa è retrocessa in tutto il mondo una responsabilità va sicuramente ascritta alle fake news. Reporters sans Frontieres individua nel presidente Usa Donald Trump il massimo alfiere di questa campagna mondiale di discredito nei confronti dei media e dei giornalisti. “Le diatribe ripetute di Donald Trump che qualificano il quarto potere (la stampa) e i suoi rappresentanti tra gli 'esseri umani più disonesti del mondo' per diffondere 'notizie false' ha posto fine alla lunga tradizione statunitense di lotta a favore dell'informazione”. Nella classifica gli Usa sono quindi scesi al 43esimo posto (erano al 41esimo).
L'atteggiamento di Trump è considerato da RSF molto pericoloso: accusando la stampa di pubblicare notizie false, “Trump non solo compromette una lunga tradizione statunitense di lotta a favore della libertà di espressione”, ma contribuisce a “disinibire gli attacchi contro la stampa nel mondo”. Così, nell'era della post-verità, “nulla sembra frenare la retrocessione nelle democrazie” della libertà di stampa e Paesi considerati da sempre come “virtuosi” fanno passi indietro: non solo gli Stati Uniti, ma anche il Regno Unito.
In un contesto generale preoccupante, l'Italia riesce a compiere un importante balzo in avanti di 25 punti, collocandosi al 52esimo posto (era 77esima). La risalita è imputata da MSF anche “all’assoluzione di diversi giornalisti, fra i quali i due processati nel caso Vatileaks”. Altro fattore che ha contribuito al miglior posizionamento è senza dubbio l'introduzione del Foia (Freedom of Information Act). "E' importante che questo avanzamento del nostro Paese riguardi l'anno in cui è stato introdotto in Italia il Foia", commenta Federico Anghelé campaginer di Riparte il futuro. "L'accesso agli atti è un'arma straordinaria in mano ai giornalisti (e ai cittadini) per permettere loro di condurre battaglie di informazione libera. Questo provvedimento, sulla carta, ha avvicinato l'Italia agli oltre 90 Paesi del mondo che già avevano adottato un accesso libero ai dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni".
Un miglioramento della situazione della stampa in Italia arriva nonostante ancora oggi siano sei i giornalisti sotto scorta “perché minacciati di morte dalla mafia o da gruppi fondamentalisti”. “Il livello di violenza contro i giornalisti (intimidazioni verbali e fisiche, provocazioni e minacce) è allarmante, soprattutto nel momento in cui politici come Beppe Grillo, del Movimento 5 Stelle, non esitano a fare pubblicamente i nomi di giornalisti che a loro non piacciono”. La risposta di Grillo non si è fatta attendere, sempre rigorosamente via blog: "Oggi ho scoperto di essere io la causa del problema di libertà di stampa in Italia", scrive Grillo. "Io pensavo che fosse perché i partiti politici con la lottizzazione si sono mangiati la Rai piazzando i loro uomini nel management e nei telegiornali e dicendo loro che cosa dire e che cosa non dire. Pensavo che fosse per i giornalisti cacciati dai programmi Rai o per le minacce del partito di governo a quelli che sono indipendenti, come Report. Pensavo che fosse perche' in Italia non ci sono editori puri e meta' delle tv generaliste le controlla il capo di Forza Italia e perche' la tessera numero uno del Pd controlla il secondo giornale piu' diffuso in Italia. No, la colpa e' mia" ripete sarcastico.
Per quanto riguarda la classifica generale, la Finlandia dopo sei anni cede il primo posto alla Norvegia, per scendere al terzo con la Svezia al secondo posto. Ventuno invece i Paesi classificati come “neri”. Tra questi, in cui la libertà di stampa è definita “molto grave”, il Burundi (160), l’Egitto (161) e Bahrein (164). Ultima assoluta, al 180esimo posto, si colloca la Corea del Nord, preceduta da Turkmenistan e Eritrea. Male anche Messico (147) e la Turchia (155). Nel Paese guidato con pugno di ferro da Erdogan, “decine di giornalisti sono arrestati senza processo rendendo la Turchia la più grande prigione al mondo per i professionisti dei media”.