Prima del 1948 la Palestina era molto diversa. Lo dimostrano alcune mappe, risalenti al mandato britannico, che la biblioteca nazionale israeliana ha recentemente digitalizzato. Un grande patrimonio cartografico che mostra come il territorio, oggi caratterizzato da continui scontri e numerosissimi morti, abbia subito una profonda trasformazione dal punto di vista geografico e umano rispetto a settant’anni fa. Una collezione, di dominio pubblico, che oggi non è più un insieme di fogli svolazzanti, difficili da decifrare e mettere insieme, ma una testimonianza che può essere navigata, vissuta e integrata con altri dati e documenti dell’epoca. Tutto grazie a un progetto che si chiama Palestina Open Maps, capace di unire tecnologia e narrazione immersiva.
L’importanza di Palestina Open Maps
Si tratta di una piattaforma “aperta” che dà cioè la possibilità a tutti di poter esaminare, e condividere, il suo contenuto. Le mappe descrivono confini geografici che non esistono più, città e villaggi, strade e collegamenti che la guerra ha cancellato. E non si tratta di un patrimonio piccolo.
Come ricorda Al Jazeera in un’altra piattaforma interattiva, si parla di 530 villaggi distrutti durante la costituzione dello stato di Israele. Con oltre 700mila palestinesi costretti ad abbandonare la loro casa per divenire rifugiati in terra straniera. Palestina Open Maps permette di capire cos’è successo a quei 530 villaggi prima dei fatti del 1948. Sono stati abbandonati? Sono stati rasi al suolo o sono diventati la base per la nascita di comunità ebraiche? Dove erano collocati? Basta digitare dall’elenco il nome di un centro abitato, disponibile in una comoda lista, per scoprire qual è stato il suo destino.
Non è la prima volta che questi fatti vengono messi a disposizione del popolo della rete. L’associazione no-profit Zochrot, ad esempio, aveva mappato in un solo documento tutti questi villaggi fornendo agli utenti informazioni e numeri. Ma è la prima volta che questa mappatura viene fatta usando più di 200 fogli cartografici originali, digitalizzati in alta definizione per essere liberamente consultati da chiunque.
Chi c’è dietro all’iniziativa
Il progetto è stato ideato da Ahmad Barclay, architetto e designer di Beirut, e portato avanti grazie ad una collaborazione tra Visualizing Palestine e lo Studio X Amman della Columbia University: “Mostrare i villaggi che sono stati distrutti o abbandonati su uno schermo attraverso le mappe significa che quello che è successo è inconfutabile”. Il livello di dettaglio delle mappe è accuratissimo e molti elementi topografici, come i confini di proprietà, sono facilmente distinguibili. Il passo successivo, a cui il team sta lavorando, è renderle ora scaricabili. Ma c’è un altro obiettivo più ambizioso che Barclay, ovvero sostenere le rivendicazioni che i palestinesi possono avanzare su territori, da cui provenivano genitori e nonni, e che oggi sono in mano altrui.