Ci sono quattro isole nel Mar del Giappone che sono da molti decenni oggetto di contesa tra Tokyo e Mosca. Dal 2013, scrive Al Jazeera, Putin e Abe si sono incontrati 25 volte senza riuscire a superare una situazione di stallo che perdura dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Kunashir, Iturup, Shikotan e Habomai, che fanno parte del vasto arcipelago delle Curili, tra la penisola della Kamčatka e la grande isola di Hokkaido, sono attualmente occupate dalla Russia ma rivendicate aspramente dal Giappone.
Perché sono così importanti?
Partiamo da un fatto: non si tratta di luoghi particolarmente accoglienti o dediti al turismo di massa. Il clima è particolarmente rigido, gli spostamenti difficili e irregolari, la tecnologia limitata e i terremoti (con tsunami annessi) fin troppo frequenti. Un attento reportage è stato fatto da Eugene Kaspersky, qualche anno fa, e racconta, gettando uno sguardo su tre piccole città, cosa vuol dire trovarsi in quella parte così inospitale di mondo.
(fonte Wikipedia)
La loro rilevanza sta nel ruolo strategico che rivestono in termini di geopolitica e materie prime e nel rapporto di forza che intercorre tra due paesi che storicamente mal si sopportano. La Russia non vorrebbe cedere le isole perché teme che il governo di Abe possa stringere un accordo con Washington e permettere di costruire delle basi militari agli americani. Una cosa che Mosca ha già fatto durante gli anni. L’arcipelago, inoltre, garantisce un accesso sicuro all’Oceano Pacifico attraverso il mare di Okhotsk.
Poi ci sono le risorse naturali. Il vulcano Kudryavy, uno dei più grandi, è una fonte significativa di Renio, elemento poco diffuso nel mondo e ritenuto assai prezioso da entrambi i governi. Infine c’è la produzione di uova di pesce, anche di contrabbando, che frutta ricavi e garantisce reddito a gran parte della scarsa popolazione presente, poco meno di 20 mila individui.
Una storia di trattati e e disconoscimenti
Abitate dalla popolazione indigena Ainu, le isole divennero oggetto di disputa tra i due Paesi nel diciannovesimo secolo. Il primo tentativo di redimere la questione fu ratificato nel 1855 attraverso il trattato di Shimoda dove, nero su bianco, si decise che la sovranità dei quattro territori più prossimi al Giappone venisse concessa a Tokyo. Le restanti isole vennero invece assegnate alla rivale occidentale. Vent’anni, dopo, nel Trattato di San Pietroburgo, la Russia confermò di rinunciare a Kunashir, Iturup, Shikotan e Habomai in cambio del controllo totale dell’isola di Sachalin, ritenuta più preziosa. Dopo la guerra tra i due imperi, e la disfatta russa, nel Trattato di Portsmouth venne confermata al Giappone l’influenza sulle Curili, insieme alla metà dell’isola di Sachalin e il protettorato della Corea. Siamo nel 1905, il momento in cui il braccio di ferro sembra favorire il paese orientale.
Tutto cambia però nel ventesimo secolo. Le guerre totalitarie sorridono all’allora Unione Sovietica che, approfittando degli accordi di Yalta e dell’impegno di entrare in guerra contro il Giappone a fianco degli alleati, ottenne il lasciapassare per occupare militarmente le quattro isole. L’8 settembre del 1951, a San Francisco, 49 paesi firmano un trattato di pace con il Giappone che mise fine ai conflitti con Tokyo.Tra quei firmatari però non c’è l’URSS. Il motivo sono proprio le isole Curili che, estromesse dagli accordi, rimangono terreno di disputa. I nipponici, che continuano a chiamarle “Territori del Nord”, non sono più costretti a riconoscere la sovranità russa e iniziano a rivendicare il Trattato di Shimoda come unico vero atto da adottare sulla questione.
La dichiarazione congiunta Sovietico-Giapponese,dell’ottobre 1956 fu l'ultima occasione per superare lo stato di guerra che vedeva coinvolti i due paesi da 11 undici anni. Al suo interno si provava, per l’ennesima volta, a risolvere anche il problema delle Isole Curili: Mosca avrebbe riconosciuto la sovranità giapponese su due isole, Habomai e Shikotan, rimandando l’ufficializzazione del passaggio in un futuro trattato di pace. Dopo oltre 60 anni quel trattato di pace non è ancora stato firmato e le isole continuano a dividere i due governi e i due popoli. Tutto questo nonostante i tentativi di avvicinamento nei decenni seguenti da parte di figure preminenti come Gorbachev e Eltsin da una parte e il padre di Shinzo Abe, Shintaro, ex ministro degli esteri, dall'altra.
Ancora in alto mare
Nonostante l’intensificazione degli incontri tra i due leader, Putin e Abe, la vicenda non sembra vicina a trovare una soluzione. Lo scorso dicembre, dopo l’incontro con il suo omologo giapponese, il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov aveva alzato la voce invitando il Giappone a smettere di chiamare le isole come “territori del nord” e chiedendo, con un velo d’ironia, perché il Giappone fosse “l’unico Paese al mondo a non accettare i risultati della seconda guerra mondiale nella loro interezza”.
Recenti sondaggi, come riporta Bloomberg, dimostrano altresì che nessuno dei due popoli è disposto a fare un passo indietro. I giapponesi non si accontenterebbero, in vista di un possibile compromesso, di avere indietro solo due isole mentre l'opinione pubblica russa è contraria a cedere qualsiasi territorio. Domenica scorsa, infatti, 500 manifestanti si sono radunati in piazza Suvorovskaya, appena fuori dal centro di Mosca, per dire no a qualunque tipo di cessione di sovranità. Per diversi analisti, infatti, concedere le isole al Giappone significherebbe aprire a richieste simili da parte di altre nazioni come la Finlandia o la Polonia e, contemporaneamente, vedere l’influenza militare di Washington allargarsi verso il nord del Giappone. La visita di Abe a Mosca di questi giorni, prima del trasferimento a Davos, rischia quindi di essere l’ennesimo nulla di fatto.