Il tono è stato quello dell'appello ai mafiosi di Giovanni Paolo II ad Agrigento, da lui stesso reiterato più volte. Ma certo ha fatto impressione che sia stato pronunciato in Vaticano nella Sala Clementina e non nella Valle dei Templi o sulla spianata di Sibari. "A quanti abusano dei minori vorrei dire: convertitevi e consegnatevi alla giustizia umana, e preparatevi alla giustizia divina", ha chiesto Papa Francesco agli ecclesiastici che si sono macchiati del grave crimine degli abusi sui minori, ai quali nel discorso alla Curia Romana ha ricordato le parole di Cristo: "Chi scandalizzerà anche uno solo di questi piccoli che credono in me, gli conviene che gli venga appesa al collo una macina da mulino e sia gettato nel profondo del mare. Guai al mondo per gli scandali! E' inevitabile che vengano scandali, ma guai all'uomo a causa del quale viene lo scandalo!'".
L'occasione dell'incontro per lo scambio degli auguri con vescovi e prelati della Curia Romana è servita anche ad un altro importante chiarimento: "Alcuni anche all'interno della Chiesa, si infervorano - ha lamentato il Papa - contro certi operatori della comunicazione, accusandoli di ignorare la stragrande maggioranza dei casi di abusi, che non sono commessi dai chierici della Chiesa, e di voler intenzionalmente dare una falsa immagine, come se questo male avesse colpito solo la Chiesa Cattolica. Invece io vorrei ringraziare vivamente quegli operatori dei media che sono stati onesti e oggettivi e che hanno cercato di smascherare questi lupi e di dare voce alle vittime. Anche se si trattasse di un solo caso di abuso, che rappresenta già di per sé una mostruosità, la Chiesa chiede di non tacere e di portarlo oggettivamente alla luce, perché lo scandalo più grande in questa materia è quello di coprire la verità".
"È innegabile - infatti - che alcuni responsabili, nel passato, per leggerezza, per incredulità, per impreparazione, per inesperienza o per superficialita' spirituale e umana hanno trattato tanti casi senza la dovuta serieta' e prontezza. Cio' non deve accadere mai più", ha denunciato Bergoglio alla Curia Romana. "Questa - ha scandito - è la scelta e la decisione di tutta la Chiesa".
Svendono per denaro l'unità della Chiesa
Ma c'è stata anche un'altra forte denuncia di Papa Francesco nel discorso natalizio alla Curia Romana. Il Pontefice ha pronunciato parole molto dure, infatti, pur senza citare direttamente il caso, riguardo al tentativo di fare pressione su di lui per farlo dimettere, con quel dossier preparato dall'ex nunzio in Usa Carlo Maria Viganò con accuse sostanzialmente false, che è solo la punta dell'iceberg. Papa Francesco ha definito tali vicende "un'altra afflizione", e si è soffermato "sull'infedeltà di coloro che tradiscono la loro vocazione, il loro giuramento, la loro missione, la loro consacrazione a Dio e alla Chiesa; coloro che si nascondono dietro buone intenzioni per pugnalare i loro fratelli e seminare zizzania, divisione e sconcerto; persone che trovano sempre giustificazioni, perfino logiche e spirituali, per continuare a percorrere indisturbati la strada della perdizione".
"Questa - ha osservato - non è una novità nella storia della Chiesa". In merito Francesco ha citato "Sant'Agostino che parlando del buon grano e della zizzania, afferma: "Credete forse, fratelli miei, che la zizzania non possa salire fino alle cattedre episcopali? Credete forse che essa sia solo nei ceti inferiori e non in quelli superiori? Volesse il cielo che noi non fossimo zizzania! Anche sulle cattedre episcopali c'è il frumento e c'è la zizzania; e tra le varie comunità di fedeli c'è il frumento e c'è la zizzania". "Le parole di Sant'Agostino - ha aggiunto - ci esortano a ricordare il proverbio: 'la strada dell'inferno è lastricata di buone intenzioni'; e ci aiutano a capire che il Tentatore, il Grande Accusatore, è colui che divide, semina discordia, insinua inimicizia, persuade i figli e li porta a dubitare. In realtà".
Il Papa ha poi evocato la figura di Giuda Iscariota, "un altro scelto dal Signore che vende e consegna alla morte il suo maestro. Davide peccatore e Giuda Iscariota saranno sempre presenti nella Chiesa, in quanto rappresentano la debolezza, che fa parte del nostro essere umano". "Sono icone - ha detto il Papa - dei peccati e dei crimini compiuti da persone elette e consacrate. Uniti nella gravità del peccato, si distinguono tuttavia nella conversione. Davide si pentì affidandosi alla misericordia di Dio, mentre Giuda si suicido'". "Tutti noi quindi - ha spiegato - per far risplendere la luce di Cristo, abbiamo il dovere di combattere ogni corruzione spirituale, che "è peggiore della caduta di un peccatore, perché si tratta di una cecità comoda e autosufficiente dove alla fine tutto sembra lecito: l'inganno, la calunnia, l'egoismo e tante sottili forme di autoreferenzialità, poiché anche Satana si maschera da angelo della luce".
La richiesta ai dipendenti: siate santi, non sparlate
"Una cosa che ci fa tristi ed è amara? Il chiacchiericcio contro i colleghi. Per favore non parlate male, non dite 'quello mi è odioso' ma pregate per lui. Questo distrugge tutto in un ufficio. Servono amicizia, spontaneità, non sparlare", ha detto invece Papa Francesco ai dipendenti del Vaticano, con i quali dopo il drammatico discorso ai vescovi e cardinali ha scambiato gli auguri di Natale in un clima di grande gioia. "C’è una bella medicina - ha spiegato il Papa nell'Aula Nervi gremita di collaboratori laici e loro familiari - per non sparlare: mordersi la lingua, così non sparlerai. Conosco alcuni di voi che sono un esempio di vita, lavorano con serenità".
"Naturalmente - ha aggiunto - lavorare ha sempre una parte di fatica, è normale. Ma se ciascuno riflette un po’ della santità di Gesù, basta poco, un piccolo raggio, un sorriso, un’attenzione, una cortesia, un chiedere scusa, allora tutto l’ambiente del lavoro diventa più “respirabile”, non è vero? Si dirada quel clima pesante che a volte noi uomini e donne creiamo con le nostre prepotenze, le chiusure, i pregiudizi, e si lavora anche meglio, con più frutto".
Secondo il Papa, del resto, "anche negli ambienti di lavoro esiste la santità della porta accanto". "Anche qui in Vaticano? Certo, io posso testimoniarlo: questo - ha ricordato - è ormai il mio sesto Natale da vescovo di Roma, e devo dire che ho conosciuto diversi santi e sante che lavorano qui. Di solito sono persone che non appaiono, semplici, modeste, ma che fanno tanto bene nel lavoro e nei rapporti con gli altri. E sono persone gioiose; non perché ridono sempre, no, ma perché hanno dentro una grande serenità e sanno trasmetterla agli altri".