Saranno 36 i ragazzi di tutto il mondo che parteciperanno al Sinodo dei vescovi come “auditores”, cioè con diritto di parola ma non di voto. “Sono stati selezionati – ha detto il cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale – giovani tra i 18 e i 29 anni, che contribuiranno con la loro vivace presenza a far sentire la voce di tanti loro coetanei”. In precedenza la categoria veniva riservata ai laici impegnati nei settori pastorali più interessati dal tema sinodale, ed è previsto che possano essere fino a 50, in questo caso gli adulti saranno solo 13 specialisti ed operatori della pastorale giovanile, che si sommano ai 23 esperti, designati in virtù delle loro competenze scientifiche, per contribuire ai lavori sinodali in qualità di collaboratori dei Segretari Speciali.
La scelta è dunque quella di dare il più ampio spazio possibile alle opinioni dei giovani, come è stato fatto anche con il questionario preparatorio, con il pre Sinodo celebrato a Roma con il Papa, che era loro riservato, ed è stata la prima volta che un Sinodo è stato preceduto da un’assemblea di questo tipo. Inoltre è prevista all’interno dei lavori sinodali una giornata aperta a tutti i ragazzi che potranno parteciparvi in Aula Nervi. Mentre, ha detto Baldisseri, “ogni giorno un giovane parlerà all’Assemblea Sinodale con una sua testimonianza”. L’intento, cioè, è di non parlare dei giovani per sentito dire: i vescovi vogliono ascoltarli.
Per la prima volta inoltre parteciperanno al Sinodo che inizia mercoledì prossimo anche due vescovi della Repubblica Popolare Cinese. “Sempre venivano invitati, ma questa volta c’è stato un ‘accordo provvisorio’ e potranno venire”, ha annunciato Baldisseri presentando i lavori dell’Assemblea dei vescovi che sarà dedicata al tema dei giovani. “Sono in viaggio verso Roma monsignor Giovanni Battista Yang Xaoting e monsignor Giuseppe Guo Jincai”, ha reso noto il portavoce vaticano Greg Burke. “Sono stati invitati dal Papa – ha ripetuto il cardinale Baldisseri – e la loro presenza è la conseguenza, non diretta, dell’accordo provvisorio firmato pochi giorni fa. In precedenza, vescovi cinesi erano stati invitati ai Sinodi ma non erano potuti venire”.
I nuovi rapporti con Pechino
Si tratta di due novità rilevanti decise da Francesco, che di fatto hanno cambiato la storia della Chiesa in questi giorni (gli stessi descritti dai media come quelli della crisi del Pontificato a causa della richiesta di dimissioni del Papa avanzata dall’ex nunzio in Usa, l’arcivescovo Carlo Maria Viganò, vicino all’inquietante Steve Bannon e al pittoresco cardinale tradizionalista Raymond Leo Burke).
Questi stessi personaggi hanno strumentalizzato alcuni esponenti della Chiesa cinese sotterranea contro l’accordo che tende finalmente a normalizzare i rapporti, come chiarisce il Papa in un messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale in cui entra nei dettagli del documento congiunto. “Negli ultimi tempi, sono circolate tante voci contrastanti sul presente e, soprattutto, sull’avvenire delle comunità cattoliche in Cina”, riconosce il Papa nella Lettera.
“Sono consapevole che un tale turbinio di opinioni e di considerazioni possa aver creato non poca confusione, suscitando in molti cuori sentimenti opposti. Per alcuni, sorgono dubbi e perplessità; altri hanno la sensazione di essere stati come abbandonati dalla Santa Sede e, nel contempo, si pongono la struggente domanda sul valore delle sofferenze affrontate per vivere nella fedeltà al Successore di Pietro. In molti altri, invece, prevalgono positive attese e riflessioni animate dalla speranza di un avvenire più sereno per una feconda testimonianza della fede in terra cinese”.
“È una la chiamata ecclesiale a farsi pellegrini sui sentieri della storia, fidandosi innanzitutto di Dio e delle sue promesse, come fecero Abramo e i nostri Padri nella fede”, ha tuttavia spiegato Francesco. “Abramo, chiamato da Dio, obbedì partendo per una terra sconosciuta che doveva ricevere in eredità, senza conoscere il cammino che gli si apriva dinnanzi. Se Abramo avesse preteso condizioni, sociali e politiche, ideali prima di uscire dalla sua terra, forse non sarebbe mai partito. Egli, invece, si è fidato di Dio, e sulla sua Parola ha lasciato la propria casa e le proprie sicurezze. “Non furono dunque i cambiamenti storici a permettergli di confidare in Dio, ma fu la sua fede pura a provocare un cambiamento nella storia”.
La riforma del Sinodo
Nei giorni immediatamente precedenti all’accordo con Pechino, Papa Francesco ha pubblicato una Costituzione Apostolica che riforma profondamente il Sinodo dei vescovi e in conseguenza di ciò l’organizzazione stessa della Chiesa Cattolica.
Grazie alle decisioni del Papa nella “Episcopalis Communio, sulla struttura del Sinodo dei Vescovi, questo organismo post conciliare diventa flessibile per la composizione e i tempi di convocazione, e diventa obbligatoria la consultazione popolare preliminare. Ma soprattutto il documento finale di ogni futura Assemblea, a cominciare da questa sui giovani, può diventare direttamente impegnativo per tutta la Chiesa: il Pontefice infatti potrà concedere di volta in volta il carattere deliberativo all’Assemblea Sinodale, che finora, a norma del Diritto Canonico, era soltanto consultiva. Questo perché, come si legge nel documento stesso pubblicato dalla Santa Sede, “un Vescovo che vive in mezzo ai suoi fedeli ha le orecchie aperte per ascoltare ‘ciò che lo Spirito dice alle Chiese’”, e per questo “il Sinodo dei Vescovi deve sempre più diventare uno strumento privilegiato di ascolto del Popolo di Dio”.
“La storia della Chiesa testimonia ampiamente l’importanza del processo consultivo, per conoscere il parere dei Pastori e dei fedeli in ciò che riguarda il bene della Chiesa. È così di grande importanza che, anche nella preparazione delle Assemblee sinodali, riceva una speciale attenzione la consultazione di tutte le Chiese particolari”, proclama il nuovo documento. “Gerarchica comunione” è una espressione che appare come una contraddizione in termini, ma il contesto del documento sembra significare che tra il Papa ed il Sinodo si stabilisce una collocazione allo stesso livello gerarchico, e non più un rapporto di subordinazione.
Il vero potere del Sinodo
Questa nostra interpretazione incontra già certamente dei dissensi, ma si deve considerare che tra le materie attribuite alla competenza del Sinodo rientra la “riforma delle strutture ecclesiastiche”; questo significa – né più né meno – che gli viene attribuito un potere costituente. La Costituzione materiale, negli Stati, si definisce come l’insieme delle norme che stabiliscono la composizione ed il funzionamento degli organi che ne esercitano il potere. Il Sinodo non si limita dunque ad elaborare il Magistero, ma può cambiare le modalità con cui si esercita il potere ecclesiastico.
“Questo – commenta il giurista Mario Castellano esperto sull’America Latina - non era stato neanche teorizzato in precedenza. Il richiamo agli Stati Generali che si trasformano, mediante un atto rivoluzionario, in Costituente, ci pare dunque del tutto appropriato. Per quanto invece riguarda la dottrina, si riconosce che il Sinodo ha già dato ‘impulso al successivo magistero pontificio’. Di conseguenza, non risulta necessario in questo campo un accrescimento della sua competenza.
Questo conferma ‘a contrario’ la novità introdotta in materia di attribuzione dell’esercizio del potere nella Chiesa”.
“Vi è poi – spiega lo studioso - una ulteriore conferma della trasformazione della Chiesa in senso ‘parlamentare’, laddove si afferma che ‘ciascun Vescovo possiede simultaneamente e inseparabilmente la responsabilità per la Chiesa particolare affidata alle sue cure spirituali e la sollecitudine per la Chiesa universale’. La nostra Costituzione stabilisce che ciascun membro del Parlamento rappresenta l’intera Nazione. Analogamente, da ora in avanti, ciascun Vescovo rappresenta la Chiesa universale”.