I vescovi francesi hanno deciso di modificare la formula liturgica del “Padre Nostro”, la preghiera principale dei cristiani, quella dettata da Gesù nel Vangelo, per renderla più coerente con la fede nella paternità di Dio. La nuova versione francese infatti non include più il passaggio "ne nous soumets pas à la tentation" - "non indurci in tentazione" - che è stato sostituito con una versione ritenuta più corretta: "ne nous laisse pas entrer en tentation", "non lasciarci entrare in tentazione". “La frase attuale lasciava supporre che Dio volesse tentare l'essere umano mentre Dio vuole che l'uomo sia un essere libero”, ha spiegato il vescovo di Grenoble, monsignor Guy de Kerimel, ricordando che il cambio ufficiale è avvenuto domenica 3 dicembre. Anche in Italia, nella versione della Bibbia della Cei (2008), il passo "et ne nos inducas in tentationem" è tradotto con "e non abbandonarci alla tentazione"; l'edizione del Messale Romano in lingua italiana attualmente in uso (1983) non recepisce però il cambiamento. Ma adesso è il Papa a sostenere pubblicamente che si deve cambiare.
“’Non c’indurre in tentazione’. Qui… ci sono degli amici magari non credenti, o anche credenti, che tante volte mi chiedono: ‘Don Marco, ma può Dio indurci in tentazione?’”, ha chiesto don Marco Pozza a Papa Francesco nell’intervista che gli ha concesso proprio sul Padre Nostro, che sta andando a puntate su TV2000 ed è raccolta anche in un libro edito da Rizzoli. “Questa è una traduzione… non buona. I francesi hanno cambiato adesso il testo con una traduzione [buona]: ‘Non lasciarmi cadere in tentazione’, perché sono io a cadere in tentazione, ma non è Lui che mi butta in tentazione per poi vedere come sono caduto. No, un Padre non fa questo, un padre ti aiuta a rialzarti subito. Quello che ti induce alla tentazione è Satana. Questo è l’ufficio di Satana”, ha chiarito Papa Bergoglio.
I colpi di freno del cardinale Sarah
Alla necessità di adeguare le formule liturgiche alla migliore comprensione del Vangelo si perviene progressivamente grazie agli studi esegetici ma anche ad una accresciuta consapevolezza sulla dignità della persona umana: basti pensare alla pena di morte che appena trent’anni fa era prevista come una possibilità dal Catechismo della Chiesa Cattolica (e Wojtyla e Ratzinger faticarono non poco a farla espungere e condannarla in modo definitivo e infallibile). Ma sistematicamente la Congregazione vaticana per il culto e la disciplina dei sacramenti, guidata dal capofila dei tradizionalisti della Curia Romana, il cardinale guineiano Robert Sarah, si opponeva a queste modifiche. Così Papa Francesco ha deciso che la Congregazione dei vescovi perda il potere di revisione sulle traduzioni locali dei testi liturgici. Una decisione che Francesco ha poi spiegato in una lettera al cardinale africano Robert Sarah che è ormai il capofila dei tradizionalisti: “il processo di tradurre i testi liturgici rilevanti (ad esempio formule sacramentali, il Credo, il Pater noster) in una lingua, dalla quale vengono considerati traduzioni autentiche, non dovrebbe portare ad uno spirito di ‘imposizione’ alle Conferenze Episcopali di una data traduzione fatta dal Dicastero, poiché ciò lederebbe il diritto dei Vescovi sancito nel Diritto Canonico, in analogia con con quanto stabilito circa la versione della Sacra Scrittura che non necessita di confirmatio da parte della Sede Apostolica”.
“Sulla responsabilità delle Conferenze Episcopali di tradurre ‘fideliter’, occorre precisare che il giudizio circa la fedeltà al latino e le eventuali correzioni necessarie, era compito del Dicastero, mentre ora la norma concede alle Conferenze Episcopali la facoltà di giudicare la bontà e la coerenza dell’uno e dell’altro termine nelle traduzioni dall’originale, se pure in dialogo con la Santa Sede”, scrive Papa Francesco in una lettera al cardinale Sarah, che in diversi interventi pubblici aveva invitato a non tener conto della decisione del Papa che in pratica ha esautorato il suo dicastero. “Ho ricevuto la sua lettera del 30 settembre, con la qualche Ella ha voluto benevolmente esprimermi la sua gratitudine per la pubblicazione del Motu Proprio ‘Magnum Principium’ e trasmettermi una elaborata nota sullo stesso finalizzata a una migliore comprensione del testo”, esordisce Francesco che subito aggiunge: “nel ringraziarla sentitamente per l’impegno e il contributo, mi permetto di esprimere semplicemente, e spero chiaramente, alcune osservazioni sulla sopramenzionata nota che ritengo importanti soprattutto per l’applicazione e la giusta comprensione del Motu Proprio e per evitare qualsiasi equivoco”.
Il Papa rintuzza esplicitamente la tesi di Sarah: “Risulta inesatto attribuire alla confirmatio la finalità della recognitio (ossia ‘verificare e salvaguardare la conformità al diritto’)”. “Certo – conclude – la confirmatio non è un atto meramente formale, ma necessario alla edizione del libro liturgico “tradotto”: viene concessa dopo che la versione è stata sottoposta alla Sede Apostolica per la ratifica dell’approvazione dei Vescovi, in spirito di dialogo e di aiuto a riflettere se e quando fosse necessario, rispettandone i diritti e i doveri, considerando la legalità del processo seguito e le sue modalità”.