"Non ci sono privilegi su questo tema dei minori. In Argentina dei privilegiati diciamo: questo è un figlio di papà. Ecco, su questo tema non ci saranno figli di papà. È un problema molto grave. Su questo si deve andare avanti con tolleranza zero", aveva promesso Papa Francesco nel 2014 tornando da Gerusalemme, affermando che "un sacerdote che compie un abuso, tradisce il corpo del Signore. Il prete deve portare il bambino o la bambina alla santità. E questo si fida di lui. Invece di portarlo alla santità, lui lo abusa. È gravissimo. È come fare una messa nera! Invece di portarlo alla santità lo porti a un problema che avrà per tutta la vita". Ebbene il Papa ha mantenuto la parola e per la prima volta (dal 1927) ha tolto la berretta a un cardinale accusato di un abuso su un adolescente che sarebbe avvenuto 45 anni fa a New York.
"Nella serata di ieri è pervenuta al Santo Padre la lettera con la quale il cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington, ha presentato la rinuncia da membro del Collegio Cardinalizio. Papa Francesco ne ha accettato le dimissioni da cardinale ed ha disposto la sua sospensione dall’esercizio di qualsiasi ministero pubblico, insieme all’obbligo di rimanere in una casa che gli verrà indicata, per una vita di preghiera e di penitenza, fino a quando le accuse che gli vengono rivolte siano chiarite dal regolare processo canonico”, rende noto infatti un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede.
Sono quattro i cardinali accusati di pedofilia
Il cardinale McCarrick – già in pensione da anni – era stato sospeso dalle sue funzioni episcopali in attesa che la sua posizione si chiarisca. Ora la decisione di toglierlo - su sua richiesta - dal Collegio cardinalizio testimonia la veridicità delle accuse, arrivate in effetti anche da altri seminaristi dell'epoca, e il fatto che Francesco mantiene fede al suo impegno di "tolleranza zero" riguardo agli abusi. "Non ci saranno figli e figliastri", aveva detto ai giornalisti, e così è stato.
Con McCarrick - ricorda il sito specializzato Vaticaninsider - sono diventati quattro i porporati nominati durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II coinvolti in abusi (in tutto 231, creati nel corso di 9 concistori). Il primo è stato l’arcivescovo di Vienna Hans Hermann Groer: nominato a sorpresa quale successore del cardinale Franz König nel 1986, elevato alla porpora nel 1988, costretto a lasciare la guida della diocesi nel 1995 in seguito ad accuse di aver abusato, molti anni prima, alcuni seminaristi minorenni.
Il secondo è stato il cardinale Keith O’Brien, arcivescovo di Saint Andrews ed Edimburgo (Scozia), elevato alla porpora nel 2003, ritiratosi nel 2013 alla soglia del 75 anni senza partecipare al conclave perché accusato di aver abusato reiteratamente, negli Ottanta e Novanta, di due seminaristi e un prete (maggiorenni) Il porporato scozzese ammise le sue responsabilità dicendo: “Ci sono stati momenti in cui la mia condotta sessuale è stata sotto gli standard a me richiesti in quanto sacerdote, arcivescovo e cardinale”.
Il terzo è il cardinale George Pell, prefetto della Segreteria per l’Economia, che si sta difendendo in Tribunale, in Australia, dall’accusa di aver abusato di minori. E ora si aggiunge McCarrick.
Il caso Billot, un gesuita anticoncordatario
In realtà, a quanto si evince dal comunicato di oggi, il provvedimento preso nei confronti dell'ex arcivescovo di Washington è più duro e definitivo. Mentre a O'Brien e Groer venne consentito di restare cardinali pur perdendone tutte le prerogative, a Mc Carrick è toccato di condividere, seppure per ragioni ben diverse, la sorte del porporato francese Louis Billot, che fu convocato in Vaticano il 13 settembre 1927 e ricevuto in udienza dal Papa.
Nella Curia Romana era ben noto il carattere irascibile di Pio XI e la sua tendenza a trattare anche i cardinali con molta severità e si aspettavano un acceso confronto nello studio papale. Al contrario l'udienza fu stranamente breve e silenziosa. Pochi minuti dopo il suo ingresso, Billot uscì dalla sala senza zucchetto, anello e croce pettorale: aveva rinunciato alla dignità cardinalizia, indignato dalla dura presa di posizione del pontefice e della Segreteria di Stato contro l'Action française. Le sue dimissioni furono accettate il 21 successivo dal Papa.
Il Popolo d’Italia scrisse che il cardinale che aveva posto in San Pietro la tiara sul capo del neo-eletto pontefice Pio XI il 12 febbraio 1922 (era stato proprio Louis Billot a farlo) rimetteva ora nelle mani dello stesso Pontefice la porpora e il cappello, tornando allo stato di semplice religioso. E ciò piuttosto che ritrattare la sua manifesta simpatia per l’Action Française di Charles Maurras, condannata nel 1926 dall’allora regnante Pio XI. Morì come semplice sacerdote gesuita il 18 dicembre 1931 all'età di 85 anni nei pressi di Roma.
Come si ricorderà il cardinale oggi “scardinalato” era stato sospeso dal ministero a motivo di un processo canonico su un presunto abuso su un minore avvenuto quasi cinquant’anni fa a New York : nel corso della vicenda è stata reso ufficialmente pubblico che il porporato, da vescovo, aveva molestato sessualmente alcuni seminaristi maggiorenni e alcuni sacerdoti. Un atteggiamento divenuto abbastanza noto nell’entourage e tra il clero delle diocesi che McCarrick ha guidato (ci furono risarcimenti), ma che non ne ha frenato l’ascesa alla guida della Chiesa della capitale federale e al cardinalato.
Le dure parole del cardinale O'Malley
"Queste accuse – scrive il cardinale Saan Patrick O’Malley, presidente della Commissione anti-abusi, che da religioso cappuccino aveva collaborato con la diocesi di Washigton per la pastorale dei migranti – sono comprensibilmente fonte di grande delusione e rabbia per molti. Questi casi, che coinvolgono un cardinale, devono essere considerati alla luce degli ultimi due decenni di esperienza fatta dalla Chiesa con i casi di abuso sessuale del clero. È mia convinzione che a questo punto sono necessarie tre azioni. Primo, una valutazione rapida e corretta delle accuse; secondo, una verifica dell’adeguatezza dei nostri standard e delle nostre politiche nella Chiesa ad ogni livello, specialmente nel caso dei vescovi; e terzo, comunicare in modo più chiaro ai fedeli cattolici e a tutte le vittime il processo per portare avanti denunce nei confronti di vescovi o cardinali. Non prendere queste iniziative minaccerà e metterà in pericolo la già indebolita autorità morale della Chiesa e può distruggere la fiducia richiesta alla Chiesa per guidare i cattolici ed avere un ruolo significativo nella più ampia società. In questo momento non c’è imperativo più grande per la Chiesa che saper rispondere responsabilmente in queste materie, che – conclude O’Malley – porterò con urgenza e preoccupazione nel mio prossimo incontro con la Santa Sede". Non ce ne è stato bisogno. Papa Francesco ha usato la ramazza, come doveva.
"Molte autorità della Chiesa avevano ricevuto diversi avvisi sul comportamento del cardinale. Le diocesi locali erano state informate, il nunzio papale a Washington sapeva e persino a Benedetto XVI era stato detto", ricorda invece l’editoriale dedicato da America, la rivista dei gesuiti statunitensi, al caso dell’ arcivescovo emerito di Washington.
"È vero – si legge nell’editoriale – che nessuno dei precedenti rapporti di abuso riguardano presunti comportamenti criminali con minori, ma si trattava di fatti abbastanza noti e il cardinale McCarrick avrebbe dovuto essere chiamato a rendere conto del terribile abuso del suo ministero e della sua autorità. La Chiesa e i suoi leader dovrebbero vergognarsi della loro incapacità». La rivista dei gesuiti fa anche una sorta di autocritica – merce davvero rara di questi tempi – affermando: 'Né i media, compresi noi, nei media cattolici (il cardinale McCarrick è stato amico di lunga data di questa rivista e ha tenuto l’omelia durante la nostra celebrazione del centenario nel 2009), può essere assolto dalla responsabilità per aver mancato di prendere sul serio queste voci e altre voci e rapporti, come era richiesto. Indicare la responsabilità solo della gerarchia è di per sé ipocrita".
L'estate caldissima del Vaticano
"La Chiesa – afferma l’editoriale – non può fingere che si tratti di un incidente isolato. Sono molto i probabili rapporti simili che coinvolgono altri vescovi e leader della Chiesa che hanno abusato della loro autorità o hanno commesso reati sessuali che sono stati ignorati negli ultimi decenni. Mentre le società di tutto il mondo fanno i conti con il dispiegarsi del movimento #MeToo e le vittime di abusi sessuali e molestie trovano le loro voci, la Chiesa non deve fingere che questo sia soltanto un episodio deplorevole che presto sarà finito".
L'estate 2018 appare dunque "caldissima" sul fronte della lotta alla pedofilia nella Chiesa. Abbiamo avuto nelle scorse settimane la rimozione del vescovo di Adelaide in Australia e la condanna penale, al Tribunale Vaticano, del diplomatico della Santa Sede, monsignor Carlo Alberto Capella, che ha ammesso gravi delitti compiuti su Internet, ma soprattutto Papa Francesco ha accettato lo scorso giugno le dimissioni di tre dei 35 vescovi del Cile che avevano messo a disposizione il loro incarico a seguito dello scandalo pedofilia, che ha fatto emergere responsabilità della Gerarchia locale che non ha preso i necessari provvedimenti per tutelare i minori e aiutare le vittime ad avere giustizia.
Tra loro c’è anche il vescovo di Osorno, monsignor Carlos Barros, le cui dimissioni sono arrivate dopo anni di pressione dell’opinione pubblica essendo egli figlio spirituale di padre Fernando Karadima, il sacerdote condannato per numerosi stupri.
Francesco, che era stato ingannato da vescovi e curiali sulla situazione del Cile, dopo aver mandato l'arcivescovo di Malta ed ex pg Vaticano Charles E. Scicluna a verificare la realtà orrenda che veniva celata anche dai cardinali Errazuriz Ossa e Ezzati, ha anche incontrato in Vaticano le vittime cilene degli abusi e su questi incontri ha poi scritto un documento di altissimo valore morale per "ringraziare la perseveranza e il coraggio di tutte loro. Questo ultimo tempo, è tempo di ascolto e discernimento per arrivare alle radici che hanno permesso che tali atrocità si producessero e si perpetuassero, e così trovare soluzioni allo scandalo degli abusi non con strategie meramente contenitive – imprescindibili però insufficienti – ma con tutti i mezzi necessari per poter assumere il problema nella sua complessità”. “Durante gli incontri con le vittime – rivela il Papa – ho constatato come la mancanza di riconoscimento e di ascolto delle loro storie, come pure il riconoscimento e l’accettazione degli errori e delle omissioni in tutto il processo, ci impedisce di andare avanti”.