Certo la visita di Francesco in Perù sarà ricordata per l’abbraccio con i popoli nativi dell’Amazzonia e la forte denuncia contro il nuovo colonialismo che sta spegnendo il “polmone verde del mondo”, che ha pronunciato il Papa a Puerto Maldonado. Ma c’è stato sulla spianata di Huanchaco, antica città Incas, perla di una splendida regione affacciata sul Pacifico, un altro gesto altrettanto significativo e coinvolgente, anche se i media (salvo qualche eccezione) non se ne sono accorti: Francesco ha letto ad alta voce il commovente elenco dei titoli attribuiti alla Vergine in questa zona dell’America Latina, quella che lasciando il Cile aveva chiamato “la Patria grande” perché ha un’unica cultura ed è dunque un’unica nazione anche se per il fallimento del progetto di Simon Bolivar è suddivisa in tanti stati (come hanno voluto gli ex coloni, antenati dell’attuale oligarchia economica).
Ad ogni titolo mariano l’immensa folla presente ha applaudito: "Bienvenida - ha detto il Papa - a la Inmaculada Virgen de la Puerta, a la Santísima Cruz de Chapón de Chiclayo, al Señor Cautivo, a la Virgen de las Mercedes, reliquias de los mártires de Chimbote, el Divino Niño del Milagro, la Virgen Dolorosa de Cajamarca, San Jorge de Cajamarca, la Virgen de la Asunción, la Inmaculada Concepción de Chota, Ntra Sra de Algragracia, San Francisco de Asís de Huamachuco, Santo Toribio de Mogroviejo, la Virgen Asunta de Chachapollas y al apóstol Santiago de Chuco".
Quel ritrovarsi uniti nella devozione mariana fa dell’America Latina un unico popolo al di là delle provenienze etniche. E se le ferite di un territorio, il Nord del Perù, devastato da catastrofi naturali e oppresso dal giogo della malavita e di un sottosviluppo che non riesce a superare a causa della corruzione di molti suoi governanti, continuano a sanguinare, come di fatto accade, lì in quella spianata gremita di popolo tutti hanno compreso che solo la fede dei latinoamericani nella Vergine può sanarle.
La rivoluzione sotto il manto della Vergine
“Madonnina della porta, dammi la tua benedizione. Madonnina della porta, dacci pace e tanto amore”: con le parole di una antica preghiera popolare che testimonia l’immensa fede di questo Paese nella Vergine e nella sua tenerezza, Papa Francesco ha esortato i cattolici del Perù a diventare “partecipi dell’azione divina, quella che ci descrive l’apostolo Giovanni quando ci mostra Dio che asciuga le lacrime dei suoi figli. E quest’opera divina Dio lo compie con la stessa tenerezza di una madre che cerca di asciugare le lacrime dei suoi figli”. “Com’è bella la domanda che ci farà il Signore: quante lacrime hai asciugato oggi?”, ha esclamato Bergoglio. Qui al Nord del Perù sono ancora aperte le ferite dal duro colpo del ‘Nino costiero’, l’uragano il cui bilancio è arrivato a 145 morti, 18 scomparsi, 438 feriti, oltre 235 mila che hanno perso la casa e più di un milione di persone colpite, come riporta Fides.
“Nel momento di oscurità, quando avete sentito il colpo del Nino, in queste terre - ha riconosciuto Francesco - hanno saputo mettersi in movimento e aiutarsi come veri fratelli”.Secondo il Papa, “l’anima di una comunità si misura da come riesce ad unirsi per affrontare i momenti difficili, di avversità, per mantenere viva la speranza”. Ma ci sono "altre tempeste – ha elencato Francesco parlando sulla spianta di Huanchaco - che possono sferzare queste coste e, nella vita dei figli di queste terre, hanno effetti devastanti. Tempeste che ci interpellano anche come comunità e mettono in gioco il valore del nostro spirito. Si chiamano violenza organizzata, come il ‘sicariato’ e l’insicurezza che esso crea; la mancanza di opportunità educative e di lavoro, specialmente tra i più giovani, che impedisce loro di costruire un futuro con dignità; la mancanza di un alloggio sicuro per tante famiglie costrette a vivere in zone ad alta instabilità e senza accessi sicuri; come pure tante altre situazioni che voi conoscete e soffrite, che come le peggiori inondazioni abbattono la mutua fiducia, tanto necessaria per costruire una rete di sostegno e di speranza”.
Anche nello storico incontro a Puerto Madonado con i rappresentanti dei popoli nativi dell’Amazzonia (Harakbut, Esse-ejas, Matsiguenkas, Yines, Shipibos, Asha'ninkas, Yaneshas, Kakintes, Nahuas, Yaminahuas, Juni Kuin, Madija', Manchineris, Kukamas, Kandozi, Quichuas, Huitotos, Shawis, Achuar, Boras, Awaju'n, Wampi's, tra gli altri) Francesco ha criticato "la devastazione della vita che viene provocata con l’inquinamento ambientale causato dall’estrazione illegale” mentre avanza “la tratta di persone: la mano d’opera schiavizzata e l’abuso sessuale. La violenza contro gli adolescenti e contro le donne è un grido che sale al cielo: Dov’è tuo fratello? Dov’è il tuo fratello schiavo? Non facciamo finta di niente. Ci sono molte complicità. La domanda è per tutti!”.
Preservare con l’ambiente anche i valori delle popolazioni native americane
Un invito a non sentirsi orfani della “Madre di Dio” il Papa lo ha pronunciato anche a Puerto Maldonado, nel cuore dell’Amazzonia. Una richiesta che assorbe e sintetizza sia l’aspetto della forte denuncia, fatta dal Papa, dei danni del nuovo colonialismo che sta depredando quel territorio così decisivo per i destini del mondo, sia l’indicazione che ha offerto di una linea per il riscatto delle popolazioni native attraverso una valorizzazione delle loro culture, un impegno che ha chiesto alla Chiesa Cattolica in primo luogo (con il Sinodo sull’Amazzonia).
“Probabilmente i popoli originari dell’Amazzonia non sono mai stati tanto minacciati nei loro territori come lo sono ora”, ha proclamato Francesco in risposta al grido di dolore lanciato dai rappresentanti dei popoli nativi riuniti al Coliseo. Il Papa li ha abbracciati con commozione dopo averli ascoltati e le foto che lo riprendono mentre stringe a se quegli indios nudi, con il volto disegnato e un piccolo osso che gli pende dal naso faranno certo il giro del mondo. Ma al Papa importa il cambiamento più della sua immagine. Così nel pomeriggio di venerdì, ha pronunciato al Palazzo del Governo di Lima parole severissime nei confronti “delle estrazioni minerarie irregolari” che in Amazzonia “sono diventate un pericolo che distrugge la vita delle persone”, mentre “le foreste e i fiumi vengono devastati con tutta la loro ricchezza”. Secondo il Papa, tutto questo processo di degrado implica e alimenta organizzazioni al di fuori delle strutture legali che degradano tanti nostri fratelli sottomettendoli alla tratta – nuova forma di schiavitù –, al lavoro irregolare, alla delinquenza… e ad altri mali che colpiscono gravemente la loro dignità e, insieme, quella di questa nazione”.
Un cambiamento urgente, di tipo anche morale, quello invocato dal Papa. In molti paesi ed anche in Perù, infatti, “il degrado dell’ambiente, purtroppo, è strettamente legato al degrado morale delle nostre comunità”. Dunque, “non possiamo pensarle come due questioni separate”: accanto alla distruzione dell’ecosistema si insinua infatti un’altra forma – spesso sottile – di degrado ambientale che inquina progressivamente tutto il tessuto vitale: la corruzione”. “Quanto male – ha rilevato il Papa – procura ai nostri popoli latinoamericani e alle democrazie di questo benedetto continente tale virus sociale, un fenomeno che infetta tutto, e i poveri e la madre terra sono i più danneggiati. Ciò si può fare per lottare contro questo flagello sociale merita il massimo della considerazione e del sostegno; e questa lotta ci riguarda tutti”.