"Tutto ciò che si fa per sradicare la cultura dell'abuso dalle nostre comunità senza una partecipazione attiva di tutti i membri della Chiesa non riuscirà a generare le dinamiche necessarie per una sana ed effettiva trasformazione". Dopo 20 anni di una lotta intrapresa da Giovanni Paolo II e portata avanti da Papa Ratzinger tocca a Francesco fare questa amara constatazione. La lotta agli abusi se muove solo dai vertici e coinvolge unicamente il clero è destinata a non incidere.
Dal Papa chiamato "quasi dalla fine del mondo" arriva invece una proposta che vuole coinvolgere l'intero Popolo di Dio, laici compresi, nella lotta alla pedofilia nella Chiesa.
Ci vuole l’impegno di tutti
Si tratta di una nuova modalità operativa basata sul coinvolgimento dei fedeli, che il Pontefice ha tratteggiato nella "Lettera al Popolo di Dio" da lui scritta lunedì 20 agosto con evidente indignazione che scaturisce dal Rapporto pubblicato in Pennsylvania sui crimini di oltre 300 religiosi pedofili. Indignazione che suscitano al Papa e a tutti noi anche i vescovi che non hanno compiuto il loro dovere per proteggere i bambini.
Si tratta di una declinazione concreta della Teologia del popolo, quella visione che spinge i pastori a camminare non sempre davanti al gregge ma anche accanto alle pecore o dietro fidandosi del loro fiuto, il "sensum fidei". È un rifiuto forte del clericalismo che rappresenta invece l'humus degli abusi nella Chiesa, economici, di potere o sessuali che siano (e in effetti spesso questi comportamenti si verificano insieme.
La “Teologia del popolo” è uno dei temi più originali di questo Pontificato
Francesco ha colto dunque in questa evenienza drammatica degli abusi un aspetto provvidenziale che rinvia all’esperienza della Chiesa latinoamericana così come la Teologia della Liberazione messa all’indice dall’allora cardinale Joseph Ratzinger, che dovette poi recuperarne i valori da Papa.
Benedetto XVI, infatti, nel 2007 si recò ad Aparecida, in Brasile, dove era riunito l’Episcopato dell’America Latina e relatore di quell’Assemblea era il cardinale di Buenos Aires Jorge Mario Bergoglio, che spiegò: “la spiritualità popolare è una strada originale sulla quale lo Spirito Santo ha condotto e continua a condurre milioni di nostri fratelli. Non si tratta soltanto di manifestazioni di religiosità popolare che dobbiamo tollerare, si tratta di una vera spiritualità popolare che deve essere rafforzata secondo le sue proprie vie”.
Come dire: il popolo è detentore della verità in quanto il Vangelo è incarnato nel suo cuore.
“Dopo Aparecida - ha poi spiegato Bergoglio, da Papa, nella prefazione al libro ‘Introduzione alla teologia del popolo’ del teologo argentino Ciro Enrique Bianchi, pubblicato da Emi - non possiamo più trattare la pietà popolare come la Cenerentola di casa. Non è la Cenerentola della casa”. Perché i fedeli più semplici “non sono quelli che non capiscono, quelli che non sanno”.
“Mi dispiace - ha confidato Francesco - quando qualcuno dice: ‘Quelli dobbiamo educarli’. Ci perseguita sempre il fantasma dell’Illuminismo, quel riduzionismo ideologico-nominalista che ci porta a non rispettare la realtà concreta. E Dio ha voluto parlarci tramite realtà concrete”.
Oggi invece è dai laici, ragiona il Papa, che potrà arrivare aiuto a questa Chiesa ferita dalla sua stessa corruzione. "Proviamo vergogna - confida infatti Francesco - quando ci accorgiamo che il nostro stile di vita ha smentito e smentisce ciò che recitiamo con la nostra voce. Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscendo la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonato i piccoli".
In proposito Bergoglio ripete anche le parole dell'allora cardinale Ratzinger quando, nella Via Crucis scritta per il Venerdì Santo del 2005, si unì al grido di dolore di tante vittime e con forza disse: "Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a Lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore".
Digiuno e preghiera per implorare perdono da quelle vite distrutte
"Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l'anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciuto la gravità cadendo nella complicità", ribadisce Papa Bergoglio con le parole più commoventi del documento.
"Che il digiuno e la preghiera aprano le nostre orecchie al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili. Digiuno che ci procuri fame e sete di giustizia e ci spinga a camminare nella verità appoggiando tutte le mediazioni giudiziarie che siano necessarie.
Un digiuno che ci scuota e ci porti a impegnarci nella verità e nella carità con tutti gli uomini di buona volontà e con la società in generale per lottare contro qualsiasi tipo di abuso sessuale, di potere e di coscienza”, auspica Francesco che ricordando come Dio abbia voluto “entrare in una dinamica popolare”, affida la lotta alla pedofilia all’intero Popolo di Dio che attraverso “il digiuno e la preghiera” dovrà aiutare la Chiesa intera (finora spesso insensibile al tema, ammette implicitamente il Papa) ad aprirsi “al dolore silenzioso dei bambini, dei giovani e dei disabili”.