“I vostri giovani avranno visioni e i vostri anziani faranno dei sogni”. La profezia di Gioele, più volte evocata da Papa Francesco nelle omelie di Santa Marta, si attaglia molto bene alle Giornate Mondiali della Gioventù che vedono milioni di ragazzi rapportarsi tra loro e con un uomo anziano che annuncia loro il Vangelo.
L’anno scorso a Cracovia, come nel 2013 al lungomare di Copa Cabana, ad abbracciarli è stato Papa Francesco. Prima di lui Benedetto XVI che si è rivolto ai giovani dal battello di Colonia e poi da quello di Sydney (immagine che ricorda Gesù che parla alla folla dalla barca sul Lago di Tiberiade, in occasione del Discorso della Montagna) ovvero nella spianata dei Quatros vientos, a Madrid, mentre si placava una vera e propria tempesta metereologica (il che evoca ancora Gesù sul Lago).
Forse l’immagine più straordinaria è però quella della grande catena umana che nel 1997 cinse Parigi, con Giovanni Paolo II ai piedi della Torre Eifell che si univa prendendo per mano i ragazzi. E poi la folla straordinaria di Manila nel ’95 (4 milioni di giovani) e ancora l’incontro di Czestochowa nel ’91, primo raduno giovanile davvero libero in un Paese che fino ad allora era stato oltre la Cortina di Ferro.
Tutto questo è la Gmg, a detta di molti, la più bella invenzione di Papa Wojtyla che invece affermava: “Sono i giovani stessi che hanno inventato la GMG”. Ma accanto ai giovani protesi all’ascolto del Papa (in particolare a quelli italiani), in questi 30 anni c’è stato sempre anche lui, don Domenico Sigalini, prima responsabile del Servizio Nazionale delle Pastorale Giovanile in Italia e poi assistente nazionale dell’Azione Cattolica e infine vescovo di Palestrina, incarico che ha lasciato proprio l’ultimo giorno di luglio, avendo ormai compiuto i 75 anni.
I ricordi di don Sigalini
“Nella fase iniziale - racconta il vescovo, che è stato direttore del Snpg dal 1993 al 2001 - ho cominciato a tessere una serie di rapporti, conferenze e incontri con diocesi e movimenti fino a organizzare la partecipazione alla Gmg di Denver (Usa), nell’agosto 1993, cui seguirono quelle di Manila, Parigi, Toronto e di Roma nel 2000. Sentire, mettere in comunicazione e poi formare - continua il vescovo - sono state le parole chiave di quegli anni. Bisognava anche ragionare sulle Gmg per far sì che i traguardi raggiunti sia nella preparazione che nella partecipazione non si disperdessero nel dopo; le Giornate dovevano entrare nella pastorale ordinaria”.
“Giovanni Paolo II ha fatto dei giovani il punto focale del suo apostolato, riunendo attorno a loro le autorità politiche, religiose e le istituzioni culturali”. Ormai “la storia è segnata”, ricorda Sigalini per il quale Papa Wojtyla ha impresso una svolta nella storia del mondo giovanile. Anche e soprattutto con l’intuizione delle Gmg. “La sua è stata una scommessa: dal 1984 è partita questa proposta e Giovanni Paolo II ha fatto di tutto per iscriverla nella progettualità ordinaria”, osserva il vescovo che a buon diritto può essere considerato un testimone privilegiato dei raduni mondiali. A partire da quello di Denver nel 1993 non ne ha perso uno, sotto la sua guida è nato il Servizio Nazionale per la pastorale giovanile e nel 2013 ha potuto accompagnare a Rio un gruppo di ragazzi prenestini.
Il Papa polacco “è stato il fondatore delle Gmg, ma - ricorda Sigalini - già con Paolo VI la Giornata delle Palme veniva dedicata ai giovani. Benedetto XVI le ha sposate in pieno ed è così anche con Francesco”. Per il vescovo emerito di Palestrina, “questo è un cammino bello di Chiesa, dove ognuno passa il testimone al successore e lo arricchisce dei suoi doni”. A noi pastori, spiega, spetta “la responsabilità di accompagnare i giovani e dare loro la possibilità di esprimere una fede riscoperta o approfondita nel panorama universale della Gmg. E che è a loro congeniale: del resto, i ragazzi sono cittadini del mondo e non cittadini di sacrestia”.
Un professore di matematica che seguiva i ragazzi anche in discoteca
Don Sigalini, originario di Dello, piccolo centro di circa 5mila abitanti nella provincia di Brescia, ha sempre avuto due passioni: il dialogo con i ragazzi (con i quali nelle Gmg condivideva anche il fatto di dormire in tenda, mentre a Brescia è stato uno dei primi sacerdoti a girare di sabato nelle discoteche per rivolgere ai giovani l’invito ad andare a messa il giorno dopo) e la matematica per la quale ha da sempre una grande passione, tanto da essersi iscritto già prete alla all’Università degli Studi di Milano per conseguire la laurea nel 1971.
E proprio matematica Sigalini ha insegnato per 20 anni al seminario di Brescia dove è stato anche vice rettore, svolgendo inoltre diversi altri ruoli all’interno della diocesi sempre in maniera eccezionale, tant’è che il suo operato non risultò indifferente ai vertici della Chiesa italiana. Così, nel 1991, viene chiamato a Roma per un ruolo di grande prestigio e al contempo di grande responsabilità: dirigere il Servizio Nazionale per la pastorale giovanile della Conferenza Episcopale Italiana. Inoltre, Giovanni Paolo II lo fece inserire nel comitato organizzativo delle Gmg, partendo da Denver e passando da Manila e tante altre fino ad arrivare a quella del 2000 a Tor Vergata, che don Dmenico ha organizzato in prima persona.
In seguito a Sigalini venne affidato un altro ruolo di prestigio, ossia quello di occuparsi dell’Azione Cattolica con la mansione di vice assistente ecclesiastico. Un compito che porterà avanti per cinque anni, fino a che non gli arrivò l’inattesa nomina a vescovo di Palestrina, con uno degli ultimi decreti firmati da Wojtyla. Tuttavia nell’anno 2007, per espresso volere di Benedetto XVI, pur mantenendo la cattedra di Palestrina ritornerà a occuparsi dell’Azione Cattolica, in particolare nel ruolo di assistente ecclesiastico generale divenendo un punto di riferimento per tutto il movimento a livello nazionale. Un incarico che ha portato avanti per setti anni, ossia fino al 2014, per poi passare ad occuparsi della Commissione Episcopale delle Migrazioni.
Nel 2011 Sigalini è stato vittima di un terribile incidente che lo ha visto scivolare e cadere in un dirupo nel corso di un pellegrinaggio. La Vergine in quel caso lo ha protetto con il suo manto, tanto che don Domenico ha superato l’incidente senza alcune conseguenze seppur dopo mesi di degenza in ospedale.
Ora come vescovo emerito potrà rigettarsi a capofitto nella pastorale giovanile, anche tornando a girare per le discoteche: a 75 anni un prete aperto come lui può fare ancora moltissimo bene. E non disdegnerà forse di dare anche qualche lezione di matematica nei doposcuola delle parrocchie che gli chiederanno una mano.