Come sta la Curia Romana? È ancora piena di "coloro che corteggiano i superiori, vittime del carrierismo e dell’opportunismo e vivono il servizio pensando unicamente a ciò che devono ottenere e non a quello che devono dare"? "Persone meschine, ispirate solo dal proprio fatale egoismo", le aveva definite Papa Francesco in un famoso discorso di auguri natalizi ai suoi collaboratori, nel dicembre 2014. "Quando ognuno pensa solo a se stesso e perde la sincerità e il calore dei rapporti umani. Quando il più esperto non mette la sua conoscenza al servizio dei colleghi meno esperti. Quando, per gelosia o per scaltrezza, si prova gioia nel vedere l’altro cadere invece di rialzarlo e incoraggiarlo", disse in quell'occasione elencando ben 15 malattie dei curiali, la più grave delle quali probabilmente riguarda "l’appartenenza al gruppetto diventa più forte di quella al Corpo e, in alcune situazioni, a Cristo stesso. Anche questa malattia inizia sempre da buone intenzioni ma con il passare del tempo schiavizza i membri diventando un cancro”.
Sono passati quasi 4 anni, un tempo sufficiente per chiedersi come stia funzionando la cura di Papa Francesco. Su un punto, tuttavia, la diagnosi resta severa: "la malattia dell’accumulare" che consiste nel "colmare un vuoto esistenziale nel suo cuore accumulando beni materiali, non per necessità, ma solo per sentirsi al sicuro".
I ricchi "epuloni" di oggi? cardinali, vescovi, preti e religiosi
Sì, è il rapporto del clero con il denaro lo scoglio maggiore che incontra il cambiamento voluto da Papa Francesco, che sta per varare la Riforma della Curia Romana (il testo è pronto, ma non è nota la data di pubblicazione) deve nominare il nuovo “sostituto” (Angelo Giovanni Becciu è stato promosso cardinale e da settembre guiderà la Congregazione della Cause dei Santi). Un ruolo chiave: al numero due della Segreteria di Stato in buona sostanza è affidata la gestione pratica di tutta l’attività pontificia, dai viaggi ai discorsi, all'e nomine. Non solo: sono imminenti anche altre designazioni strategiche: mancano il prefetto del dicastero della Comunicazione (don Dario Edoardo Viganò è stato costretto a dimettersi dalle pressioni dei conservatori che si sono fatti scudo del Papa Emerito Joseph Ratzinger) e quello della Segreteria dell’Economia (il cardinale George Pell è rientrato in Australia per difendersi da accuse infamanti).
Sono due dicasteri la cui costituzione ha anticipato di fatto la Riforma, e il fatto che da mesi siano affidati ad interim dice che la Riforma rischia di essere depotenziata.
Inoltre saranno avvicendati il presidente dell’APSA (che è la tesoreria della sede Apostolica) e quello dello IOR (la banca vaticana che dopo tanti scandali sembra essere finalmente in linea con le regole internazionali) cioè gli uomini che hanno in mano i cordoni della borsa. Vacante risulta infine anche l’incarico di revisore generale, una figura ugualmente di recente istituzione, nata però non proprio sotto una buona stella, se il primo a ricoprirla, il professor Libero Milone, ha lamentato di essere stato minacciato di arresto dalla Gendarmeria Vaticana per indurlo a dimettersi.
Episodi che denunciano tutta la difficoltà che Francesco incontra a imporre un cambiamento nel senso di un ritorno alla sobrietà e all’essenzialità. Non a caso appena venerdì scorso il Papa ha rivolto al precedente sostituto, oggi cardinale prefetto per le chiese orientali, Leonardo Sandri, e ad alcuni nunzi apostolici, parole pesantissime sulla condotta morale di molti ecclesiastici evocando la figura evangelica del "ricco epulone", che teneva tutto per sè e negava al prossimo perfino le briciole: “Sono forse non tanti ma ci sono alcuni preti, qualche vescovo e congregazione religiosa che professano la poverta' ma vivono da ricchi".
Il pessimismo di Limes
Secondo Limes, “il minimo che si possa dire è che la Riforma è in un limbo”, per cui in Vaticanbo si vivrebbe in un clima di “frustrazione”, “come dopo un terremoto. Ci sono tende e strutture di primo soccorso. Ma dopo cinque anni le persone si aspettano case normali e non rifugi temporanei”. E, ancora: “La situazione, nelle parole di alcuni dei migliori amici del Papa, rischia di andare fuori controllo… L’impressione è sempre più che la sua rivoluzione sia rimasta in superficie, senza penetrare in profondità nel corpo della Chiesa”. A queste considerazioni ha replicato con forza il vescovo Nunzio Galantino, segretario della Cei e considerato molto vicino a Francesco. “Sulla materia della riforma del governo centrale della Chiesa – emersa già con forza nelle consultazioni che precedettero il Conclave – papa Francesco ha lavorato con alacrità e coraggio, senza mai nascondere le difficoltà”.
Secondo Galantino, “l’azione del Papa si è mossa in tre direzioni, arrivando ad accorpare sotto un’unica regia i Pontifici Consigli che ieri avevano una loro autonomia di struttura; così la costituzione di una Segreteria per la Comunicazione e di un’entità per l’economia. Ci si può, senz’altro, soffermare su ritardi e contraddizioni che segnano il cammino della riforma. Ma nessuno può negare che l’impulso dato dal Santo Padre richiama ad essenzialità evangelica e a spirito di servizio”. E lo stesso Francesco ha parlato con molto realismo della sua Riforma con il vaticanista italo-americano Phil Pulella. “L’Apocalisse - ha osservato - dice che il Signore è alla porta e chiama. Si, chiama perché noi gli apriamo. Ma oggi io credo che il Signore tante volte bussi alla porta perché noi l’apriamo per lasciarlo uscire. Perché noi abbiamo tante volte un Cristo chiuso. Una chiesa che esce, sì, potrebbe avere degli incidenti, ma una Chiesa che è chiusa si ammala. Uscire, uscire con il messaggio: quello è il futuro”.
Più donne perchè la Chiesa sia normale
Inoltre il Papa ha dichiarato a Pulella che intende inserire più donne nella Santa Sede. “Sono d’accordo - ha detto - che devono essere di più. Per mettere una donna vice alla Sala Stampa ho dovuto lottare. Fra i candidati con cui sto parlando per coprire il posto di Prefetto alla Segreteria della Comunicazione c’era anche una donna, ma lei non era disposta perché aveva altri impegni. Sono poche, bisogna metterne di più. Adesso i due Sottosegretari che ho nominato al Dicastero dei Laici, Famiglia e vita sono donne. In questo senso bisogna andare avanti secondo la qualità. Non ho nessun problema a nominare capo-dicastero una donna, se il Dicastero non ha giurisdizione. Quello per il Clero ha giurisdizione, deve essere un vescovo, ma i dicasteri senza giurisdizione sono tanti, anche per quello dell’economia non avrei problemi a nominare una donna competente. Siamo in ritardo, è vero, ma dobbiamo andare avanti. Credo che sarebbe così anche in Curia, se ci fossero più donne anche se qualcuno ha detto che ci sarebbero più chiacchiere. Ma io non credo perché gli uomini anche siamo chiacchieroni”.