“'Dottore, avrei bisogno di vederla'. Il tono della voce è tranquillo, ma avverto una nota di apprensione. Al telefono c’è monsignor Carlo Maria Viganò, l’ex nunzio negli Stati Uniti.
Non nascondo la mia sorpresa. Ci siamo visti qualche volta, in occasione di convegni pubblici, ma non possiamo dire di conoscerci. Mi spiega che è un mio assiduo lettore, che apprezza il mio coraggio e la mia chiarezza, qualche volta unita all’ironia. Lo ringrazio e chiedo: ma perché vederci?
La risposta è che non può dirlo al telefono. Va bene, allora vediamoci, ma dove? Ingenuamente propongo la mia redazione, oppure il baretto a pochi metri, che è la mia redazione bis.
'No, no, per carità. Il più lontano possibile dal Vaticano, lontano da occhi indiscreti'”. Racconta così la consegna a casa sua, davanti a moglie, figli e nipoti, del memoriale sul caso McCarrick il vaticanista del Tg1 Aldo Maria Valli. Sembra l'incipit di una spy story. In realtà il documento ha di clamoroso solo l'appello finale: “In questo momento estremamente drammatico per la Chiesa universale riconosca i suoi errori e in coerenza con il conclamato principio di tolleranza zero, Papa Francesco sia il primo a dare il buon esempio a cardinali e vescovi che hanno coperto gli abusi di McCarrick e si dimetta insieme a tutti loro”.
Una richiesta inusuale
Una richiesta inusuale e abbastanza poco conseguente se si considera che proprio Francesco, con un gesto senza precedenti, ha "scardinalato" l'ex arcivescovo di Washington colpevole di aver sedotto e abusato alcuni seminaristi. Consapevole dei crimini di McCarrick, Benedetto XVI aveva chiesto riservatamente al cardinale di astenersi dalle celebrazioni pubbliche. Provvedimento analogo a quello adottato da San Giovanni Paolo II verso il cardinale austriaco Groer, altro stupratore di seminaristi, mentre per il cardinale scozzese O'Brien, reo di analoghe colpe, la censura fu pubblica con tanto di esclusione dal Conclave 2013 imposta dall'allora Papa dimissionario Ratzinger. Ma O'Brien rimase formalmente cardinale. McCarrick non lo è più. Ed è la prima volta in epoca moderna che ciò avviene: un cambio di passo. Eppure le dimissioni vengono chieste proprio a Papa Bergoglio che a McCarrick la porpora l’ha tolta davvero con un atto pubblicato dalla Sala Stampa quando invece a Groer, ad esempio, fu chiesto solo di restituire anello e croce pettorale attraverso il comune amico cardinale Meisner, senza pubblicità. Ma certo da Jorge Mario Bergoglio si pretende di più. Ovvero la lotta al suo Pontificato riformatore viene ormai portata avanti senza esclusione di colpi.
Torniamo però al vaticanista Valli, che sul suo blog ha rivelato di aver invitato a cena il diplomatico cospiratore e descrive anche cosa gli ha preparato e servito, come se fosse stato testimone, se non coartefice, di un momento storico.
Il racconto ricorda un poco quello che nel libro "Sua Santità. Le carte segrete di Benedetto XVI" ricostruisce il primo incontro tra Gianluigi Nuzzi e il maggiordomo infedele di Ratzinger, Paolo Gabriele, che non per caso aveva trafugato dai cassetti di Ratzinger proprio le denunce dell'allora segretario del Governatorato Carlo Maria Viganò, come ricostruì il processo che ebbe tra i suoi imputati anche il sacerdote e funzionario della Segreteria di Stato, monsignor Carlo Maria Polvani (che fu poi riconosciuto estraneo ai fatti) e che era nipote del denunciante.
Oppositori interni (fino a un certo punto)
Riferendo della clamorosa iniziativa del memoriale di Viganò l'Osservatore Romano usa l'espressione "oppositori interni" (secondo noi piuttosto ben collegati ai teo-con di Bannon, in effetti) alludendo probabilmente al pittoresco cardinale Raymond Leo Burke, amante degli ermellini e della cappa cardinalizia oltre che delle altrettanto settecentesche calze di seta rosse, il quale in un'intervista alla Verità ha confidato candidamente di attendersi che Francesco segua il consiglio di Viganò e si dimetta. Il porporato ha dichiarato infatti “adesso il Papa deve fare chiarezza”. “È un documento sconvolgente – ha affermato Burke – Il Papa deve chiarire la sua posizione ed è giusto che si indaghi secondo le procedure per superare questa crisi. La Chiesa si trova in una situazione gravissima, l’unico modo è andare avanti e purificare la corruzione alla radice".
“Il testo è molto coraggioso e immagino che l’ex nunzio sia ben preparato a rispondere agli attacchi anche personali che potrebbe ricevere”, ha detto inoltre, ricorrendo alla difesa preventiva. Burke va di nuovo all'attacco di Bergoglio con un piglio da "pasdaran" (anche tra i cattolici ci sono integralisti ripete spesso il Papa) come già aveva fatto con i "dubia" che riguardavano la riammissione dei divorziati all'Eucarestia, come se fosse un crimine dare l'Ostia a chi si pente di eventuali peccati passati e vuole essere fedele nel nuovo matrimonio e educare cristianamente i figli. E combatte la sua battaglia senza esclusione di colpi, come ha dimostrato di saper fare quando il Pontefice attuale invece di confermarlo alla Segnatura lo inviò come protettore al super tranquillo (fino ad allora) Ordine di Malta dove Burke è riuscito a provocare una bizzarra rivolta antipapale.
Ma cosa hanno in comune Burke e Viganò? L'amore per i pizzi e i merletti (liturgici) ma anche appunto frustrazione e spirito di rivalsa. È noto in Vaticano, infatti, che monsignor Viganò si aspettava un prestigioso incarico in Curia ed è invece finito in pensione anticipata al termine del suo quinquennio come nunzio apostolico a Washington. Così negli ultimi mesi l’arcivescovo milanese, a suo tempo protagonista di Vatileaks era tornato a puntare il dito contro arcivescovi e cardinali a suo dire corrotti ed ha anche partecipato ad incontri pubblici di ultrà cattolici contrari alle aperture di Papa Francesco.
L'ego smisurato degli amici giornalisti
Viganò e il suo sodale si sono serviti in questo caso di altre frustrazioni, quelle di giornalisti che non si accontentano di riferire. Per questo è stato strategico il giro delle sette case, quelle dei sette colleghi che come Valli utilizzano i loro blog per influenzare e non solo per informare. E che domenica hanno pubblicato simultaneamente l'appello ricevuto da Viganò.
Francesco ha colto nel segno quando ha invitato i giornalisti a giudicare essi stessi il valore di quel documento. Infatti, come ha notato il professor Melloni, se l’ex Nunzio Apostolico “sapeva più di tutti, più di tutti ha taciuto”, e dunque non ha nessun titolo per criticare presunte omissioni da parte del Papa.
Non sfugge ai cospiratori ma forse sfugge ai loro amici giornalisti che la lotta di Francesco è al cancro del clericalismo, cioè a una concezione castale e settaria del Sacerdozio, tale da permettere ai componenti del Clero di commettere abusi senza pagarne le conseguenze, anzi senza rendere conto del proprio comportamento a nessuno: né ai fedeli, né alla giurisdizione canonica, né alla giustizia dello Stato.
Il Vescovo di Roma, secondo Viganò e Burke, dovrebbe farsi da parte per propiziare un Conclave nel quale – annota il professor Melloni – essi si propongono di “agire come blocco”.
Poiché Bergoglio non pare intenzionato né a morire, né a dimettersi, si tenta di realizzare un colpo di Stato nella Chiesa.
Lo sta preparando “il mondo della “destra religiosa” americana ed europea che da quella grande chiazza nera stesa fra Monaco e Budapest, fra Danzica e Roma, sogna di smantellare “l’Europa della pece per farla ritornare la terra degli Dei della Guerra”.
Se il “golpe” fallisce, osserva l'analista Mario Castellano, "rimane la possibilità di ordire uno scisma. Il cui obiettivo consiste precisamente nel costituire una Chiesa che sia ‘instrumentum regni' per chi intende provocare un conflitto, dapprima interno all’Europa Occidentale per imporre dei regimi autoritari e xenofobi, e poi rivolto contro un nemico esterno tale da giustificare una nuova Crociata".