È evidente che Fremantle e Sky si siano ritrovati vagamente in difficoltà quando le pedine della cattedra di XFactor una ad una hanno dato forfait. La scelta dei giudici della tredicesima edizione del talent musicale più importante del palinsesto televisivo italiano - più importante per il semplice fatto che chi partecipa rischia di poter davvero trasformare la propria passione nel proprio mestiere (molto raramente, ma capita - è avvenuta in maniera ragionata ma frettolosa.
Partiamo da un presupposto necessario: XFactor è uno show televisivo dove in primis vanno rispettati certi canoni drammaturgici. Questi ruoli, fino all’anno scorso, sono stati sempre stati disegnati alla perfezione: c’era il giudice esperto/intellettuale, c’era quello più vicino al pubblico dei giovani, c’era quello che badava ad evidenziare più degli altri l’aspetto romantico della narrazione e poi c’era Mara Maionchi.
Target totalmente coperti, il programma funziona per la tredicenne inesperta come per l’hipster più talebano. Anche quest'anno la produzione ha provato a mettere insieme una squadra di questo tipo e sulla carta, perché no, avrebbe anche potuto funzionare. Il problema è sempre lo stesso: è uno show televisivo e i personaggi chiamati in causa in questa edizione sono deboli proprio da quel punto di vista.
Malika, credibile come 'cattiva competente'
Malika Ayane è la vera sorpresa, si siede a quella scrivania come nome più debole - sia detto senza alcun riferimento alla caratura indiscussa dell’artista - e invece sfodera un caratterino che è già diventato il primo motivo per il quale, anche quest’anno, XFactor risulterà divertente da seguire. Blasta che manco Mentana col mal di denti, senza rinunciare a fare la parte della signorina Rottermeier in versione pop, che bada, giustamente, agli aspetti più tecnici delle esibizioni. Fa quello che ci saremmo aspettati da Manuel Agnelli negli ultimi anni: il cattivo, senza pietà. Ci piace assai.
Samuel, in cerca di incisività
Molto meno Samuel, dinanzi al quale noi tutti ci leviamo il cappello per ciò che ha realizzato con i Subsonica, band che ha già anticipato tempi che sono ancora lontani dall’arrivare, ma la tv gli dona tanto quanto. Finora, né carne né pesce. La speranza è che il suo personaggio diventi decisamente più incisivo nelle prossime puntate, ai live, con la scelta dei pezzi e, soprattutto, nel supporto ai concorrenti per quanto riguarda la produzione dei brani. Lì la sua visione electro-illuminata della musica potrebbe risultare molto efficace.
Sfera, simpatico ma non è Fedez
La nota maggiormente dolente è Sfera Ebbasta, su questo non c’è dubbio. Ok, porta una ventata di vaga freschezza a quel tavolo, sdrammatizzando le situazioni sia alla cattedra che nei segmenti tratti dal backstage insieme ai colleghi. Ok, è un personaggio che fa ombra su quella fetta di pubblico molto giovane e in questo senso potrebbe essere un upgrade anche rispetto lo stesso Fedez. Ma la sua visione così social dell’arte della musica, mischiata ad una quasi dichiarata ignoranza in materia, non solo fa perdere di credibilità a tutto il baraccone (perché, diciamocelo, a prescindere da quanto o meno possa piacere la sua musica, cosa può mai avere da insegnare Sfera Ebbasta ad un altro artista?), ma rende anche tutto, di conseguenza, meno interessante.
Durante la prima puntata, a commento di un’esibizione, dichiara, senza vergogna, urbi et orbi, che “al giorno d’oggi la musica non è solo il brano”…”in che senso?” si chiederebbe un giovane e perplesso Carlo Verdone (al tavolo ha risposto per le rime ottimamente la Ayane). Intendiamoci, già da tempo abbiamo capito che è impossibile pensare di sfondare nella musica se non si è cinture nere di Instagram, ma far passare tutto per normale, facendo intendere che si può avere successo con la musica anche senza tenere in considerazione la musica, che la musica possa rappresentare solo un teletrasporto per arrivare ad essere “ricco e famoso”, è per lo meno discutibile.
Mara, una garanzia
In questa situazione decisamente squilibrata ne esce fuori da assoluta vincitrice Mara Maionchi che, e ci fa piacere poterlo scrivere, troviamo in una forma televisiva decisamente più fresca, più viva. A quel tavolo, naturalmente, fa da capoclasse, conosce alla perfezione i tempi del programma e ci sguazza con molta più leggiadria rispetto a come l’avevamo notata durante le ultime due edizioni.
Certo, la vera prova è quella ai live e noi crediamo fermamente sul fatto che continuerà a regalarci le consuete gioie. La verità, ma non ne avevamo dubbi, è che a quel tavolo manchi un Fedez, uno che di questo show televisivo ha dettato le regole, i tempi, le dinamiche; il suo apporto come giudice, anche negli ultimi tempi quando non riusciva più a mantenere pubblico riserbo sulla sua insofferenza, ha sempre ravvivato la situazione, ciò dovuto al fatto che è sempre stato un animale da social, puro entertainment, un ragazzo, anche molto intelligente, cresciuto anche musicalmente davanti ad una telecamera e che ora ne conosce tutti i trucchetti.
Poi c'è Cattelan
Più andremo avanti e più ci mancherà, è sicuro. Lato esibizioni il livello dopo due puntate non è altissimo, anche la scelta dei concorrenti, molti dei quali, ricordiamocelo a scanso di equivoci, sono cercati, convocati dalla redazione e poi mischiati a quelli che effettivamente si presentano alle selezioni; lascia un po' a desiderare, probabilmente perché, anche loro, rimasti troppo incasellati nei ruoli.
Largo spazio alle storie personali, allo show, anche abilmente montato, ma preferiremmo ascoltare più musica e più commenti da parte dei giudici. La ciccia insomma. Il lago di sangue. A legare il tutto poi il sempre bravo Alessandro Cattelan, che abbiamo notato, ma potrebbe essere una nostra impressione sbagliata, vagamente più annoiato rispetto al solito, ma stiamo parlando, come abbiamo più volte scritto, di gran lunga del miglior conduttore della televisione italiana, quindi risulta sempre simpatico e gradevole, moderno e senza sbavature.