Era inevitabile che le proteste fuori dal centro di accoglienza di via dei Codirossoni a Torre Maura si sarebbero trasformate nella solita caciara politica. La scenografia della manifestazione andata in scena prevedeva fumogeni e bandiere tricolore, la coreografia braccia tese, come musica l’inno di Mameli, cantato con il petto gonfio di rabbia, di quel patriottismo declinato in “virtù dei perversi”, come diceva Oscar Wilde, e infine, come testo, quella frase “Fascismo è rivoluzione”.
Una non notizia quasi, se non fosse per la presenza di Simone, 15 anni, che ha avuto il coraggio, a differenza di tanti altri adulti nascosti dietro le tastiere dei social, di affrontare faccia a faccia chi capeggiava la protesta. La discussione nasce probabilmente per caso, quando Marco Antonini, esponente di Casapound, forse durante un’intervista dice :“Qui siamo tutti d’accordo” ed è a quel punto che interviene Simone dicendo: “No, aspetta, io so de Tore Maura e non so d’accordo, o’ posso dì?”.
Antonini lo guarda: “Certo che lo puoi dire, accettiamo il confronto”. Simone ha solo quindici anni e si esprime come quasi la totalità dei ragazzi della sua età, che vengano dai Parioli o dalle borgate, manifesta un’educazione esemplare: “Secondo me, quello che sta a fa' lei, è una leva sulla gente de Tore Maura, er quartiere mio, trasformando questa leva de rabbia per i suoi interessi. Questo secondo me è quello che sta facendo, anche legittimamente”.
La scena è chiara, da un lato Simone, che tenta di far capire il pensiero innocente del ragazzino che è, dall’altro gli adulti: un signore piuttosto perplesso lo guarda a braccia incrociate, una signora fuma avidamente, un altro indossa una felpa “Difendi il tuo quartiere, difendi la tua famiglia” e poi chi gli ha dato parola, un ragazzo che ha certamente il doppio degli anni di Simone; tutti che non sanno come reagire di fronte alla sua innocenza.
Antonini comunque non demorde e chiede “ma tu sei contento che hanno messo 60 Rom qua?”. “A mme sessanta persone nun me cambiano a vita. Il mio problema non è chi mi svaligia casa, il problema mio è che mi svaligiano casa. Se mi svaligia casa un rom tutti glie dovemo annà contro, poi quand’è n’italiano, vabbè, sto pure zitto sul fatto che è italiano. Quindi su sta cosa bisogna annà sempre contro la minoranza, a me non me sta bene che no”.
Nessun adulto sa come fermarlo, anzi, tengono gli occhi bassi e Antonini accenna una risposta: “ti sembrano una minoranza i rom?”, e Simone “è una minoranza che si, semo 60 milioni!”. Game, set, partita per il quindicenne Simone che anche quando Antonini vuole rispondere con la solita supercazzola politica, lui risponde sorridendo “Ma io c'ho quindici anni, che me frega dei fondi. Io parlo de buon senso”.
Da dietro la telecamera che riprende allora arrivano i rinforzi, all’inizio non si vede il volto, si sente solo una voce profonda, Simone ora si rivolge a lui “Secondo me nessuno deve essere lasciato dietro, né gli italiani, né i rom, né gli africani né qualsiasi tipo di persona, perché io so sicuro…”, e la voce profonda, da dietro la telecamera commenta “Te ssei sicuro?”. “Si, posso essè sicuro?”. A questo punto sembra che gli adulti abbiano trovato una falla nella tesi del ragazzo: lui è sicuro, a quindici anni, impossibile.
Così prendono coraggio la donna fumatrice e il tizio che vuole salvare quartiere e famiglia con una felpa: “Tu sei uno su cento” dice lei “siete 10 su 1000” calcola il felpato. “Fatelo parlare” continua Antonini che conduce la discussione, ma Simone incalza: “Almeno io penso, nun me faccio spigne da le cose vostre fatte apposta, poteva veni' qualsiasi partito politico…”, ma lo interrompono, ha pronunciato l’impronunciabile: “partito politico”, così ora la risposta ce l’hanno, bella pronta in tasca, così la signora fumatrice lo prende per un braccio, vuole allontanarlo, inaccettabile che un quindicenne parla di politica, ma il felpato incalza “e quelli della tua fazione politica non vanno…”, ma Simone è un ragazzino sveglio, sa dove vogliono andare a parare e non lo lascia nemmeno finire: “Io non c’ho nessuna fazione politica, io so de Tore Maura che è diverso, io non so de nessuna fazione politica”,.“Ma c’hai quindici anni” sta rispondendo il felpato quando da dietro la telecamera, dito puntato, interviene lui, il vocione di prima, “Tu sei de’ Tore Maura?” mettendo la mano sulla spalla del ragazzo “So de Tore Maura si, Tore Maura doc”, risponde Simone, “Quanti anni c’hai?” gli chiede l’uomo col vocione, piazzando anche la seconda mano sull’altra spalla “Io pure so nato a Tore Maura, come tanta artra ggente”.
Simone vuol dire qualcosa ma col vocione non si scherza “Aho, famme parlà. Qua a Tore Maura non era così. – e il “qua” lo indica proprio con l’indice puntato verso il sacro asfalto della strada - qua a Tore Maura se lasciavano le chiavi ne la toppa de la porta quando tu ancora dovevi nascè – e qui passa ad accarezzare paternamente il viso di Simone come un vecchio nonno che svela la sua verità assoluta – a ricordatelo. Oggi tu’ padre, tu’ madre, comme mme, quando esco da casa me se strigne er buco der culo, e sai pecchè? Pecchè mia figlia c’ha tredici anni, la lascio da sola a casa da le due di notte e mi moglie esce alle quattro e mezza de mattina, attacca alle otto ma deve uscì alle quattro e mezza de matina perché er comune de Roma, qua dentro, a Tore Maura – e continua ad indicare ferocemente l’asfalto con l’indice – nun ce da nessun servizio”.
Al che Simone, con tutto il suo carico di innocenza pone una semplice domanda, la stessa che chiunque sano di mente avrebbe voglia di formulare, con la stessa ironica semplicità “E che è corpa dei Rom?”.
Il video si interrompe con questa domanda, che suona quasi come un’invocazione, che arriva da Simone, si, che in quel momento ci piace pensare, così come testimoniano tra l’altro i commenti al video che sta correndo forte di bacheca in bacheca su Facebook, che possa rappresentare una parte del Paese che sente la necessità di alzare la mano e dire “io non so d’accordo”.