In Italia siamo tutti Koulibaly ma giochiamo la Supercoppa italiana in un paese dove la donna non può assistere alla partita. Ergo, davanti al dio denaro non siamo tutti Koulibaly.
Domanda: che senso ha sensibilizzare con un baffo rosso in faccia l'opinione pubblica italiana contro il femminicidio se poi si gioca la Supercoppa a Jeddah, in un paese cioè dove le donne possono entrare esclusivamente nel settore famiglie perché la loro presenza è possibile "solo se accompagnate"? In questo modo si rischia di dare ragione a chi, un mese fa, diceva che il rossetto sul volto di Ronaldo & C. era solo "chiacchiere e vanità": un modo per alimentare un consenso facile quanto evanescente che metteva a posto le coscienze senza impegnare più di tanto.
Qualcuno dice: ma il calcio non può farsi carico di tutti i problemi del mondo. E aggiunge: allora dovremmo smettere di giocare in Cina, in alcuni paesi dell'Africa, laddove ci sono regimi dittatoriali, dove la violazione dei diritti umani è la prassi, dove ci sono razzismo e torture su donne e bambini e così via. Ragionare in questo modo significa solo non voler affrontare la questione. Generalizzare ed ampliare i problemi è la tecnica vecchia come il mondo per portare avanti lo status quo fingendo di non volerlo fare.
Il calcio può far sentire la sua voce
Naturalmente non si possono addossare al calcio le responsabilità della politica, ma il mondo del pallone può far sentire la sua pesantissima voce là dove è fisiologicamente ascoltata, ovvero negli interessi che sposta nel suo enorme indotto. Non è un modo di dire astratto. Tra pochi anni, cioè nel 2022, la fase finale dei mondiali di calcio si disputerà nel Qatar, un paese che nel recente passato è stato sospettato di aver finanziato gruppi integralisti islamici. Il calcio, pur di essere ricoperto d'oro, ha già accettato di pagare un pesantissimo dazio.
Si giocherà nel periodo di novembre - dicembre invece che nei tradizionali mesi di giugno - luglio, e in stadi dotati di impianti ad aria condizionata. Sarà almeno in grado di chiedere come contropartita, oltre che il denaro, anche che la donna non venga discriminata? Si aggiunge alla motivazione della pari dignità uomo donna, il fatto che ormai nel movimento calcistico mondiale l'importanza del calcio femminile è crescente. Qualsiasi grande club italiano ha anche squadre femminili che partecipano ai rispettivi campionati e, ovviamente, nessuno si meraviglia più che una ragazza giochi a calcio. Da questo punto di vista, grazie al cielo, il gioco del calcio è come l'atletica, il basket, il nuoto, la scherma o la sci: è uno sport per tutti.
Le polemiche sulla finale tutta italiana del 16 gennaio in Arabia Saudita rischiano di essere un mero esercizio di retorica se non ci poniamo i giusti interrogativi sulle condizioni che saranno presenti ai prossimi mondiali in Qatar. Nonostante i titoli dei nostri giornali e le nostre comparsate televisive, tra due settimane a Jeddah le donne potranno andare allo stadio solo se accompagnate. Mettiamoci a lavorare per i mondiali imminenti con determinazione, con la voglia di cambiare le cose e non solo spinti dall'audience e dalla voglia di like.