Il 14 febbraio 2013, nell'ultimo incontro con il clero romano, Papa Benedetto XVI, riferendosi al Vaticano II, parlò di contrapposizione tra "concilio reale" e "concilio virtuale" dove quest'ultima espressione riguardava il concilio dei media, che all'epoca erano i giornalisti.
A poche ore dalla chiusura del Sinodo Amazzonico mi sono tornate alla mente quelle parole del Papa Emerito perché nel giro di soli sei anni l'espressione "sinodo virtuale", adattatissima per quanto accaduto in questi giorni, andrebbe applicata non al Sinodo "dei giornalisti" ma a quello dei social, realtà nuovissima, a quei tempi solo incipiente, con la quale ancora oggi non abbiamo davvero imparato a misuraci. Vedremo come funzionerà l'edicola virtuale di Facebook, il primo tentativo di contrastare la cattiva informazione, ma per ora l'effetto dei social sull'informazione è quasi solo quella di ingigantirne la parte negativa.
Il meccanismo è semplice: poiché l'algoritmo diffonde i post a seconda delle interazioni, e in particolare dei commenti, in genere viene diffuso dal web semplicemente ciò che suscita polemica, dissenso e clamore.
Nel caso del Sinodo amazzonico, prima dell'assise, la blogosfera gonfiata dai social dei cattolici Catholically Correct - quella strana parte di cattolici tradizionalisti che per difendere l'ortodossia attaccano il Papa - profetizzava che questo sarebbe stato il Sinodo del sacerdozio femminile o, quanto meno, del sacerdozio aperto alle persone sposate purché "probi viri".
Invece, almeno a livello di "leoni della tastiera", è stato il Sinodo della "pachamama", le ormai iperfamose statuine della Madre Terra. È facile riflettere che in questo caso l'intero fenomeno è letteralmente esistito grazie a YouTube, come ha giustamente fatto notare Guido Mocellin nella sua rubrica su Avvenire.
Ai tempi del Concilio quale giornalista avrebbe dato spazio a quelle quattro statuine? Assolutamente nessuno. E, in ogni caso, il suo eventuale racconto, messo per scritto, avrebbe avuto un impatto infinitamente minore di quanto accaduto oggi attraverso i social.
Le accuse al Papa di aver incoraggiato e permesso cerimonie "idolatriche" a proposito del Sinodo, sono infatti state possibili perché si commentavano prima i video fatti con i cellulari e poi diffusi attraverso i social, di quelle povere statuine prima in processione, poi nei giardini vaticani e infine mentre venivano rubate e gettate nel Tevere. Proprio il furto con successivo ritrovamento delle raffigurazioni lignee da Santa Maria Traspontina, hanno celebrato il trionfo di YouTube dal momento che i ladri hanno deciso di filmare tutto, preferendo la visibilità al fatto che in quel modo rendevano possibile ritrovare la refurtiva.
Gli interventi degli uffici di comunicazione del Sinodo, prima a carico di Giacomo Costa e di Paolo Ruffini, e poi addirittura del Papa, non sono serviti a tacitare le grida di "contaminazione idolatrica". Chi ha provato a far ragionare gli scandalizzati è riuscito a ben poco. Padre Antonio Spadaro per esempio, ha provato a raccontare su Instagram che, durante la dinastia Qing, la Cina aveva allontanato i missionari stranieri ma i cristiani avevano continuarono a pregare la Vergine utilizzando l'immagine della divinità buddhista Guanyin (colei che ascolta le grida del mondo) modellata sulle immagini della Vergine e del bambino, ma la cosa ha avuto pochissima eco, come le parole del Papa quando diceva che le statuine "erano lì senza intenzioni idolatriche”.
Quali sono le ragioni dell'inefficacia? Semplice, che chi è d'accordo non lo scrive invece chi non lo è s'indigna e urla. E così le sue parole fanno il giro del web.