A Torre Maura, alla periferia di Roma, una folla inferocita ha compiuto il gesto sacrilego dell'oltraggio del pane. Calpestare il pane rimanda all'assalto dei forni, la cui descrizione classica è quella dei Promessi Sposi, raccontata da Alessandro Manzoni, che è una rivolta della rabbia, della fame e della mancanza del pane.
Nella borgata di Torre Maura, dove la folla aizzata da CasaPound, ha calpestato i panini destinati ai rom, ospiti indesiderati nel centro di accoglienza del Comune, la rivola del pane è avvenuta all'incontrario.
Come nella Milano del 1600 anche a Torre Maura, un inferno metropolitano dove l'ex cintura verde dell'Agro romano si è trasformata in un caos di cemento e di degrado, c'è tanta rabbia, ma non c'è penuria di pane, anzi di pane ce ne è fin troppo, involtato in buste di plastica, gettato a terra, preso a calci, sprecato, proprio come avviene alla farina nella rivolta di manzoniana memoria, ma per ragioni diverse, non per la paura della carestia, per la miseria, per la fame, che spingono un popolo in tumulto là dove ha origine il pane: ai forni, presi d'assalto, depredati, incendiati.
Qui il pane viene colpevolmente distrutto per non offrirlo, per non darlo ai rom. “A noi gli sfratti e a loro date una casa" grida la folla che calpesta il pane, sviscerando un odio metropolitano e razzista. "Annatevene affanculo tutti, zingari, negri. Razzismo 'sto cazzo, venitece voi 'a vive qua con noi".
A Torre Maura, il 'vaffa', ha preso il posto del simbolo dell’accoglienza, qui il pane e il sale dell’ospitalità, ha acquistato il sapore di fiele dell’intolleranza, del disprezzo e del risentimento. Calpestare il pane è un gesto desacralizzante che squalifica chi lo compie, perché il pane non è un alimento qualsiasi, rappresenta il simbolo del nutrimento, della vita, almeno per i popoli mediterranei, è il corpo di Cristo, un cibo sacro, benedetto.
Spezzare il pane è un gesto che ci affratella perché vuol dire condividere il cibo, come avviene durante la messa nel rito della comunione. I primi cristiani si riunivano per spezzare il pane, cioè per mangiare assieme, che poi è la principale alternativa al farsi la guerra, lo è sempre stata.
Tra gli ebrei spetta al padrone di casa spezzare il pane e distribuirlo, offrendolo e donandolo ai commensali. Il pane è ciò che ci tiene uniti e dunque non si può sprecare. Nelle case contadine non si butta il pane per principio, gettare il pane tra i rifiuti è considerato da molti un gesto sconsiderato e a tavola, dopo pranzo, le briciole di pane si raccolgono, si riciclano, perfino il pane raffermo può tornare utile, così come, superstiziosamente, è ritento di malaugurio versare il sale.
Il pane è prezioso, dà lavoro, nutre la vita e il sale le dà sapore. Per un cristiano il pane non si butta e non si nega a nessuno; mangiarlo ci rende umani, gettarlo è disumano, calpestarlo è da barbari, da incivili. Calpestare il pane, come si è fatto a Torre Maura, è l’immagine livida e tangibile dell’Italia politicamente scorretta, la faccia vile e feroce di un Paese che, in nome del disagio sociale, non può trasformare la protesta in una vile violenza.