La Lettera di Papa Francesco sul Presepe ha rilanciato l'interesse su questa antichissima manifestazione popolare, suscitando molti commenti. Tra le tante sottolineature fatte, qualcuno si è reso conto che sul bue e l'asinello tradizionalmente presenti nella stalla (o “grotta") i Vangeli canonici tacciono, e pertanto ha creduto di poter dedurre che la presenza dei due animali, richiesta fin dall’inizio da San Francesco e come tale riportata da Bergoglio nella sua Lettera, sia "una bufala".
Si fa intendere così che l'assenza di un'affermazione equivalga alla negazione della medesima: cioè, dire solo che il Bimbo venne deposto in una mangiatoia (cf Lc 2,7) vorrebbe affermare che vicino ad essa non c'erano animali, e anzi proclamare l'assenza di asino e bue.
E così, la presenza dei due animali sarebbe frutto di una favola, e la favola sarebbe quella raccontata in alcuni vangeli apocrifi, liquidati così frettolosamente come "non riconosciuti dalla Chiesa". Il che è, quanto meno, un giudizio superficiale visto che i quattro vangeli classici divengono "canonici" con il Concilio di Trento (1545-1563) e il presepe è inventato da San Francesco nel 1223, cioè tre secoli prima.
Non significa che prima di Trento i vangeli apocrifi venissero usati per la liturgia ma certamente non venivano considerati "bufale". Erano tenuti in un certo conto, anche se con alcune cautele e non mettendoli alla stessa stregua dei quattro più importanti. Recentemente, per esempio, nel Monastero delle Clarisse di Sant'Agnese a Perugia, nell'ambito dei lavori di ristrutturazione della Chiesa, è stato operato un restauro conservativo di un pregevole affresco antichissimo di scuola umbra, il cui soggetto è tratto da un vangelo apocrifo: in quel caso si tratta di Gesù e di Giovanni Battista bambini, che tornano dall'Egitto.
A parte ciò, la presenza dei due animali accanto alla mangiatoia ha un importante senso teologico. I cristiani hanno sempre associato la presenza del bue e dell'asinello nel Presepe, al non riconoscimento della nascita di Cristo da parte degli uomini.
Insomma, come accade a moltissimi di noi che rimediano con un cane o un gatto alla solitudine dovuta all'abbandono da parte di amori infranti, parenti assenti o sventure della vita, così, visto che gli uomini non se ne accorgevano, un bue e un asinello facevano compagnia a un Dio che nasceva.
E questa lettura non è "apocrifa" ma del profeta Isaia che dice "«Ho allevato e fatto crescere figli, ma essi si sono ribellati contro di me. Il bue conosce il suo proprietario e l'asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende»" (Isaia 1, 2-3). E non ha alcun valore dire che qualche monaco ignorante ha letto fischi per fiaschi perché non sapeva che "praesepe" in latino significa "greppia" e non "presepe", dal momento che il senso delle parole del profeta rimangono immutate: come possono non riconoscermi i miei figli quando perfino gli animali sanno chi sono?
Tuttavia la ragione inconfutabile per cui Francesco - che era appena arrivato dalla Terra Santa, dove, nel 1200, ci si spostava esattamente con gli stessi mezzi di mille duecento anni prima - voleva la presenza di bue ed asinello, è che certamente quell'asino era la cavalcatura su cui avevano viaggiato Giuseppe e Maria gravida, da Nazareth a Betlemme.
L'asinello era l'utilitaria del tempo e sicuramente aveva aiutato i genitori di Gesù nel viaggio da Nazareth (nord della Galilea) a Betlemme (in Giudea, vicino a Gerusalemme). È ovvio, è naturale, è di buon senso, che Giuseppe e Maria, rifugiatisi in una stalla, tengano con sé l'asinello che li stava servendo e che, come loro, aveva bisogno di riparo, di protezione, di rifocillazione. Ed è così difficile immaginare che vicino a quella mangiatoia ci fosse, per caso, un bue? Direi proprio che sarebbe strano immaginare qualcosa di diverso.
È vero che forse in quel momento né Maria né Giuseppe, si accorgevano di stare realizzando la profezia di Isaia, ma questa è un'altra storia, è la storia delle cose grandi. La loro storia, era quella delle cose piccole: di una famiglia che, non avendo tanti mezzi, affrontava un lungo viaggio in utilitaria, e aveva fatto una sosta per riposare (e, già che c'era, per dare alla luce un Figlio).