Indosseremo davvero abiti realizzati con scorze d’arancia, uva e mele?
Indosseremo davvero abiti realizzati con scorze d’arancia, uva e mele?

Indosseremo davvero abiti realizzati con scorze d’arancia, uva e mele?

Apple leather prodotta Beyond e Mylo prodotta da Bolt Threads
Apple leather prodotta Beyond e Mylo prodotta da Bolt Threads
ADV
ADV
Frutta
Frutta

Guida ai biomateriali

  • Piñatex® è un materiale bio-based, realizzato da fibre di cellulosa estratte dalle foglie di ananas. Può essere utilizzato come alternativa vegetale all’utilizzo di pelli di origine animale. E’ un materiale naturale, sostenibile e compostabile, derivato da un prodotto di scarto dell’industria agro- alimentare. A oggi è forse la più conosciuta alternativa vegetale alla pelle ed è utilizzata da marchi come Hugo Boss, Paul Smith, Trussardi o H&m.
  • Pellemela®, della start-up altoatesina Frumat, è un’ecopelle prodotta mediante l’utilizzo di materie prime biodegradabili e da fonti rinnovabili, ecocompatibile. Pellemela è stata sviluppata grazie all’unione della miscela poliuretanica con prodotti ecologici ricavati dagli scarti della lavorazione di prodotti vegetali, in particolare delle mele (ad alto contenuto di zuccheri, cellulosa ed emicellulosa). Tommy Hilfiger e Cavalli sono tra i marchi che hanno già utilizzato questo nuovo materiale.
  • Apple leather®, prodotta dalla Danese Beyond, è un’altra alternativa sostenibile alla pelle che utilizza scarti dell’industria alimentare, in particolare polpa di mela (tutto ciò che rimane dopo aver pressato le mele per produrre succo e/o sidro).
  • Mylo®, prodotta dall’americana Bolt Threads, è un cuoio vegetale ricavato dai funghi partendo per la prima volta dai miceli, le radici del fungo. Il prodotto origina direttamente dalle cellule miceliali che vengono «coltivate» su un supporto di mais e riproduce l'aspetto e la sensazione tattile della pelle. Bolt Threads si sta preparando a portare la sua tecnologia nel mondo, grazie ad Adidas, Kering, Lululemon e Stella che hanno creato un consorzio con la società per portare in passerella capi e accessori in Mylo.
  • Grape leather®, prodotta dalla milanese Vegea, azienda specializzata nella produzione di biomateriali, deriva da fibre di cellulosa ed è una pelle vegetale completamente biodegradabile. Questa “similpelle” è stata sviluppata mediante processi che utilizzano biomasse, attraverso la valorizzazione di scarti e rifiuti agroindustriali. In particolare dagli scarti della vinificazione. Dalla lavorazione della lignocellulosa e degli oli contenuti nella vinaccia si ottiene una materia prima totalmente vegetale costituita dalle bucce, semi e raspi dell’uva che residuano dalla produzione del vino. Ogni anno vengono prodotti circa 26 miliardi di litri di vino, da cui residua una tonnellata di rifiuti che possono essere utilizzati in molte applicazioni diverse. Questa ecopelle è già utilizzata da H&M Group per le sue linee & Other Stories e H&M Conscious.. Un abito realizzato in Wineleather è stato anche esposto nel 2019 al V&A Museum di Londra in occasione della mostra Fashioned from Nature, intesa a celebrare il rapporto fra moda e natura.
  • Bananatex®, prodotta da una partnership tra il marchio svizzero di zaini QWSTION e un partner di tessitura con sede a Taiwan, si ricava dalla corteccia dell'albero (cellulosa) o dalle fibre interne dei banani ed è una delle fibre naturali vegetali biodegradabili più resistenti.
  • Orange Fiber, è realizzata con fibre di cellulosa che derivano dalla trasformazione dei materiali vegetali della filiera agrumicola, da scarti industriali e sottoprodotti alimentari. La cellulosa viene estratta dagli scarti delle arance utilizzate negli stabilimenti che producono succhi e/o profumi per l’ambiente e viene poi trasformata in filato e successivamente in tessuto. E’ un filato dall’aspetto serico, opaco o lucido. Nel 2017, Salvatore Ferragamo è diventata la prima grande azienda di moda a utilizzare i tessuti Orange Fiber. Marinella, storico brand di sartoria napoletana, ha investito in Orange Fiber e ha realizzato una collezione in edizione limitata di cravatte sostenibili. Il capo realizzato nell’Aprile 2019 per la linea Conscious Exclusive di H&M con il tessuto derivato dalla fibra Orange Fiber è andato sold out in poche ore.
  • Crabyon è una fibra realizzata con il chitosano, biopolimero derivato dalla chitina, proveniente dalla frantumazione dei gusci dei crostacei (scarti dell’industria alimentare). La struttura chimica del chitosano è molto simile alla cellulosa, sostanza ricca di glucosio (zuccheri), dotata di innumerevoli proprietà. La fibra è ottenuta dalla miscelatura di cellulosa, senza l’impiego di solventi e chitosano e viene utilizzata in mischia con altre fibre naturali, quali lino, cotone e lana, per creare tessuti ecologici, antiallergici e completamente biodegradabili e biocompatibili.
  • Tutti questi materiali sono il risultato di continue sperimentazioni e realizzano un’innovativa operazione di economia circolare. Sono un bellissimo esempio di bio-upcycling, che unisce creatività e sostenibilità ambientale, e costituiscono la nuova frontiera dei materiali tessili. Per completezza, vanno menzionate in questa carrellata di nuovi materiali anche le aziende che investono in “chimica verde” e che producono poliestere e nylon di ultima generazione, ricavati da materiali bio-based, come per esempio la poliammide e i poliesteri bio-based (PET, PLA o PTT).
  • Corn Fiber, nome commerciale “Corn Leaf”, prodotta dal gruppo Radici, è una fibra derivata dagli zuccheri del mais, dai quali si ottiene un biopolimero il PLA (acido polilattico), un materiale ecologico da fonte naturale, rinnovabile e biodegradabile.
  • EVO®, prodotto dall’azienda italiana Fulgar, è una poliammide 6.10, rinnovabile, ricavata dalla biomassa dei semi dell’olio di ricino. Il “Ricinus Communis”, la cui coltivazione è diffusa soprattutto in India e Cina, non richiede elevati quantitativi di acqua né pesticidi, cresce spontaneamente in terreni aridi e quindi non sottrae terra coltivabile per usi alimentari. E’ una fibra ultraleggera, traspirante.

Soluzioni alternative o solo greenwhashing?

  • non tutti questi materiali sono biodegradabili e quindi non risolvono i problemi della permanenza dei rifiuti e delle microplastiche, dato che i loro tempi di biodegradazione sono simili a quelli delle fibre sintetiche tradizionali;
  • alcuni di essi derivano da risorse cerealicole (amido di mais o grano idrolizzato) o provengono dall’industria zuccheriera (melassa o canna da zucchero) e quindi possono entrare in concorrenza con l’industria agroalimentare;
  • viene utilizzato principalmente il mais geneticamente modificato come materia prima per il PLA e questo desta preoccupazioni, così come l’impatto ambientale della produzione di mais;
  • la capacità di produzione globale per il poliestere bio-based e per la poliammide bio-based è molto bassa se confrontata con la produzione dei materiali derivati da combustibili fossili a causa dei suoi ancora elevati costi di produzione e dell’utilizzo di materie prime limitate
  • molti di questi materiali però, pur non essendo biodegradabili, possono essere riciclati e riutilizzati più volte.

L’ Europa sta pianificando nuove strategie per il tessile moda

ADV