Un nuovo incidente sul lavoro dopo quello di pochissimi giorni fa a Modena. Prima è stata la 40enne Laila El Harim, morta ghermita dalla fustellatrice presso la quale stava operando; adesso, a San Giovanni Rotondo (Foggia), è stato schiacciato all’interno del cantiere in cui stava lavorando Alessandro Rosciano, un operaio edile di 47 anni. Mentre sulla tragedia indagano i carabinieri vale la pena fare qualche riflessione visto che l'Italia ha una media di decessi decisamente superiore a quella europea.
Infatti, secondo Eurostat nel nostro paese ci sono quasi tre decessi al giorno (2,6 per l'esattezza) mentre la media del continente è di 2,2. Negli Stati membri dell'UE i paesi con meno morti sono i Paesi Bassi, la Germania, la Svezia e il Regno Unito. Noi siamo al decimo posto ma, diversamente da quanto accadde per le Olimpiadi, non è un titolo di merito.
Moltissimi incidenti sul lavoro sono causati dall'inosservanza delle norme di sicurezza: la risposta giusta al problema, quindi, la reazione della quale sento più spesso parlare, parrebbe essere quella di inasprire i controlli, aumentando al contempo le sanzioni. Il ragionamento sarebbe: poiché in genere quello italiano è un lavoratore particolarmente disobbediente dobbiamo insegnargli la disciplina con la punizione. A me sembra che questa non sarebbe la risposta giusta e, comunque, non sarebbe l'unico provvedimento da assumere. A mio parere esistono altri elementi da considerare, almeno due, sui quali i nostri governanti dovrebbero riflettere per intervenire con sussidi opportuni.
Il primo elemento è che molti incidenti avvengono in aziende piccole, medio piccole o anche individuali. Avviene perché l'operaio che svolge la propria attività o il lavoratore che agisce come singolo, per stare sul mercato decide in maniera imprudente di togliere alcuni sistemi di sicurezza che rendono il lavoro più complicato o meno agile. Decide di rischiare di più non semplicemente perché vuole guadagnare di più ma perché ha margini così risicati da rischiare la chiusura e il fallimento.
Per fare un esempio, sul Frecciarossa e su Italo nessun componente dell'equipaggio decide di trascurare la benché minima norma di sicurezza. Quegli accorgimenti sono assolutamente inglobati nei meccanismi aziendali e se li trascurasse sarebbe solo a lui a rischiare l'incidente e la multa. Il muratore che lavora nella sua piccola ditta di costruzione insieme al fratello e allo zio, spinta dalla necessità, può decidere invece, sbagliando, di correre il rischio di lavorare senza mettersi un casco perché lo ha dimenticato, o di passare sotto un carico di calcestruzzo con il pericolo che si stacchi solo perché deve fare una consegna ed è in ritardo.
Un camionista che lavora per un'azienda che possiede centinaia di autotreni rispetterà certamente tutte le norme di sicurezza perché la ditta le ha previste nei suoi costi e gliele impone. Invece se l'automezzo che guida è il suo, sarà spinto a rischiare molto più del necessario, per fare quel viaggio in più magari fuori orario che gli consente di coprire certi costi e che se non farà sarà solo un costo aggiuntivo per lui. Con lo stesso ragionamento farà magari delle riparazioni non in qualità garantita perdendo dopo un po' le cautele che erano implementate all'origine. Una delle forze del nostro Paese quindi, quella di avere una miriade di piccolissime, piccole o medie imprese, nel caso della sicurezza sul lavoro diventa un boomerang.
C'è anche un altro ordine di considerazioni derivante dal fatto che molti incidenti sul lavoro derivano dall'ambito agricolo. Se si unisce l'essere un'impresa familiare al coltivare appezzamenti di terreno piccoli ed impervi, come accade spesso in Italia, è facilissimo che accada l'incidente. Esistono attualmente dei trattori sicurissimi, meravigliosi, ma anche costosissimi. Quei macchinari sono fantastici se usati nelle ampie pianure del centro Europa ma come utilizzarli, per esempio, in un oliveto ligure? Un contadino con un piccolo raccolto non si può permettere attrezzature di qualità. Il piccolo fatturato non consente di mantenere macchinari adeguati. Allora l'alternativa qual è? Fallire? Chiudere? Ecco perché ragionare in termini di sicurezza sul lavoro non è semplice. Serve una visione che non porti solo ad accrescere i controlli ma che vada alla radice dei problemi.