AGI - Finché avrò una goccia di sangue nel cuore, ogni 4 giugno farò del mio meglio per gridare al mondo che nessuno sa che fine abbia fatto l'eroico giovane che nel 1989 deviò la colonna di carri armati con la sua sola presenza.
Lo si chiama in genere "Rivoltoso Sconosciuto” ed è così perché non ebbe mai un nome. La vita di quel ragazzo venne salvata non dal carrista che si bloccò come sembra, ma dalle telecamere che lo inquadravano e che avrebbero reso pubblico al mondo lo scempio che stava compiendo il governo cinese. Quando scesero le tenebre continuò la repressione che ancora oggi la Cina non racconta e che tranciò migliaia di vittime.
La finta apertura di Pechino
Poiché il 1989 fu anche l'anno della caduta del Muro di Berlino, nell'immaginario collettivo si tende a pensare che, grazie a quel ragazzo, nella Piazza Tiananmen di Pechino ebbe inizio un processo analogo a quello che si manifestò a Berlino, ma non è così. Anzi la feroce repressione del movimento degli studenti di piazza Tiananmen servì proprio a chiarire che l'apertura economica capitalista iniziata non implicava alcuna concessione politica.
La durissima repressione politica quel 4 giugno ricominciò col favore delle tenebre e di quel ragazzo non si seppe più nulla. Tutto'ora se nel motore di ricerca più utilizzato dalla Cina - Baidu - si digita "4 giugno" si può leggere "la ricerca non rispetta le leggi" o, nella sezione video, "nessun video corrisponde alla ricerca".
Il destino di un rivoltoso
Nel 1999 un ex collaboratore del presidente statunitense Richard Nixon disse che il giovane era stato fucilato un paio di settimane dopo le proteste, ma ovviamente la notizia non è certa e circolano in proposito anche altre versioni. Il coraggio dei giovani cambia il volto al mondo a condizione che il mondo non li lasci soli. Quel ragazzo venne tenuto in vita solo da chi lo guardava nel resto del mondo; spente le luci l’eccidio proseguì.
Se davanti a un’ingiustizia facciamo finta di nulla siamo dalla parte del persecutore. È una verità tremenda che dovremmo tenere in considerazione proprio oggi quando ad Hong Kong, con la motivazione ufficiale del Covid, viene vietata la tradizionale veglia di massa per le vittime del 4 giugno 1989 a Tiananmen.
La mancanza di libertà non si può giustificare
Quando parlo o scrivo di queste cose, ciò che più mi indigna è il perbenismo di qualcuno che vorrebbe giustificare l'indegna mancanza di libertà cui è sottoposto il popolo cinese, con le retorica della "diversa mentalità".
I diritti fondamentali dell'uomo, tra cui la libertà di autodeterminazione, della libertà religiosa, o il diritto di sapere come siano veramente andate le cose riguardo al Coronavirus, sono dell’uomo e di tutti gli uomini: dire diversamente è cadere in una sottile forma di razzismo perché è come dire che i cinesi non sono uomini. E questo avviene ogni qual volta noi occidentali ci permettiamo di guardare allo sterminio dei pacifici buddisti tibetani, ai campi di concentramento per musulmani e cristiani, o al voler nominare in proprio i vescovi cattolici, come fosse una bizzarria culturale.
Quel ragazzo che bloccò per due minuti il tank sapeva che sarebbe stato ammazzato e i giovani che nel filmato alla fine lo "proteggono", non sono amici ma poliziotti in borghese. La libertà non è un optional della natura umana e qualsiasi potere lo conculchi non è di una cultura diversa ma è disumano.