Quel che resta dopo il Congresso delle Famiglie è che, nella società attuale, i modi sono essenziali. Il segretario di Stato Pietro Parolin non è andato a Verona perché in accordo "sulla sostanza" ma non "sui modi" e Papa Francesco conferma nel viaggio che lo porta in Marocco che al giorno d'oggi sbagliare "il metodo" è decisivo, intacca cioè, nei fatti, la sostanza.
Una prima conferma che sia così, non la più importante ma comunque importante visto la massiccia valenza politica assunta dall'evento veronese, è data dai numeri: il fatto cioè che il Congresso di Verona è riuscito a far scendere in strada contro le proprie tesi almeno il triplo delle persone a favore delle medesime.
E c'è da aggiungere che le persone che hanno parlato al Congresso non erano certamente tutte omogenee ai valori proposti. Non credo che Giuseppe Cruciani, Matteo Salvini o Giorgia Meloni empatizzino con quanto la Chiesa Cattolica sostiene a proposito di aborto e divorzio. Certamente Salvini, Meloni o Cruciani otterranno dei vantaggi in termini di voti o di ascolti ma ci sarà altro? I fatti sono che i cortei contro il decreto Pillon hanno ricevuto forza da quanto proclamato nei tre giorni prima presso il Palazzo della Gran Guardia. E questa eterogenesi dei fini - organizzi con un obiettivo ed ottieni il risultato opposto - dovrebbe far riflettere su quanto sia sottile ormai la differenza tra sostanza e modi. Oscar Wilde diceva che "solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze" e aveva ragione.
La questione dei "modi" o del "metodo" richiama quei concetti che io da sempre evoco quando parlo di "rispetto". Al giorno d'oggi il modo di comunicare è essenziale perché i margini di dialogo circa "la sostanza" sono praticamente esauriti. Su aborto, divorzio, gestazione per altri, omosessualità, transessualità non è possibile alcun dialogo tra Luxuria e Gandolfini.
Ma questa tendenza non è in atto solo verso quelli che venivano definiti valori non negoziabili. Pensiamo all'ambiente. Pensiamo ai vaccini. E gli esempi potrebbero moltiplicarsi. È necessario battere strade che, sulla carta inesistenti, nella pratica invece sono percorribilissime se ci si fa guidare dal buon senso. Se la figlia di genitori che mangiano carne si sposa con un vegano, è ovvio che non abbia alcun senso parlare con lui cercando di convincerlo che è bene mangiare la carne. Il comportamento dettato dall'amore, dal buon senso, e anche dalla morale, farà sì che quando lo si invita a casa a cena gli si cucinino verdure secondo le sue convinzioni e si imparino ad apprezzarle. Inoltre, si farà in modo che vengano facilitate le licenze per ristoranti vegani; e infine, perché no, la famiglia "onnivora" potrà considerare che forse è più sano mangiare meno carne.
Quando Papa Francesco spiega che il motivo per cui non vuole che gli si baci la mano è "l'igiene" insegna mirabilmente la capacità di trovare terreni comuni con gli interlocutori. La Chiesa, soprattutto dopo il Vaticano II, sta imparando questo linguaggio a proposito dell' ecumenismo. Ha drammaticamente imparato che le guerre di religione hanno solo fatto disastri e che invece, recitare il Padre nostro assieme a un luterano o fare del bene assieme, è costruire.
È anche imparare senza perdere nulla della propria identità: perché io, se imparo ad ammirare la conoscenza della Bibbia che hanno i luterani, non sto per questo mettendo da parte le mie convinzioni a proposito dell'Eucarestia (faccio un esempio che riguarda le differenze di credo tra cattolici e altri confessioni cristiane).
Nessuno di noi oggi pensa di mettere in crisi la propria fede per il fatto che quando decide chi assumere, o a chi affittare casa o se concedere un prestito, non si interroga sulle convinzioni religiose dell'altro, o sul suo colore della pelle o se è maschio o femmina (anche se su questi ultimi esempi bisogna ancora progredire non di poco). I modi dialoganti cui mi riferisco quando alludo in maniera analogica all'ecumenismo sono "il metodo" che, sono convinto, dovremmo radicare nel nostro Paese se vogliamo che davvero riparta.