Voglio leggere il terribile racconto del professore che viene bullizzato da alcuni teppisti - perché mai chiamarli studenti? Non è transitare per le aule che li rende tali... - di 15/16 anni di un Istituto commerciale di Lucca che lo insultano, lo minacciano e lo deridono ("Lei non ha capito nulla. Chi è che comanda? Si inginocchi.") attraverso altri racconti dello stesso genere che sono giunti in questi giorni sulla mia scrivania.
Il primo: "La nostra gioventù ama il lusso, è maleducata, si burla dell'autorità e non ha alcun rispetto degli anziani. I bambini di oggi sono dei tiranni. Non si alzano quando un vecchio entra in una stanza, rispondono male ai genitori. In una parola sono cattivi".
La seconda: "Non c'è più alcuna speranza per l'avvenire del nostro paese se la gioventù di oggi prenderà il potere domani poiché questa gioventù è insopportabile, senza ritegno, spaventosa."
La terza: "Il nostro mondo ha raggiunto uno stadio critico. I ragazzi non ascoltano più i loro genitori: la fine del mondo non può essere lontana."
La quarta: "Questa gioventù è marcia nel profondo del cuore. I giovani sono maligni e pigri. Non saranno mai come la gioventù di una volta. Quelli di oggi non saranno capaci di mantenere la nostra cultura."
Sulla scrivania del mio pc giungono ogni giorno racconti simili ma questi sono particolari e li devo a Franco Nembrini.
Il virgolettato del primo racconto riporta parole di Socrate: siamo nel 470 avanti Cristo. Il secondo sono parole di Esiodo: 720 avanti Cristo. La terza citazione, quella della fine del mondo che non può essere lontana, è di un sacerdote dell'antico Egitto: 2000 avanti Cristo. E l'ultima è un'incisione su un vaso d'argilla dell'antica Babilonia: questa volta siamo a 3000 anni prima di Cristo.
Le citazioni non servono per ridimensionare i gravissimi fatti riportati dalle prime pagine di tutti i quotidiani italiani, ma per consentirci di non cadere nello sterile piagnisteo. Dare le colpe ai social, alla generica maleducazione o alla violenza dei giochi di ruolo, non serve a nulla. Serve riflettere sul fatto che l'antica Grecia, l'antico Egitto e la civiltà babilonese sono diventati tali perché hanno saputo affrontare e risolvere il problema educativo del loro tempo. Certamente la gioventù dei popoli contemporanei a Socrate, Esiodo, Egitto e Babilonia non era migliore di quella dei nostri virgolettati ma di loro non si è saputo più nulla. Perché una civiltà è tale quando riesce ad educare, far crescere e trasformare in forze positive giovani che altrimenti sarebbero solo destinati ad essere carne da macello per bande rivali, a divenire cioè polvere il cui unico destino può solo essere l'oblio. Rimbocchiamoci le maniche, quindi, e lavoriamo.