Oggi a Macerata qualcuno avrebbe potuto spararmi. Perché sono straniero, per il colore della mia pelle. Oggi a Macerata è successo questo. Una persona è andata in giro per la città a seminare il terrore e a cacciare lo straniero.
Non si è trattato di follia, attacco d’ira o banale criminalità. E nemmeno di vendetta. Perché Luca Traini, il 28enne ritenuto responsabile del ferimento di sei persone di colore, prima di arrendersi alle forze dell’ordine si è avvolto nel tricolore e ha fatto il saluto romano davanti al monumento dei caduti. Traini oggi si sentiva un combattente in guerra. E la sua missione era quella di colpire i diversi.
Le indagini faranno sicuramente maggiore chiarezza ma il suo, ipotetico, legame affettivo con la ragazza uccisa e fatta a pezzi qualche giorno fa (omicidio per il quale è sotto fermo un pusher nigeriano) non può e non deve essere ritenuto il movente. Perché alla base delle azioni di Traini, ex candidato con la Lega alle comunali di Corridonia, c’è l’odio. Lo stesso che è alla base di tanti commenti a questo tragico fatto che segna la storia del nostro Paese e di cui tutto il mondo sta parlando: sulla rete spopolano le reazioni entusiaste.
I più moderati, tra cui anche qualche politico di spicco, parlano dell’esasperazione che porta allo scontro sociale. Eppure è proprio la politica, o almeno una parte di questa, ad aver investito sull’esasperazione dei toni. Traini oggi ha premuto il grilletto ma la pistola gli era stata caricata con le parole d’odio che riempiono pagine e pagine di giornali, che occupano interi siti. Perché c’è sempre qualcuno pronto ad armare la violenza delle parole.
Sono mesi che da più parti si denunciano le intimidazioni, le minacce, le aggressioni. Tutte a sfondo razziale e tutte legate agli ambienti di estrema destra e neofascisti. Quello di oggi è solo l’ultimo e il più grave degli episodi. Sta a noi decidere come reagire. Io, intanto, quando mi troverò per strada terrò a mente che qualcuno potrebbe spararmi perché sono straniero.