Non sapremo mai chi ha pronunciato per primo il nome di Frida Sofìa. Se un volontario, un vigile del fuoco, un agente di polizia. Sappiamo che Frida Sofia non esiste, non è mai esistita, non c’era una bambina con questo nome sotto le macerie della scuola Enrique Rebsámen di Città del Messico, venuta giù sotto le scosse di magnitudo 7,2 il 19 settembre scorso. I morti sono stati oltre 270, ma tra loro non c’era quella bambina che ha tenuto per giorni i messicani (e il mondo intero) col fiato sospeso, incollati alla televisione, mentre le immagini dei soccorsi rimbalzavano da un canale all’altro.
"È ancora viva", avevano ripetuto gli uomini impegnati nelle operazioni di salvataggio ai giornalisti locali. C’è chi ha raccontato di aver sentito la sua voce, di aver visto le sue dita muoversi, ma Sofia Frida non c’era semplicemente perché non è mai esistita, comunque non lì quella mattina, ce lo ha confermato ieri Enrique Sarmiento, segretario della Marina dell'esercito, affermando che tutti gli studenti erano già stati individuati ed estratti: "Ci teniamo a sottolineare che non avevamo conoscenza del resoconto in cui figurava il nome di una ragazza", ha specificato Sarmiento. "Non è vero nulla". Solo poche ore prima persino un altro ufficiale della Marina aveva dichiarato ad una tv che i soldati erano in contatto con Frida Sofìa.
Sui social network di mezzo mondo da due giorni quella bambina di 12 anni è ufficialmente una fake news, una notizia falsa, inventata chissà da chi, nell’intento forse di tenere alta l’attenzione su quel particolare crollo, o magari solo figlia di un passaparola ‘viralizzato’ troppo in fretta dalla rete per poter essere verificato e smentito. La notizia è stata ripresa e ovviamente pompata da giornali, radio, televisioni e siti web in cinque continenti. Una non notizia, che alla fine ha fatto arrabbiare migliaia di persone, che si sono sentite prese in giro dai media che hanno rilanciato una bufala, questa l'accusa.
La storia di Frida Sofia ci ricorda alcuni limiti che riguardano anche l’informazione di qualità, quella dei grandi network o delle testate più autorevoli, per le quali lavorano giornalisti seri e scrupolosi. Le notizie non sono le tavole della legge, sono ‘prodotti’ artigianali realizzati spesso in condizioni disagiate, da cronisti che lavorano in trincea, sotto le bombe o sopra la terra che trema. Non è sempre facile verificare tutto in tempo reale, ci possono volere dei giorni, dei mesi, per sapere come è andato davvero a finire un fatto, un’inchiesta giudiziaria, un omicidio, un terremoto. Le notizie vanno date quando accadono, in diretta o subito dopo, il tempo per verificare all’anagrafe il nome di un disperso non sempre c’è, ci si basa talvolta sulle testimonianze, in questi frangenti drammatici quasi mai su prove certe.
Il giornalismo migliore è quello che verifica, certo, che riscontra, non si fida delle voci, cerca prove, restituisce fatti veri, non riporta rumors di quartiere. Vero. Aggiungiamo: anche quello che si scusa quando sbaglia, che aggiorna un pezzo in rete quando serve, riconosce un errore e ne spiega la genesi. Il giornalismo, forse, è onestà e lealtà nei confronti dei lettori, prima ancora che certezza di verità. Frida Sofìa non esiste, qualcuno ha raccontato una storia non vera e sull’onda dell’emozione in quelle ore dolorose a Città del Messico tanti altri ci hanno creduto e l’hanno rilanciata prima ancora di poter verificare.
Migliaia di persone si sono sentite tradite e prese in giro? È possibile. Ma forse le fake news - quelle sì, odiose e pericolose - sono un altra cosa, dolose nella loro falsità, messe in rete ad arte per alimentare stupore e audience a basso costo, polveroni politici e discredito verso un avversario o un concorrente. Sono anche le opinioni non separate dai fatti, che spacciano per verità teorie precostituite nell’interesse di qualcuno e o qualcosa. Sotto le macerie di quella scuola elementare non c’era nessuna Frida Sofìa, ma forse nemmeno l’informazione con la I maiuscola, salva, in questo caso, malgrado tutto, anche nel giorno di un deprecabile incidente di percorso. Gli errori - prodotti magari dalle circostanze complicate e impervie - sono una cosa, le falsità dolose, un'altra. O no?