I costi di produzione da tempo hanno superato i prezzi di vendita. Per ogni litro di latte ovino prodotto, oggi gli allevatori perdono 14 centesimi. Una condizione insostenibile che ciclicamente attanaglia il settore e negli ultimi anni si è aggravata, con picchi nel 2010 e nel 2015, fino al crollo degli ultimi mesi. I produttori della preziosa materia prima hanno visto sprofondare il loro guadagno a 56 centesimi/litro (iva esclusa), a fronte di costi di produzione notevolmente superiori.
Questo il primo motivo per cui, da alcuni giorni, i #pastorisardi bloccano strade, porti e autotrasporti, versando al suolo migliaia di litri di latte. Si parla inoltre di un settore in cui la Sardegna rappresenta il 40% della produzione nazionale, un dato quest'ultimo che rende immediata l'idea delle ripercussioni che una tale crisi può generare per l'intero paese, e non solo per l'isola.
Grafico di propositivo.eu
Una mobilitazione che ha coinvolto tutti i settori, con migliaia di studenti, commercianti e cittadini a sostenere la protesta di un pezzo fondamentale del tessuto socio-economico della Sardegna. 12 mila aziende di allevamento che, con il loro lavoro, danno linfa a varie filiere e in particolare a quella lattiero-casearia, in crescita a livello globale e unico settore agroalimentare a contribuire competitivamente alle esportazioni regionali.
Un patrimonio inestimabile per la sopravvivenza dei territori delle aree interne, per contrastarne lo spopolamento e preservare economia, biodiversità ambientali e sociali, benessere umano e animale, tradizioni ed eredità culturali.
Per sedare la crisi i pastori richiedono prezzi di vendita maggiori, garanzie contrattuali adeguate, incentivi e tutele per le "qualità biologiche" in contrapposizione alle "quantità industriali". In particolare il movimento rivendica maggiore trasparenza e controlli sulle attività, le vendite e i profitti delle grandi imprese di trasformazione e commercializzazione del latte ovino, spesso accusate di aver creato cartelli contro la libera concorrenza e di lucrare sulle spalle dei produttori primari.
Se le istanze sono al centro della negoziazione con istituzioni e industriali, le posizioni sono ancora molto distanti e la tensione resta alta. Il tutto mentre nell’isola sono ormai prossime le elezioni regionali del 24 Febbraio 2019. Per questo, mentre la Regione è sotto assedio e la protesta monopolizza lo scontro politico, è necessario fissare alcuni ulteriori tasselli utili per fare chiarezza ed evitare che l’ennesima emergenza venga affrontata con nuovi stanziamenti milionari che tamponino un minimo l’emorragia senza produrre un reale rilancio del comparto.
Il futuro della pastorizia in Sardegna dipende, in prima battuta, dal rafforzamento del cooperativismo, per aumentare le dimensioni delle aziende pastorali e dotarsi di strutture organizzative che riescano ad abbattere il costo di produzione del latte ma anche fare investimenti per trasformarlo e commercializzarlo, come da modello della 3A di Arborea col latte bovino.
In secondo luogo, serve una netta semplificazione burocratica e diversificazione dei prodotti e dei mercati, spostando una cospicua parte della forza produttiva dal Pecorino Romano destinato all’America verso qualità di formaggi più remunerativi e consumatori più attenti.
L’ultima priorità, oltra a insularità, trasporti, energia, ambiente e bonifiche; riguarda il potenziamento del capitale umano e tecnologico nel settore primario: a partire dall’attivazione di sinergie tra istituzioni, università e aziende, sono necessari servizi manageriali, tecnici e informatici, capaci di dare competitività e sostenibilità alla filiera lattiero-casearia e a tutte le produzioni agro-alimentari.
(Luca Pirisi e Gian Luca Atzori)