C’è una strada nel Rione Sanità, a Napoli, dove le panchine non sono in fila, ordinate come altrove, ma sono distribuite secondo un’apparente, armonica, casualità. “Vuoi sapere perché?”, mi chiede padre Antonio Loffredo, parroco della Basilica di Santa Maria alla Sanità, per tutti Antonio, artefice di una rinascita sociale ed economica fatta di arte, volontariato, spirito imprenditoriale e contagioso umanesimo. “Perché i ragazzi che vivono in quelle strade ci hanno spiegato che quando si siedono si devono guardare in faccia, ‘mica stamm int a’ n’autobus?”.
Padre Antonio, ha detto ieri il direttore del Dipartimento di Architettura della Federico II nel conferirgli honoris causa il titolo di architetto, “ha fatto ha fatto un lavoro di progressiva riappropriazione degli spazi da parte delle persone che in questo modo hanno sentito rinsaldare il senso di appartenenza al Quartiere, le ragioni della propria identità”.
La trasformazione di spazi in luoghi
La condivisione degli spazi è quello che li trasforma in luoghi e forse è da qui, dalla consapevolezza del potere della condivisione, che nasce il percorso di rinnovamento del rione che diede i natali al Principe de Curtis e che, dopo decenni di emarginazione, sta riappropriandosi di sé grazie al lavoro enorme fatto da persone come padre Antonio, a onlus come “L’altra Napoli” di Ernesto Albanese, alle fondazioni “Con il Sud” e “San Gennaro”, a cooperative come “La Paranza”, ad associazioni come “Il Grillo Parlante”, a piccoli miracoli come la “Sanitansamble” nata dall’intuizione di due eroi del quotidiano come Eusebio Brancatisano e Maurizio Baratta. Nella Sanità si è cominciato a tradurre l’io in noi inaugurando forme d’innovazione sociale che stanno facendo scuola: centinaia di ragazzi si fanno attori di un movimento spontaneo di valorizzazione di storia e di arte che in quel microcosmo napoletano si respira ovunque, dai palazzi nobiliari alle chiese, da catacombe e cimiteri intrisi di fascino e leggende, fino ad arrivare alla storia millenaria di vescovi e reali.
Il ponte che separa, il sottosuolo che unisce
Una nuova pagina della propria rinascita, il Rione Sanità la sta scrivendo proprio in questi giorni. A distanza di più di due secoli dalla costruzione del ponte voluto da Giuseppe Bonaparte per unire la Reggia di Capodimonte a via Toledo e che di fatto tagliò fuori il quartiere dalla vita urbana, la “periferia al centro” tornerà a essere connessa con il tessuto cittadino. Pubblicato lo scorso settembre, è stato infatti appena assegnato il bando per la progettazione dell’uscita della metropolitana nel quartiere.
Il corridoio unirà la stazione di Materdei alla Sanità (da piazza Ammirato a via Fontanelle) attraverso un corridoio di poco più di 250 metri ricavato per più della metà da cavità realizzate nella metà del ‘700 per l’estrazione del tufo e poi utilizzate, nel corso della Seconda Guerra Mondiale, come rifugio antiaereo. “All’interno della galleria, la luce naturale avrà accesso grazie al recupero di antichi pozzi per l’estrazione del tufo trasformati in pozzi di luce”, spiega Mario Pucciarelli, coordinatore dei Giovani Architetti per la Sanità, l’associazione professionale interamente made in Sanità nata ad hoc per partecipare al concorso di idee lanciato dal Comune.
I Giovani Architetti per la Sanità
Come per tutte le altre iniziative che hanno contribuito a scrivere la rinascita del quartiere, anche il progetto della nuova uscita della metro porta il segno della condivisione. La Tecnosistem Spa, la società aggiudicataria del bando per la realizzazione del progetto, ha infatti pensato che il miglior modo per progettare una nuova infrastruttura per il quartiere fosse quella di concepirla insieme a chi lo anima e così, in un inedito processo di partecipazione nel campo della progettazione di opere pubbliche, ha favorito la nascita dell’associazione professionale “Gaps - Giovani Architetti per la Sanità”.
Otto giovani architetti del quartiere (Oltre a Pucciarelli, Raffaele Semonella, Costantino Diana, Mariachiara Rinaldi, Luigi Stanzione, Mario Giacca, Veronica De Falco, Marco Stradolini) che hanno contribuito a ideare il concept risultato vincitore. “Capovolgendo la lettura del nuovo tracciato di progetto da seconda uscita della stazione Materdei – continua Pucciarelli – l’ingresso al sistema metropolitano dal quartiere Sanità assumerà il carattere di una marcata centralità, diventerà un nodo urbano articolato, un punto di riferimento per il quartiere”.
Se mettere insieme architetti e ingegneri è (relativamente) semplice, unire architetti, ingegneri, commercianti, giovani, associazioni, insomma tutti i soggetti socialmente attivi di un territorio è impresa più complicata. Eppure in questo quartiere “difficile” di una città “difficile” non solo è stato possibile ma ha finito per configurarsi come una mossa vincente.
Padre Antonio Loffredo: Le cose più belle sono quelle condivise
Di questo processo è stato attore, manco a dirlo, anche padre Antonio. Molte delle riunioni che hanno visto lavorare gomito a gomito ingegneri, architetti e le varie anime del territorio sono state ospitate nelle Catacombe di San Gennaro, restaurate e riqualificate grazie a un impegno che viene da lontano e che nel tempo si è fatto scaturigine di iniziative di arredo urbano e recupero di spazi pubblici. “Le cose più belle di questo quartiere – ripete Padre Antonio – sono le cose partecipate. Questo metodo di lavoro ci fa esultare. Se sarà partecipata, la metro sarà sentita ancor di più come una rinnovata forza della Sanità, un rione che ha nel sottosuolo un’energia enorme che ora molti stanno imparando a scoprire”. In effetti, condannata ai margini da una sopraelevata, la Sanità ritorna in città grazie al sottosuolo.
Salvatore Rionero (Tecnosistem): Il dialogo con il quartiere proseguirà
Il bando non lo richiede, né tantomeno la normativa, eppure Tecnosistem assicura che il metodo della progettazione partecipata proseguirà anche nelle fasi successive della progettazione. “Da anni – precisa Salvatore Rionero, amministratore delegato della società di ingegneria partenopea – abbiamo scelto di affiancare all’eccellenza tecnica la logica della partecipazione quale driver di sviluppo della progettazione. Lo facciamo perché siamo convinti che sempre più ogni progetto debba essere pensato con coloro che beneficeranno dell’opera, innestandolo in contesto di esigenze, attese, coerenze sociali e culturali dei luoghi. L’uscita della metro alla Sanità ha rappresentato per noi un’occasione straordinaria di applicazione di questo metodo, grazie soprattutto alla presenza di un incredibile fermento associativo che ha sposato con entusiasmo la nostra idea”.
Rionero annuncia anche un prossimo step di confronto pubblico. “È nostra intenzione organizzare già a settembre un momento di presentazione del progetto e di come e quando intendiamo coinvolgere il quartiere nello sviluppo del progetto. Ci auguriamo che l’Amministrazione cittadina sostenga questa nostra volontà”.
Altrove la progettazione partecipata è prevista dai protocolli e da gare di appalto, qui nasce dal basso, spontanea, in un crocevia di processi virtuosi che hanno saputo tradurre l'io in noi. “Art is a guaranty of sanity” insegna Louise Bourgeois. Napoli insegna che può esserlo anche la condivisione.