“Voglio riportare Daniele Luttazzi su Rai2. Senza la satira che televisione pubblica sarebbe? È finita l’epoca di Berlusconi e quella di Renzi, ci mancherebbe che si proibisca la satira”. Se negli anni abbiamo avuto la possibilità di approfondire il personaggio di Carlo Freccero, neo direttore di Rai2, ci viene in mente che l’annuncio non stona affatto, non stupisce affatto; ci chiediamo più che altro che genere di Rai lui abbia “concordato” con i vertici (politici) di Viale Mazzini. In altre parole: li aveva messi al corrente del suo progetto di riportare il nostro più preparato e feroce comico nella tv pubblica?
Siccome Freccero è personaggio istrionico e assai imprevedibile, nonché uno che ha un’idea perfettamente tecnica di come far parlare di sé e di ciò che dice, non ci stupirebbe se anche lo stesso Presidente Foa sia rimasto spiazzato dall’annuncio e intimamente speri che si tratti di una battuta, un’intenzione buttata lì. Questo perché Daniele Luttazzi è forse l’unico vero personaggio televisivo che rappresenterebbe una rottura totale con quegli schemi che ormai popolano ed hanno anestetizzato la tv; e se l’attuale governo gialloverde si è dimostrato il più preparato nel nuotare nelle acque spesso torbide della rete, vincendo di fatto lì le elezioni, forse con un personaggio come Luttazzi non saprebbe bene come comportarsi.
Bisogna avere le spalle larghe per riuscire a calare la testa di fronte all’operato estremamente “disturbante” di Luttazzi. Una provocazione continua, regolare, quella del comico di Santarcangelo di Romagna, una provocazione diventata quasi missione, guanto di sfida, come quello lanciato nel maggio del 2001 dalla scrivania di Satyricon: sapeva che intervistare quel giovane Marco Travaglio, autore di L’odore dei soldi su Silvio Berlusconi, avrebbe certamente creato il caos, messo a repentaglio la sua posizione, ma non importava, così arrivò a parlare di mafia e Berlusconi in diretta nazionale e la storia si concluse con l’editto bulgaro e il confino dalla tv pubblica nazionale.
Fu una scelta ben precisa quella di trasformare la satira televisiva in fabbrica di tormentoni. L’editto bulgaro berlusconiano che eliminò dai palinsesti italiani Enzo Biagi, Michele Santoro e, appunto, Daniele Luttazzi, non fu semplicemente una scelta politica (togliere di mezzo chiunque potesse disturbare il regime berlusconiano). Ma l’avvio di una stagione, culturalmente e televisivamente parlando, disastrosa, una tv dove tutto, politica e cronaca nera comprese, diventava puro intrattenimento, una tv obbligata a mettere da parte qualsiasi scintilla di ragionamento autorevole.
Era l’inizio di un nuovo millennio. Improvvisamente, passammo dalla salotto intelletualoide della Dandini al chiederci tutti in coro “Chi è Tatiana??” E dovremmo aspettare altri cinque anni per vedere di nuovo Luttazzi in tv, stavolta a La7. Il direttore Antonio Campo Dall’Orto gli garantisce, al solito, massima libertà. Lo show, Decameron, vola negli ascolti, raggiungendo il 6% in una fascia oraria che solitamente non tocca nemmeno l’1%, ma la sospensione è dietro l’angolo; ai vertici della rete non avrebbero gradito una battuta piuttosto audace contro Giuliano Ferrara. Anche se sono in molti a pensare che in realtà si volesse stoppare il programma prima della puntata dedicata alla Chiesa e ai preti pedofili.
Quindi, un nuovo saluto, stavolta vagamente definitivo. Tornerà per una fugace e storica apparizione il 25 marzo del 2010, tre anni più tardi, a Raiperunanotte, la trasmissione “sovversiva” di Michele Santoro, promossa dalla FNSI dopo la decisione della RAI di sospendere i talk-show politici durante il periodo di campagna elettorale per le Regionali. Luttazzi in quell’occasione viene ricevuto dal pubblico con una vera e propria ovazione, sedici minuti circa di monologo che, come al solito, divideranno in due l’Italia. Molti sperano possa significare una svolta, ma così non è. Anzi, avviene il contrario, perché Luttazzi da quella sera sparisce dagli schermi.
Secondo quanto scrive l’amico Marco Travaglio, Daniele Luttazzi oggi vive fra l’Italia e la Spagna scrivendo libri che non pubblica, show e programmi che non interpreta. "Si tiene in allenamento, in attesa di tornare con un suo programma davvero libero”. Chissà se sarà davvero questo il momento. Dando per scontato che un personaggio come Luttazzi sia assolutamente necessario, non per le connotazioni politiche (ricordiamoci a questo proposito che i suoi attacchi contro la sinistra sono sempre stati altrettanto efferati), ma perché Luttazzi è un tecnico della satira, uno scienziato della risata, un provocatore totalmente assennato.
Serve la sua presenza? Come il pane. Perché fin quando l’opposizione, a questo come a qualsiasi altro governo, verrà affidata semplicemente a commenti su Facebook, non ci sarà la possibilità di instaurare un dibattito serio e, cosa assai più grave, l’Italia resterà il regno dei più furbi, un regno dove basterà consolidare due nozioni spicciole di social media management per portare dalla propria parte un numero indefinitamente alto di followers del tutto ignari della realtà che li circonda.
In Satyricon, spettacolo teatrale che portò in tour dopo la cancellazione dell’omonimo programma televisivo, Luttazzi disse: “La satira informa, deforma e fa quel cazzo che le pare”. E di questo ha certamente bisogno la programmazione televisiva, anzi, la cultura italiana in generale; qualcuno che ci apra gli occhi, che poi è uno dei primissimi motivi per cui la satira esiste ed è arte fondamentale nelle culture di ogni tempo. Ci serve come il pane qualcuno che sotterri la nostra natura barzellettiera per costringerci a riflettere tra una risata (amara) e un’altra.
Se davvero Carlo Freccero concederà uno spazio libero a Daniele Luttazzi, anche noi avremo qualche risposta in più riguardo a chi abbiamo mandato al governo. Se Luttazzi avrà davvero uno spazio dove sarà libero di sfogare il proprio immenso talento, colpendo - e siamo certi che ciò accadrebbe - anche il governo che lo ha riportato in tv, allora vorrà dire che qualcosa di diverso sta accadendo. Che qualcosa sta sul serio cambiando.