Sempre più frequentemente i genitori intervengono sulle misure educative utilizzate dai docenti, con la tendenza assolutamente dannosa di voler avere voce in capitolo soprattutto in relazione alle scelte didattiche e a quelle disciplinari.
Sembra ormai che i docenti siano impossibilitati a prendere qualsiasi tipo di decisione in merito al comportamento degli alunni, non sono più liberi di mettere una nota, di dare una punizione educativa, di riprendere un alunno, che immediatamente orde di genitori arrivano a spada tratta in difesa dei loro figli pronti ad attaccare, criticare e anche, in alcuni casi, picchiare o denunciare.
Sentiamo i racconti delle vittime e a volte vediamo i video delle aggressioni, ci rendiamo conto di come tanti docenti non reagiscano alle violenze. Perché focalizzarsi su questo aspetto e criticarli per il loro comportamento, cosa dovrebbero fare? Iniziare un incontro di boxe o di wrestling davanti agli allievi, insegnando così che alla violenza si deve reagire con la violenza?
Il ruolo della scuola
Arrivati a questo punto, forse, dovremmo ragionare su quanto anche la scuola abbia in un certo senso le sue responsabilità, basti pensare, infatti, che i genitori possono andare ogni settimana a parlare con i professori per lamentarsi di ogni cosa e sindacare su tutto, durante gli incontri extra colloqui garantiti costantemente dalla scuola. se si trascorre una mattina a scuola ci sono più genitori che durante gli incontri programmati. Inoltre, a volte, la dirigenza rischia anche di colludere con le richieste delle famiglie per evitare di avere ulteriori problemi e di perdere iscrizioni.
In questo clima, la scuola inevitabilmente perde di autorevolezza e basta poco, se si trova davanti una persona che non è in grado di gestire i propri impulsi e la propria rabbia, che accadano situazioni drammatiche.
Ed è proprio quello che è accaduto a Foggia in una scuola secondaria di I grado, dove il vicepreside, dopo aver rimproverato uno studente, è stato aggredito e preso a pugni dal padre dell’alunno che lo ha colpito violentemente alla testa e all’addome.
Un episodio gravissimo che mette in luce una problematica difficile da gestire, perché oggi i genitori sono iperprotettivi e devono tutelare a tutti i costi i pargoletti, anche quando non hanno ragione, pur di espiare le loro manchevolezze. È palese che ci sia una presenza eccessiva dei genitori nella gestione delle attività scolastiche e quotidiane del figlio e, contemporaneamente, troppa assenza da un punto di vista emotivo.
Difendere gli indifendibili
Purtroppo ormai la tendenza generale è quella di difendere i figli sempre e comunque, anche quando sono indifendibili, giustificando continuamente i loro comportamenti, sminuendo e sottovalutando l’entità del problema.
I genitori che arrivano a urlare contro gli insegnanti, ad attaccarli davanti ai figli e ad aggredirli fisicamente, forse non si rendono conto che fanno dei danni importanti. In questo modo si insegna ad un figlio a gestire i conflitti e le frustrazioni con la forza e la prevaricazione, si legittima la violenza come modalità di relazionarsi agli altri, si toglie un ruolo all’insegnante, si rinforzano i comportamenti fuori dalle regole e si alimenta una sensazione di impunibilità, in cui tutto è dovuto.
L'onnipotenza dei ragazzi
I genitori non si rendono conto che rischiano di creare soltanto dei ragazzi in preda alla loro onnipotenza, nascosti dalla consapevolezza che tanto la loro famiglia li tirerà sempre fuori dai guai. Così facendo il figlio, infatti, non riconoscerà e quindi non rispetterà l’autorevolezza dell’adulto, si sentirà spalleggiato su tutto, non ragionerà sugli esiti e sulle conseguenze delle sue azioni.
I figli vanno difesi quando hanno ragione, ma quando sbagliano devono essere ripresi e rieducati perché significa che qualcosa non è andato come sarebbe dovuto andare. E’ fondamentale che il genitore sia una spalla e un punto di riferimento per il proprio figlio, senza essere sempre lo scudo e senza preparargli sempre la strada, altrimenti non crescerà mai.