L'anniversario dello sbarco del primo uomo sulla Luna ha generato un gran numero di articoli che avevano per tema lo spazio. Tra essi figura l'intervista di Agi a Jessica Meir, la possibile futura prima donna sulla Luna, che ha dichiarato di credere nell'esistenza degli alieni.
In proposito, ho spesso colto da parte di non pochi cristiani, una posizione di chiusura. Una vita extraterrestre, statisticamente possibile, sarebbe per loro invece impossibile da un punto di vista teologico. Dio, così argomentano, si è incarnato in un uomo, Gesù, e quindi non potrebbe allo stesso modo ripetersi con altri essere dotati, come l'uomo, oltre che di intelligenza, volontà, cuore, sentimenti anche di corpo, magari verde, con antenne e tentacoli.
In verità il cristianesimo non ha alcuna preclusione rispetto ad una vita extraterrestre, e lo spiega con dovizia di particolare sul DISF, Giuseppe Tanzella Nitti: già ricercatore CNR presso l'Istituto di Radioastronomia di Bologna, poi Astronomo presso l'Osservatorio Astronomico di Torino, e attualmente Ordinario di Teologia.
In primo luogo va detto che non esistono negli insegnamenti del Magistero né in quelli della teologia cristiana, argomenti pregiudizialmente contrari all'ipotesi che esistano nell'universo altre vite simili a quella umana. Anzi, il fatto che Dio sia infinitamente creatore e libero rispetto al "valore vita" ovunque esso si manifesti, rende tale ipotesi plausibile: per un credente quella nuova vita creata sarebbe semplicemente un riflesso in più della vita divina.
In tal senso, la tradizione ebreo cristiana professa l'esistenza degli angeli, ovvero di altre creature distinte dagli uomini, e in ciò mostra come per il cristianesimo il senso della creazione non si giochi tutto ed esclusivamente sul rapporto fra l'uomo e Dio, ma resti aperto ad altre creature le quali, pur dipendendo da Dio, hanno una loro propria storia distinta da quella del genere umano.
Ciononostante, il cristiano convinto che quella umana sia l'unica forma di vita intelligente nel cosmo non è obbligato a ripensare alle proprie convinzioni. Lo sarebbe solo qualora fosse certa l'eventualità di una nuova vita. Ma attualmente la scienza non può sapere se la possibilità di altre vite nell'universo sia un evento certo o solo altamente probabile: una nuova teologia sulla vita extraterrestre sarà necessaria solo quando questa vita venisse constata con evidenza.
Il Dio cristiano non è geocentrico né antropocentrico e la sua onnipotenza creatrice è senza dubbio di ordine cosmico e "non locale". Se venisse dimostrata l'esistenza di una vita extraterrestre, il cristiano non dovrebbe in alcun modo accantonare la propria immagine di Dio disponendosi ad una sorta di nuova "rivoluzione copernicana" ma dovrebbe solo manifestare rispetto, riconoscere un'origine comune e una nuova possibilità di comprendere meglio i rapporti di Dio con l'intero creato.
Un simile incontro, e un successivo dialogo, dovrebbe semplicemente sforzarsi di comporre tali nuove informazioni con le verità che già conosciamo e crediamo, operando una rilettura inclusiva dei nuovi dati: una rilettura cioè analoga a quella che si è applica all'ordinario dialogo interreligioso.