“CarlBraveeFranco126” in principio si scriveva tutto attaccato, si pronunciava d'un fiato riferendosi al disco Polaroid 2.0, quello che ai due rapper romani ha dato il successo, lanciati, in particolare, dalla deliziosa Pellaria. Sembra passata un’eternità ma invece il numero di targa segna sempre 2018. Chi non li conosceva, la maggior parte degli ascoltatori si suppone (perché non si nasce famosi come non si nasce “imparati”), pensavano che fosse una band, una crew, o come diavolo scelgono di chiamarsi tra di loro questi rapper o trapper o quello che è…sempre sfuggevoli ad una definizione chiara, “’na noia”.
Ma Carl Brave e Franco126 ti danno da subito l’idea di essere più “innocui”, che sia più la voglia di raccontare qualcosa che di mostrare i muscoli, il tatuaggio più ardito o la canna più lunga (e per canna intendiamo proprio una canna, di quelle che si fumano, nessun doppio senso che ci spiani la strada verso l’Unesco).
Poi però, a nemmeno un anno di distanza veniamo a scoprire che no, non sono un’unica entità rappante, ma due artisti distinti e separati, e il primo a mettere la testa fuori dalla porta è Carl Brave, e lo fa con stile, con quel Notti Brave che a vederlo, senza nemmeno sentirlo (ma ormai l’abbiamo sentito decine di volte), sembra studiato a tavolino per sfondare, per sfruttare proprio quella straordinaria dote di essere un artista che aleggia in quella zona grigia tra pop, rap e trap e non riscuotere in pubblico e critica quella solita immediata voglia di prenderlo a colpi di dischi di De Andrè nelle gengive. Infatti sfonda.
Sfonda con Fotografia in featuring con Francesca Michielin e Fabri Fibra, sfonda con Camel Blu in featuring con Giorgio Poi, sfonda con Chapeau in featuring con Frah Quintale, sfonda in Spunte blu in featuring con Gue Pequeno, sfonda in Malibu in featuring con Gemitaiz e ultimamente è ancora in fase di sfondamento con Posso in featuring con Max Gazzé.
In pratica, più che un disco, un’orgia. Immaginiamo (ridendo, è ovvio) il disagio di questo artista incapace di stare da solo, che invece di cenare con una donna le chiede di mangiare in featuring, che senza un featuring non riesce nemmeno a salire in ascensore. Capite dove voglio arrivare, vero?
Un tour a teatro, già sold out ovunque
Carl Brave è bravo, bravo sul serio, e le canzoni citate sono canzoni in alcuni casi semplicemente sensate, in altri addirittura belle, troppo dedite a strizzare l’occhio, a dare di gomito, forse, ma poi ad un certo punto subentra il gusto personale ed è giusto alzare le mani.
Sta di fatto che Carl Brave tra una manciata di giorni debutterà con un tour nei teatri (già, teatri) che è già sold out ovunque, che sta a significare che dietro c’è una strategia ben precisa e del tutto ammirevole. Ma in tutto ciò, e finalmente ci focalizziamo sul nostro obiettivo, in molti si chiedono che fine abbia fatto Franco126, e a molti viene il sospetto che forse quella alla quale si stava assistendo era la solita storia di due amici che cominciano insieme e poi uno va avanti e l’altro resta indietro.
E Franco126? Esce con un album 'perfetto'
Una sorta di remake in salsa digitale degli Articolo 31 (commoventi, se possiamo aprire una parentesi a tal proposito, nel riunirsi e proporci il vecchio repertorio). Invece passano pochi mesi ed esce Stanza singola, il primo album da solista di colui che nasce come Federico Bertolini, classe 1992, ed è un album che reputo quasi perfetto.
Senza voler fare paragoni inutili, perché qui parliamo giusto di musica, 10 pezzi con un solo duetto, quello che ha lanciato il disco e gli ha dato il nome: Stanza singola, cantato con Tommaso Paradiso, e indubbiamente il brano più brutto di tutto l’album, forse perché quello più ruffiano, forse perché mentre scriviamo abbiamo già ascoltato tutto il resto del disco e il paragone con altri pezzi non regge, o forse perché siamo sinceramente stufi di vedere e sentire Tommaso Paradiso ovunque, come se servisse quel suo tocco di irritante e logorante nostalgia anni ’80 a dare credibilità a qualsiasi cosa. Anche no. Anche basta. Ma lo consideriamo un neo, il neo buono, forse, per farci capire la differenza con l’ex compagno di strada Brave.
Un disco sincero che si ascolta con una piacevolezza, lo ammettiamo, che non ci si aspettava, perché alle volte, troppo presi dai nostri pregiudizi, clicchiamo quel “play” su Spotify con la stessa faccia di chi lancia un petardo e aspetta il botto.
L'inaspettato spessore di Franco126
Franco126 non confeziona un prodotto da vendere, un qualcosa buono giusto ad alimentare la fiamma del camino, ma ci leggiamo dietro la necessità di raccontarci qualcosa. C’è spessore, uno spessore non troppo solito, questo però ci venga permesso di dirlo, in zona rap/trap, tant’è che i pezzi durano più del timing gradito e implicitamente imposto dai network radiofonici, che quando si toccano i quattro minuti già cominciano a storcere il naso, avendo scelto, chissà poi perché, di andare incontro galoppando al deficit di attenzione dilagante che ha investito tristemente la razza umana.
E poi la musica, Stanza singola è un disco suonato, non ti da l’impressione, come altri, di essere stato registrato in una mezz’oretta scarsa con un microfono, l’autotune e un computer portatile; Stanza singola suona. Suonano le chitarre in Brioschi, c’è il pop ben costruito di Nuvole di drago, il mood intimista di Frigobar, secondo singolo estratto e che sta già raccogliendo numeri a sei zeri su ogni piattaforma, in Vabbè ci scorgiamo addirittura quasi il primo Daniele Silvestri; Ieri l’altro, che chiude il disco chitarra e voce, senza un beat che scandisca il ritmo a ricordarci di etichettare ciò che ascoltiamo con un genere ben preciso, è una rara perla evidentemente autobiografica, cantato (attenzione, cantato) bene e con una malinconia coinvolgente.
E poi Parole crociate, il brano più bello del disco, quello che ti fa rendere conto che stiamo parlando di un artista vero, capace di scrivere pezzi di altissimo livello, capace di portarti a spasso con le parole, di renderti quasi parte integrante del processo creativo, di raccontarti storie che vorresti immediatamente dedicare a qualcuno. Dote assai rara ormai, specie se messi alle strette dobbiamo mettere un’etichetta e quell’etichetta dice “rap/trap”. Certo, atterriamo nuovamente sul pianeta terra, intendiamoci, è anche vero che qualsiasi buon disco ormai ci suona nelle orecchie come The Dark Side Of The Moon, che basta un’intuizione e siamo pronti a salpare felici per le Americhe; ma quando quelle intuizioni ci sono è giusto riconoscerle, sennò invecchieremo guardandoci sempre allo specchio tra di noi, lucidandoci la coscienza scambiandoci like quando postiamo fieri le canzoni di Battiato.
La musica è cambiata e l’unico modo per restituirgli dignità è cominciare a distinguere quella vera dai prodottini infiocchettati su Instagram, quella sottospecie di musica che si guarda prima ancora di ascoltarla, quella da scongelare su YouTube prima di finire nelle pubblicità delle compagnie telefoniche.
Franco126 ha fatto un disco che è un disco vero, ragionato, suonato, cantato. Non sarà il traguardo ma è un passo, e al momento è davvero tanta roba.