E’ un sollievo sapere che Ali Bongo Ondimba possa rimanere alla guida del Gabon finché morte non lo separi dall’amata patria. Prima di lui il padre, Omar, e ora il figlio.
Più che di una Repubblica, per il Gabon, si deve parlare di una monarchia. Il padre ha governato il paese per 42 anni, dal 1967 al 2009, morto, gli è succeduto il figlio. E, ora, Ali, ha fatto approvare una riforma della Costituzione che gli garantisce il potere all’infinito. Senza sorpresa, deputati e senatori hanno approvato la nuova Costituzione: su 213 tra deputati e sentori, solo 14 hanno avuto il coraggio di dire “no”. Fosse solo questo, significherebbe che Ali Bongo potrebbe andare a fare compagnia a una schiera di dittatori africani tra i presidenti più longevi al mondo. Ma l’articolo 8 del nuovo testo definisce il presidente come il “detentore supremo del potere esecutivo”. Non solo. Gode della piena impunità nell’esercizio delle funzioni, cioè sempre, e i dirigenti civili e militari dovranno prestare giuramento davanti al presidente il cui mandato è di 7 anni, ma non ci sono limiti alle candidature.
Una dynasty nera
Presidente per sempre. Ora il paese è davvero nelle mani di Ali Bongo. Quella dei Bongo Ondimba è una dinastia che è sopravvissuta a tutti i presidenti della Quinta Repubblica francese, da de Gaulle a Macron. C’è solo una formalità da espletare: perché la nuova Costituzione entri in vigore dovrà essere promulgata dal presidente. Beh non ci sono dubbi che ciò avvenga.
I cittadini del Gabon, 1,7 milioni, secondo le statistiche, sarebbero tra i più ricchi del continente africano. Il Pil pro capite è di circa 18 mila dollari all’anno. Una bella cifra. Eppure è uno dei paesi dove la stragrande maggioranza della popolazione vive sotto la soglia di povertà grazie a una maldestra distribuzione della ricchezza che è nelle mani di pochi, pochissimi.
Il petrolio e il legname sono le voci che caratterizzano il Pil, mentre l’agricoltura è poco sviluppata ed è di sussistenza. L’80% dei prodotti alimentari è di importazione. Nel 2016, anno della rielezione di Ali Bongo, si è scatenata la rivolta per i dati elettorali contestati: lo scarto tra Ali e l’oppositore di sempre, Jean Ping, era di poco meno di 6mila voti. Protesta (50 manifestanti hanno trovato la morte) che non ha portato a nulla.
Il paese vive una crisi profonda. Le elezioni legislative vengono continuamente rimandate. Dovrebbero svolgersi nell’aprile di quest’anno. E ora il colpo del cambio della costituzione. Una dinastia al potere e nei posti chiavi del paese. Omar Bongo padre, tre mogli e 30 figli (crica), è riuscito, persino a nominare la figlia Pascaline ministro degli Esteri. Ma è stato anche un padre generoso, al figlio ha lasciato un paese dopo la sua morte, agli altri cospicue donazioni. Si narra, ne hanno scritto i quotidiani americani, che in occasione di un’assemblea generale delle Nazioni Unite a New York, Omar il generoso abbia regalato a una figlia che viveva proprio lì, una valigetta piena di dollari, circa un milione, che la figlia, nella sua ingenuità, è andata a depositare in banca. Ovvia la domanda del cassiere: “dove li ha presi?”, e la figlia, “un regalo di mio padre”. Insomma tanto generoso con la famiglia, ma non altrettanto con il suo popolo.
Le democrazie malate
Siamo di fronte a democrazie africane profondamente malate e quella del Gabon si va ad aggiungere alle altre. Basta dare uno sguardo al panorama per vedere che Il presidente del Ciad, Idriss Deby, è al quinto mandato consecutivo. Governa il paese dal 1990. In Burundi il presidente Pierre Nkurunziza è al terzo mandato, fatto che ha scatenato la più grave crisi politica e umanitaria nel Paese con una spietata repressione degli oppositori. Yoweri Museveni, al quinto mandato, governa l’Uganda dal 1986 e presidente degli Stati Uniti era Ronald Regan, Gorbaciov si cimentava con la perestroika.
Repubblica del Congo: Denis Sassou Nguesso guida con pugno di ferro il paese dal 1979 e nel 2015, non pago, ha modificato la costituzione così da poter svolgere un terzo mandato. Quel Denis Sassou Nguesso che ha avuto un legame speciale con Omar Bongo, non solo per l’appartenenza alla stessa loggia massonica, ma per via del terzo matrimonio di quest’ultimo con la figlia Edith del primo, morta nel 2009.
Nella Repubblica democratica del Congo il presidente Joseph Kabila continua a rimandare le elezioni, per lui sarebbe il terzo mandato, ma la Costituzione lo vieta e, intanto, il paese vive da decenni una guerra civile a bassa intensità, dopo la guerra su vasta scala del 1996 che ha provocato oltre 6 milioni di morti. Paul Kagame, presidente del Rwanda dal 1994, ha modificato la Costituzione così da permettergli di governare il paese fino al 2034. Tutti questi paesi sono ricchi di risorse naturali, chi più chi meno, tutti con buone riserve petrolifere, solo per citare l’oro nero, ma con un tasso di povertà che colpisce il 50 per cento della popolazione - in alcuni casi anche di più - che vive con meno di due dollari al giorno.
Ma l’elenco è lungo. E l’Unione africana che fa? Nulla. E come potrebbe visto che è governata proprio da questi presidenti.