L'ex avvocato di Ruby fa delle rivelazioni clamorose alla stampa e il giorno dopo va in una clinica svizzera a porre fine alle sue sofferenze dovute a una malattia terminale. Perché abbia allungato nuove ombre sull'infinita saga giudiziaria nata dalle rivelazioni della ragazza marocchina è la domanda a cui stanno cercando di rispondere i magistrati milanesi che rappresentano l'accusa nel processo Ruby ter, in cui Silvio Berlusconi risponde di corruzione in atti giudiziari per avere comprato la complicità dei suoi ospiti ad Arcore.
Il 4 dicembre scorso, Egidio Verzini, legale di Ruby tra il giugno e il luglio 2011, "spinto da un'esigenza etica di giustizia" racconta ai media di un presunto versamento di 5 milioni di euro nel 2011 da Silvio Berlusconi a Ruby attraverso una banca di Antigua, un'operazione, dice, "interamente diretta dall'avvocato Niccolò Ghedini". Sa già da tempo che il giorno successivo lo aspetta una stanza nella clinica 'Dignitas' di Zurigo, la stessa dove ingerì un liquido letale anche Fabiano Antoniani, più noto come Dj Fabo, accompagnato dal leader radicale Marco Cappato.
La smentita di Ghedini
In un comunicato il legale sessantenne del Foro di Verona fa riferimento a "un pagamento di 5 milioni di euro eseguito tramite la banca Antigua Commercial Bank su un conto presso una banca in Messico", di cui 2 milioni "dati a Luca Risso", ex compagno di Ruby, e 3 "fatti transitare dal Messico a Dubai" ed "esclusivamente" per la ragazza. Arriva subito la replica dello 'storico' difensore del fondatore di Forza Italia che definisce "destituite di ogni fondamento" le dichiarazioni del collega.
La mattina prima di morire, Verzini trova il tempo di far sapere che ""le querele per calunnia prospettate da Ghedini non avranno alcun esito in quanto tutto corrisponde a verità". La notizia del suo decesso, riportata in un trafiletto dal giornale 'L'Arena' di Verona, è giunta in Procura solo pochi giorni fa e ha indotto i pm ad avviare un''attività integrativa d'indagine' parallela al processo in corso: se davvero emergessero dei riscontri, il processo per loro sarebbe vinto e per Ghedini le cose si metterebbero male. Per cercare di capirci qualcosa hanno convocano come testimoni la compagna di Verzini, che ha ribadito "il senso di giustizia" da cui era animato, e l'ex socia di studio. Sullo sfondo, la domanda a cui finora nemmeno i pubblici ministeri hanno trovato risposta: cos'ha spinto Verzini a lasciare questa 'eredità' prima di morire?