Roma - Da oggi, 23 dicembre 2016, chiunque può esercitare il nuovo diritto di accesso generalizzato ai dati e ai documenti delle pubbliche amministrazioni.
Infatti, diviene finalmente applicabile una delle norme più importanti ed attese tra quelle introdotte nell’ambito della riforma della pubblica amministrazione del Governo Renzi: quella sul c.d. “FOIA”, acronimo inglese che sta per Freedom of information act. Si tratta della norma che prevede un nuovo diritto: il diritto di chiunque di avere accesso ai dati e ai documenti detenuti dalla pubblica amministrazione.
Il FOIA è, da tempo, legge in numerosi Paesi del mondo: ad esempio, il primo FOIA, quello svedese, risale al 1766, mentre la legge USA fu approvata nel 1966. Si tratta di un importante strumento di trasparenza che serve sia a stimolare il controllo diffuso sull’operato degli uffici pubblici sia a consentire la partecipazione dei cittadini.
In Italia, dopo anni di campagne della società civile e di richieste degli esperti, nell’ambito della legge di riforma Madia della pubblica amministrazione (legge n. 124/2015) il Parlamento delegò il governo ad adottare un decreto che superasse la vecchia disciplina italiana sull’accesso agli atti risalente alla legge n. 241 del 1990; tale norma, infatti, limitava la possibilità di consultare e avere copia dei documenti solo a coloro che potessero vantare in ordine a quei documenti un interesse personale, concreto, diretto e giuridicamente rilevante in relazione a quei documenti. Una norma sulla trasparenza assai poco evoluta che non solo ci valeva gli ultimi posti nei rating internazionali in materia, ma che – di fatto – impediva espressamente ogni forma di controllo civico generalizzato sull’operato delle pubbliche amministrazioni (con ogni evidente conseguenza sul ritardo nella lotta alla corruzione e nel recupero di efficienza degli uffici pubblici).
In attuazione di questa delega, il Governo ha adottato il decreto legislativo n. 97 del 25 maggio 2016 che – modificando il decreto 33/2013 in materia di trasparenza – ha introdotto un nuovo diritto di accesso generalizzato, esercitabile da chiunque (senza bisogno di detenere alcun interesse qualificato) su tutti i dati e i documenti presenti negli archivi delle pubbliche amministrazioni, fatto salvo un certo numero di eccezioni.
Per consentire alle amministrazioni di adeguare i propri archivi e le proprie procedure, il legislatore ha previsto un termine di sei mesi per rendere davvero esercitabile questo diritto.
E il termine scade proprio oggi, 23 di dicembre.
Ma cittadini, imprese e giornalisti sono pronti per sfruttare le potenzialità di questo nuovo strumento di trasparenza?
Ecco una breve guida per orientarsi.
Cos’è il Foia e quando si potrà applicare?
Il c.d. FOIA rappresenta un nuovo diritto di accesso che si aggiunge a quelli preesistenti (non solo quello di accesso procedimentale previsto dalla Legge n. 241 del 1990 o quello in materia ambientale previsto del decreto legislativo n. 195 del 2005, ma anche quello c.d. “civico” previsto dalla versione originaria del decreto n. 33 del 2013 in relazione ai dati, documenti e informazioni che le amministrazioni non avessero pubblicato nella sezione “Amministrazione trasparente” del proprio sito web, pur avendone l’obbligo).
La nuova tipologia di accesso - che, per distinguerla dalle precedenti, viene chiamata “accesso generalizzato” – è contenuta all’interno del nuovo art. 5, comma 2 del decreto trasparenza (33/2013), così come modificato dalla riforma della pubblica amministrazione.
La norma prevede che “chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi pubblici e privati giuridicamente rilevanti”.
Per la prima volta, nel nostro ordinamento giuridico viene introdotto un diritto di accesso che non è condizionato dalla titolarità di situazioni giuridicamente rilevanti ed ha ad oggetto tutti i dati e i documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli per i quali è già stabilito un obbligo di pubblicazione sui siti web delle amministrazioni (es. redditi degli amministratori, contratti pubblici, organigramma e dati sul personale, ecc., liste d’attesa).
Il nuovo diritto di accesso generalizzato può essere esercitato da “chiunque”, vale a dire: persone fisiche (indipendentemente dalla loro cittadinanza), persone giuridiche, associazioni anche non riconosciute.
Altrettanto ampia è la sfera dei soggetti ai quali è possibile richiedere i dati e i documenti: pubbliche amministrazioni in senso stretto (Ministeri, Comuni, Provincie, Regioni, Scuole, Università, Camere di commercio e, naturalmente, le aziende ed enti del servizio sanitario nazionale), autorità portuali ed autorità amministrative indipendenti, enti pubblici economici, ordini professionali, società in controllo pubblico ed altri enti di diritto privato assimilati.
Sotto il profilo dell’ambito oggettivo, l’accesso generalizzato è esercitabile relativamente “ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione”, ossia per i quali non sussista uno specifico obbligo di pubblicazione.
Di fatto, quindi, il nuovo diritto potrà essere esercitato nei confronti dell’intero contenuto degli archivi di ciascuna pubblica amministrazione (fatte salve, naturalmente, le eccezioni previste).
Come può essere esercitato il diritto di accesso generalizzato?
L’istanza di accesso generalizzato va indirizzata direttamente all’ufficio che detiene i documenti, oppure all’Ufficio relazioni con il pubblico, oppure ancora ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione “Amministrazione trasparente” del sito web istituzionale. Sempre sul sito web, molte amministrazioni hanno già reso disponibile il modello di richiesta che potrà essere portata agli uffici, inoltrata via posta tradizionale oppure telematicamente (es. via mail o PEC).
All’interno della richiesta andranno identificati i dati, le informazioni o i documenti che si desidera richiedere.
Ciò vuol dire che eventuali richieste di accesso generalizzato saranno ritenute inammissibili laddove l’oggetto della richiesta sia troppo vago da non permettere di identificare la documentazione richiesta. Resta comunque ferma la possibilità per l’ente destinatario dell’istanza, in virtù di un principio di collaborazione, di chiedere di precisare la richiesta di accesso civico identificando i dati, le informazioni o i documenti che si desidera richiedere.
Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto (e documentato) dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali.
Naturalmente, nel caso in cui l’istanza di accesso civico possa incidere su interessi di soggetti controinteressati legati alla protezione dei dati personali (è probabile che accada, ad esempio, in ambito sanitario), o alla libertà e segretezza della corrispondenza (basti pensare alle comunicazioni dei dipendenti pubblici) oppure agli interessi economici e commerciali (ad esempio, in relazione alle procedure di affidamento e ai rapporti con i fornitori) è necessario che l’ente destinatario dell’istanza di accesso civico ne dia comunicazione agli stessi. In tal modo, il soggetto controinteressato potrà presentare una eventuale e motivata opposizione all’istanza di accesso civico entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione della richiesta di accesso civico. Decorso tale termine, l’amministrazione provvederà sulla richiesta di accesso civico, accertata la ricezione della comunicazione da parte del controinteressato.
Il procedimento di accesso civico dovrà concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione del relativo esito al richiedente e agli eventuali controinteressati. Tali termini sono sospesi nel caso di comunicazione dell’istanza al controinteressato durante il tempo stabilito dalla norma per consentire allo stesso di presentare eventuale opposizione (10 giorni dalla ricezione della comunicazione).
In caso di accoglimento, l’amministrazione provvederà direttamente a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, senza bisogno – quindi – di convocare il richiedente presso l’ufficio per fargli consultare “le carte”.
Laddove vi sarà, invece, l’accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato, l’amministrazione sarà tenuta a darne comunicazione a quest’ultimo. I dati o i documenti richiesti potranno essere trasmessi al richiedente non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato, ciò anche al fine di consentire a quest’ultimo di presentare opposizione.
La disciplina in materia prevede che in caso di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine di trenta giorni, il richiedente – prima di rivolgersi al Tribunale Amministrativo Regionale competente per territorio – possa:
a) presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (figura presente in tutte le pubbliche amministrazioni), che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni.
b) in alternativa, laddove si tratti delle regioni o degli enti locali, il richiedente può presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale (qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore).
Quali sono le eccezioni?
Come già accennato, la regola della generale accessibilità è bilanciata dalla previsione di eccezioni poste a tutela di interessi pubblici e privati che possono subire un pregiudizio dalla diffusione generalizzata di talune informazioni.
In particolare, l’accesso generalizzato è escluso nei casi in cui una norma di legge sottrae alcune informazione e documenti alla conoscibilità del pubblico (come nel caso di segreto di Stato).
Al di fuori dei casi sopra indicati, possono ricorrere, invece, limiti (eccezioni relative o qualificate) posti a tutela di interessi pubblici e privati che vengono tassativamente elencati:
- la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico;
- la sicurezza nazionale;
- la difesa e le questioni militari;
- le relazioni internazionali;
- la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;
- la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;
- il regolare svolgimento di attività ispettive;
- la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;
- la libertà e la segretezza della corrispondenza;
- gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali.
Il contenuto delle eccezioni viene meglio dettagliato in un provvedimento dell’Autorità Nazionale Anticorruzione adottato d’intesa con il Garante Privacy, in ordine ai dati personali; la versione definitiva di questo documento non è stata ancora pubblicata da Anac ma – per farsi un’idea di quali sono i documenti e dati sottratti all’accesso – è possibile leggere la bozza di linee guida che è stata sottoposta a consultazione nelle scorse settimane.
Naturalmente, trattandosi di un diritto così innovativo per l’amministrazione italiana, è possibile che sia necessario un periodo di “rodaggio” (e qualche sentenza dei giudici) per comprendere bene quali siano i confini di questo nuovo diritto. Per questo motivo, sono già in cantiere iniziative di monitoraggio per verificare il reale impatto della nuova normativa e capire se ha bisogno di modifiche e interventi correttivi.